Si sono celebrati oggi nella cattedrale Santa Maria di Rieti i funerali del civile Andrea Maggi e del vigile del fuoco Stefano Colasanti, entrambi morti nell’esplosione avvenuta lo scorso 5 dicembre in un distributore di carburante sulla via Salaria a Borgo Quinzio, frazione di Fara in Sabina. Il feretro di Colasanti è partito dal comando dei vigili del fuoco di Rieti per arrivare nella cattedrale, dove è stato accolto da una folla commossa.
Presenti in chiesa presenti il sindaco di Rieti Antonio Cicchetti e quello di Fara Sabina David Basilicata, il prefetto Giuseppina Reggiani e il questore Antonio Mannoni. “Stefano e Andrea – ha detto nell’omelia il vescovo Domenico Pompili – sono qui in silenzio a gridarci questa verità spesso censurata entrambi erano immersi nella loro quotidianità: Stefano andava a Monterotondo fuori servizio e Andrea era a casa. Quando all’improvviso sono stati richiamati dal fuoco di gas sulla Salaria. Sono stati attratti, risucchiati e, quindi, scomparsi. Il tutto nel breve volgere di qualche minuto. La vita è fragile ed imprevedibile, sottoposta a continui test di sopravvivenza, anche se ce n’è sempre uno che non si supera”.
“Proprio l’imprevedibilità – ha spiegato il vescovo – fa la vita drammaticamente preziosa, al punto da non poterne sprecare alcun istante. Come Stefano che invece di tirar dritto si è fermato. Essendo, per altro, ben consapevole del rischio, anzi affrontandolo apertamente, pur di aiutare altri con la sua voce che gridava di scappare altrove. Anche Andrea si è mosso per andare da un suo amico, il cui luogo di lavoro era in fiamme. Anche lui poteva starsene tranquillo, a debita distanza, e invece si è ritrovato in mezzo al fuoco”.
Struggente la lettera di un collega di Colasanti: “È Stefano – si legge – quello che non ce l’ha fatta, lo stesso che avevi incontrato con giacca elegante davanti al bar mentre veniva in caserma per Santa Barbara, al quale ridendoci su hai detto ‘forzaaaaa, vatte a cambia che è tardi!’, lo stesso che tutte le mattine ti chiedeva: ‘caffe?’, perché offriva sempre lui!, lo stesso delle sigarette dalla finestra dopo pranzo”.
“L’intervento più difficile di tutti – scrive il collega di Colasanti -, lo hai fatto fare a noi, mentre li in cerchio e attoniti provavamo a capire quale disegno c’è stato dietro a tutto questo, quando invece che sull’APS ti abbiamo dovuto far salire su un macchinone grigio, quando invece che con la mano molti ti hanno salutato con il segno della croce”
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