Abbasso il politicamente scorretto
Ormai per essere controcorrente conviene mostrarsi politicamente corretti
Una volta sul Foglio Andrea Ballarini scrisse che ormai essere politicamente scorretti era diventato un abuso perciò, se si voleva essere davvero controcorrente, conveniva mostrarsi politicamente corretti. Applicando questa massima alla destra si giunge alla conclusione che la sfacciata adesione al politicamente scorretto è diventata una mania per evitare di affrontare sedimentati ritardi culturali. Per alcuni settori della destra il politicamente scorretto è ormai un mix di maleducazione, rozzezza e vanto della propria incultura.
Un “mantra” che risolve l’incapacità propositiva e comunicativa di un’area che ormai da troppo tempo risolve i propri problemi di identità con pose culturali nostalgiche, anacronistiche e marginali. Così, se uno trova ridicola e becera la critica al ministro Kyenge fatta con lo striscione che recita “Tornatene in Congo”, non si fa una riflessione sull’incapacità di fornire un messaggio ma, semplicemente, la caduta di stile viene giustificata solo in quanto politicamente scorretta. E lo stesso dicasi di parlamentari che mostrano il dito medio alla folla che protesta o di opinion maker costruiti dalle reti Mediaset e che in tv non fanno altro che aggredire o dire parolacce.
Atteggiamenti “assolti” perché chi ha da ridire viene immediatamente catalogato come radical chic o come seguace del “buonismo” di sinistra, il che equivale a dire che se uno a tavola si mette le dita del naso in realtà è un ottimo “camerata” mentre chi non lo fa sotto sotto è di sinistra. Al contrario esiste una buona comunicazione, anche su temi “scomodi” come lo ius sanguinis, ed esiste una comunicazione becera. Esiste il vero politicamente scorretto, per esempio il libro antiprogressista di Massimo Fini “La ragione aveva torto” (che risale ormai a quasi trent’anni fa) ed esiste un falso politicamente scorretto che è solo messaggio indecente che corrode il buon senso, per esempio la speculazione leghista sul ghanese che ha ucciso un passante a picconate a Milano.
Ancora, il politicamente scorretto viene propalato come capacità della politica di raggiungere una larga fetta di opinione pubblica attraverso messaggi diretti, la goffaggine comunicativa viene assolta come attitudine ad “andare verso il popolo” e persino ciò che è oggettivamente volgare viene “scusato” in quanto corrispondente a un sentire comune che non troverebbe altrimenti rappresentanza. Ovviamente il discorso può essere allargato al grillismo, alla sinistra, insomma alla politica in generale ma è a destra che l’ossessione del politicamente scorretto ha finito con lo sdoganare ora l’avversione ai professori “lontani dalla realtà”, ora alla cultura che “non si mangia”, ora ai figli di papà che studiano all’università invece di andare a fare gli apprendisti in officina.
Un’orgia di argomentazioni qualunquiste che con il politicamente scorretto nulla c’entrano e che finiscono con lo spostare sempre più in basso il limite tra ciò che è civile e ciò che è incivile. Ora, siccome non tutta la destra per fortuna è così incanaglita e degradata, alla parte (mi auguro ancora maggioritaria pur se silente) cui ripugna questa tendenza non resta che cominciare a dire: abbasso il politicamente scorretto, abbasso la comunicazione plebea mascherata da coraggioso “cattivismo”, abbasso i calcoletti miserabili di chi vuole fare cassa elettorale sulle paure sociali.
Ancora oggi Marcello Veneziani paragonava certe critiche al ministro Kyenge alle osservazioni sul fisico di Brunetta. Insomma si è razzisti sia se non si gradisce una ministra “negra” sia se si offende un ministro che non supera il metro e cinquanta. E tuttavia sul colore della pelle sono state costruite teorie ideologiche, mentre l’offesa a chi ha un difetto fisico non ha trovato ancora teorici della supremazia dei magri sugli obesi, degli alti sui bassi eccetera eccetera.
Allora occorre dirlo con chiarezza: i superiori sono quelli che non hanno bisogno dell’offesa per argomentare. Gli inferiori quelli che trasportano nel linguaggio politico le loro frustrazioni, le loro manie, i loro tic e che si nascondono dietro il politicamente scorretto perché non hanno mai letto un libro.