Di IMU, grazia e sentenze di condanna si fa un gran bel dire. È di politica che si mastica poco, poco si fa e poco si dice.
È del tutto inspiegabile il silenzio – delle forze politiche e dei mezzi di comunicazione – che avvolge le proposte di legge di iniziativa popolare che riposano negli scaffali dei nostri Municipi.
E che potranno essere firmate per pochi giorni ancora. Come pure i referendum abrogativi proposti dai Radicali, dei quali, almeno un po’, si è discusso.
Sono 5 le proposte di legge che i cittadini possono firmare: una riguarda la separazione tra le banche che gestiscono gli affari della cosiddetta economia reale e quelle speculative; un’altra riguarda la liceità dell’eutanasia e il rifiuto dei trattamenti sanitari; un’altra ancora riguarda l’istituzione di un Garante con la funzione di salvaguardare i diritti dei detenuti (in questa proposta, si parla anche dell’abolizione del reato di clandestinità); ancora, l’introduzione del reato di tortura nelle carceri; infine, la depenalizzazione dei reati inerenti il consumo di droghe leggere.
Posto che non è obbligatorio apporre firma alcuna, né tantomeno condividere tutte le proposte sottoposte alla nostra attenzione, è quanto mai avvilente rendersi conto che in questo Paese la crisi, ancor prima che economica, è tutta sociale. Non vi è coscienza politica, non vi è coscienza civica.
Il silenzio – un silenzio a dir poco surreale – sta consumando e ledendo i nostri diritti, a cui noi per primi rinunciamo, e senza troppi sensi di colpa.
Se, per caso, ci ritroviamo un Governo fantoccio, che nessuno ha eletto, tutti, improvvisamente esperti costituzionalisti, ci ritroviamo a urlare che “la sovranità appartiene al popolo”, e ci indigniamo, protestiamo, ci incateniamo, scriviamo cartelloni e, perché no, ci auguriamo che qualcuno con un po’ più di coraggio (?) aspetti i nostri Parlamentari all’uscita, e inizi a sparare contro di loro. Uno ad uno. Fatti salvi i pentastellati, ovvio.
Ed è così, perché siamo indirizzati. E, inconsapevolmente o no, aderiamo a questa becera politica fatta di poltrone e salotti, che vuole annientare la coscienza e la libertà individuali. E forse, ci sta riuscendo.
Invece, poi, quando si tratta di esercitarla davvero, questa sovranità che il nostro articolo 1 sancisce come diritto fondamentale, ci dimentichiamo di andare a votare perché rinunciare ad una giornata di mare è difficile, perché “tanto sono tutti uguali” – mai frase fu più populista –, perché “tanto cosa vuoi che cambi”, o perché – molto più verosimilmente – non si è stati in grado di avere la pazienza di soffermarsi un po’ di più sulla lettura di certi programmi elettorali. Tanto bastano e avanzano le chiacchiere da salotto televisivo, in cui sembra si stia tentando di vendere l’offerta migliore – vi restituirò l’IMU! –, senza alcun reale interesse al futuro, alle idee, alla politica, quella vera, fatta di aneliti di diritti, di riscatto sociale.
E tutto questo avviene sotto i nostri occhi, in qualche modo complici. Tutto questo, avviene grazie al nostro tacito consenso, che lamentarsi è più facile che combattere.
In Municipio, oltre ai referendum, per qualche giorno potrete ancora firmare queste proposte, qualora le condividiate.
E' un'occasione questa, perché la politica non si fa solo in Parlamento. La politica è ovunque, siamo persino noi.
Se questo Paese è stanco, lo deve dimostrare. Anche apponendo una firma, che è un modo di dire ‘basta’. Basta giocare con noi, alle nostre spalle, come fossimo pedine di una scacchiera.
“La sovranità appartiene al popolo”: smettiamo di essere gregge, e iniziamo ad essere persone.
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