Affascinanti angoli di Roma, la città unica per storia e bellezza
La voce di Roma. Cento volte più irresistibile del canto delle sirene, se solo spalancherete cuore e animo per poterla ascoltare
Roma è una città unica. E’ quel luogo in cui ci si può fermare in un punto qualsiasi e semplicemente rivolgere lo sguardo intorno, a 360° per osservare opere di ogni epoca, a volte una accanto all’altra in perfetta armonia, a volte una dentro l’altra o una sopra l’altra. Uno di questi punti, forse meno conosciuti, è un piccolo slargo in via di San Vito, una piccolo strada che congiunge Via Merulana con Via Carlo Alberto. Ci sono arrivato per caso, attratto da un muro antico, proprio su via Carlo Alberto, che non avevo mai notato.
Cedendo alla curiosità e a una sorta di intuito sviluppato nel tempo a forza di girare per Roma, mi sono fermato e, girando l’angolo, ho scoperto un portone aperto al di là del quale si intravedeva un grande ambiente illuminato con rovine antiche.
Si tratta della “Cripta” di San Vito, un’area archeologica, di incredibile valore, sottostante, per l’appunto, la quattrocentesca Chiesa dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia.
Due euro per una visita mozzafiato
La visita richiede un’offerta di due euro e vi proietta indietro nel tempo di duemilaseicento anni. Sì, perché potete ammirare resti di mura serviane tra le più antiche di Roma, risalenti al VI secolo a.C., fatte costruire da Tarquino Prisco e poi ampliate da da Servio Tullio, i piloni di una porta, la Porta Esquilina, tramite la quale si accedeva alla città, il basolato di una strada romana, che collegava la porta Esquilina con quella Tiburtina, resti di opera idrauliche connesse al percorso dell’Anius Vetus (secondo acquedotto romano risalente al 272 a.C., come un Castellum Aquae e frammenti di parti architettoniche di cui probabilmente si servì Sisto IV per la costruzione della Chiesa.
Se poi proseguite costeggiando il lato di San Vito sull’omonima via, superando la splendida fontanella di Pietro Lombardi (1927) che allude allo stemma del rione Monti, vi trovate a passare sotto l’arco di Gallieno, la porta Esquilina ricostruita interamente in travertino da Augusto e trasformata poi in arco onorario per l’imperatore Gallieno e sua moglie, Cornelia Salonina, dal prefetto Marco Aurelio Vittore nel III secolo d.C.
Da questa porta usciva una via che poi si biforcava in due strade: la “via Labicana” (così denominata perché conduceva a Labico e l’attuale Montecompatri) e la “via Praenestina” (dal nome antico di Palestrina, Praeneste).
La Moschea che si fonde con la storia
Oltrepassate l’arco, fermatevi nel piccolo e intimo slargo dando le spalle all’ingresso della piccola Moschea Masjid dove noterete le scarpe lasciate sull’uscio dai fedeli in preghiera e guardatevi intorno; avrete una visione a 360° di un arco romano, la splendida facciata di un palazzo di fine ‘800 al quale questo si appoggia con grazia, una Chiesa del ‘400, al cui interno vi è un bell’altare rinascimentale con un affresco attribuito ad Antoniazzo Romano accanto al quale si trova la cosiddetta “pietra scellerata”, che la leggenda voleva usata per il martirio dei cristiani (ritenuta miracolosa, veniva grattata e ingerita dai credenti perché alla sua polvere si attribuivano poteri curativi dal morso dei cani idrofobi), una strada, via di san Vito, che ricalca visibilmente l’antico tracciato medioevale e sulla quale si affacciano eleganti palazzi di epoche più recenti con i loro colori, la loro eleganza, la loro storia.
Restare in silenzio a contemplare la vista
Vi assicuro che vi sembrerà di udire le voci appena sussurrate di questo o quel tesoro, una sorta di gara scherzosa tra monumenti addossati l’uno all’altro nell’attrarre la vostra attenzione esclusiva perché possiate omaggiarne la bellezza senza tempo. È la voce di Roma. Cento volte più irresistibile del canto delle sirene, se solo spalancherete cuore e animo per poterla ascoltare.