Cronaca

Acquapendente, corruzione: i cinque indagati restano ai domiciliari

Quattro su cinque. A rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Stefano Pepe, questa mattina, è stato solamente il dipendente del comune di Acquapendente Vincenzo Palumbo, 36 anni.  Il suo predecessore Ferrero Friggi, 65 anni, il dipendente della Regione Giorgio Maggi, 45 anni, e gli imprenditori Fabrizio Galli, 48 anni, e Marco Bonamici, 47 anni si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere. Per loro, interrogatori di garanzia lampo. Una manciata di minuti, giusto il tempo di sbrigate pratiche burocratiche. 

Mentre per Palumbo, quasi un’ora di domande e risposte in cui avrebbero cercato di chiarire la sua posizione, come ha sottolineato l’avvocato Claudia Polacchi.  Tutti indagati per corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di atti d’ufficio, per i cinque, per i dipendenti pubblici e imprenditori di Acquapendente , finiti nell’occhio della procura, gli arresti domiciliari sono scattati lo scorso 7 ottobre, su richiesta dei PM Fabrizio Tucci e Stefano D’Arma. E oggi sono stati confermati. Le indagini, che hanno portato alla scoperta degli illeciti, sono state condotte dal  nuclei investigativi provinciali di polizia ambientale e forestale al quale si era rivolto un imprenditore, denunciando situazioni strane che si sarebbero verificate nell’Alta Tuscia. 

Nella nota diffusa dalla Procura viterbese, all’indomani degli arresti, si fa esplicitamente riferimento ‘all’affidamento di lavori pubblici o al rilascio di titoli abilitativi ai fini della realizzazione di rilevanti attività commerciali’‘. In parole povere, nell’affidamento dei lavori venivano favorite alcune imprese a danno di altre ”con conseguenti gravi distorsioni della libera concorrenza commerciale ed imprenditoriale e con significativi ritorni economici per i pubblici ufficiali coinvolti”. Ed è per questo che sei società si direbbero già pronte a costituirsi parte civile: escluse da questo giro d’oro d’affari sarebbero intenzionate a chiedere i danni per quanto perso.

Gli appalti a cui la procura fa riferimento riguarderebbero diversi lavori affidati dal comune di Acquapendente attraverso la cosiddetta ‘procedura negoziata’, in base alla quale l’ente appaltatore (cioè il comune) invita solo alcuni operatori e decide fra loro l’aggiudicatario: in base alle ipotesi accusatorie, si aggiudicava i lavori sempre ‘lo stesso soggetto imprenditoriale’. Ma c’è anche altro secondo quanto sostiene la Procura: accordi preventivi tra ‘pubblici amministratori della stazione appaltante e imprenditori interessati, dei soggetti da invitare a partecipare alle offerte’, che quindi avevano la possibilità ‘di accordarsi rispetto alle offerte da presentare e così influire in modo determinante sia sulla selezione del soggetto aggiudicatario che sui contenuti dell’aggiudicazione’.

Ancora, gli accertamenti hanno permesso anche di verificare ‘casi di affidamento di lavori in regime di somma urgenza’, mentre in realtà di urgente non c’era proprio nulla, ma la dizione permette di scavallare diverse procedure burocratiche e affidare l’opera alle ditte più gradite. Infine, sotto la lente degli inquirenti è finito ‘il rilascio di permessi riguardanti attività commerciali di rilievo operanti nel territorio comunale”. Fonte Viterbo News 24.

Redazione

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