Al Teatro Brancaccino va in scena “Le difettose”
Le difettose, monologo per sette personaggi e un’attrice, è uno spettacolo, allegro, disperato, trasversale e vitalissimo esattamente come il microcosmo sotterraneo
Al Teatro Brancaccino dal 4 al 7 maggio 2017 va in scena “Le difettose” con Emanuela Grimalda, impianto registico Serena Sinigaglia, un progetto di Emanuela Grimalda, liberamente ispirato al romanzo Le difettose di Eleonora Mazzoni, drammaturgia Eleonora Mazzoni, Emanuela Grimalda, Serena Sinigaglia, aiuto regia Gianluca Di Lauro, scene Stefano Zullo, disegno luci Anna Merlo, aiuti alle scene Serena Ferrari, Elena Giannangeli, assistente alla produzione Valeria Iaquinto.
Le difettose, monologo per sette personaggi e un’attrice, è uno spettacolo, allegro, disperato, trasversale e vitalissimo esattamente come il microcosmo sotterraneo, apparentemente marginale ma assai popoloso che racconta. Tratto dal romanzo di grande successo Le Difettose di Eleonora Mazzoni.
“Ho letto il romanzo Le Difettose di Eleonora Mazzoni e ho pensato che la storia che raccontava mi riguardasse non solo come donna, ma come cittadina, come individuo che fa i conti con le trasformazioni in atto nella società in cui vive, con i sui conflitti, coi suoi costanti interrogativi. Mi interessava soprattutto approfondire il concetto del tempo nella società contemporanea, di come si spostato in avanti.
Un tempo paradossale che ha allungato la durata della vita ma non l’età fertile. Il nostro tempo, in cui non è facile distinguere i desideri dai diritti e in cui la scienza apre continuamente nuovi orizzonti etici. Mi piaceva del romanzo, il parlare della fecondazione assistita nei termini di sentimenti e persone e non di leggi o ideologie. L’adattamento che ne abbiamo fatto per il teatro mi permette di dare voce e corpo, lacrime e risate a sette personaggi diversi per inseguire, attraverso la storia di Carla, la protagonista e del suo percorso di fecondazione assistita una metafora più grande della vita.
Volevo raccontare il desiderio di Infinito di cui il desiderio di un figlio è parte, ma che appartiene a tutti. Donne e uomini. Ho proposto a Serena Sinigaglia la regia di questo spettacolo per stima e perché mi piaceva l’idea di come le nostre sensibilità si sarebbero incontrate attorno a un tema così difficile. È una scommessa intellettuale che ha reso ancora più appassionante questo lavoro” Emanuela Grimalda
Note di regia:Creare. Creare è da sempre una faccenda complessa e contraddittoria. Ti può risultare l’azione più semplice e bella del mondo (che non vuol dire facile, perché niente lo è!), o un vero incubo. E francamente quasi mai sai fino in fondo perché. Sembra un caso o un mistero. Per chi fa il mio mestiere questo significa, giusto per fare un esempio tra i molti, che un giorno provi una scena e va tutto liscio, cerchi un gesto, un movimento, un’intenzione e ti arriva la risposta che semplicemente funziona. Altre volte invece (e sono le più frequenti) provi e riprovi una scena, ti tormenti giorno e notte per trovare la soluzione e niente.
Quanto può essere frustrante e avvilente tutto questo, beh lo sappiamo bene quando ci capita. Entri in crisi, perdi fiducia, metti in dubbio il tuo “valore” di persona. E qui c’è il grande inghippo. Sì, perché in un certo senso ciò che riesci a creare finisce per coincidere con ciò che sei. Se fallisco come regista, fallisco come persona. Se non “creo”, non esisto. Sono una persona difettosa. E questo naturalmente è assurdo. Eppure è così. Quanto sia un problema di natura strutturale all’essere umano e quanto, invece, sia indotto da un certo tipo di società e regole sociali, lo lasciamo agli psicologi e ai filosofi. Noi cerchiamo di cavarcela, ed è già molto.
La Mazzoni, nel suo romanzo, affronta un tema particolare e delicato, molto delicato: la procreazione assistita. Ma non immaginate un libro specialistico o polemico o ideologico. Niente di tutto questo. “Le difettose” ha il raro pregio di contenere con forza un dato di universalità. Anche chi non si sia confrontato con quel tipo di esperienza, finisce presto per identificarsi con Carla e il suo viaggio “creativo”, la sua domanda esistenziale di “senso”, il suo disperato bisogno di realizzazione. Questo lo rende un romanzo perfetto per essere adattato al teatro. Ti regala un frammento di vita che può “danzare” sul palco. Non vuole darti un messaggio, una morale assoluta, non vuole dirti ciò che è giusto o sbagliato, vuole raccontarti una storia, tutto qui. Al resto ci penserà il lettore o lo spettatore, secondo la sua coscienza ed esperienza.
Ci vuole grazia e grande delicatezza per affrontare un tema così spinoso, ci vuole anche una bella dose di ironia e auto-ironia. E così è. Ti ritrovi immerso in un mondo ricco di parole nuove e colorite, “fivettare”, “incicognarsi”, “stikkare”, “covare”. Incontri uomini e donne che non si rassegnano, che desiderano, amano, sperano, cadono. Un flusso continuo che ti guida dalla prima pagina all’ultima attraverso l’oceano del più grande mistero della vita: il suo inizio.
Con la Grimalda abbiamo condiviso la voglia di tuffarci in quell’oceano, senza paura di immergerci nei suoi abissi, e con la gioia di danzare come pesci dentro quel mistero. Emanuela è un’attrice straordinaria che sa trasformarsi, passare da un personaggio all’altro, da uno stato emotivo all’altro, con grande semplicità. Così ho provato a costruirle una mappa di “azioni fisiche”, di corpi e pronuncie che si disvelano per poi sciogliersi, senza peso, proprio come se fossimo nel mare. Oltre a Carla, ecco apparire l’infermiera anziana, che ne ha viste di ogni e che non ne può più, l’amica Katia, felicemente lesbica e felicemente a Bruxelles, Marco, l’uomo di Carla, discreto compagno delle sue fatiche, la mamma, l’eterno insopportabile confronto, la nonna, dolce presenza materna, la dottoressa Tini, il paradosso di una scienza che tenta di spiegare il mistero, Thiago, l’esotico maestro di metodi “alternativi” . Tutti questi personaggi sono come i pesci variopinti di un acquario. Nuotano senza peso nell’acquario, ma desiderano tutti quanti immergersi nell’oceano.
Nulla più dell’oceano ci ricorda la vita e il suo paradosso. Ecco le meraviglie delle barriere coralline, la grazia dei pesci e delle creature marine, il tripudio di colori e forme, e poi, di colpo, la violenza delle onde, lo spavento degli abissi. Forse, in ultimo, questa è Carla: un pesciolino che si agita tra le pareti troppo strette dell’acquario nel quale ha rinchiuso la sua vita finendo per sentirsi “difettoso” finchè scopre, a sue spese, che bastava immergersi nell’oceano e imparare di nuovo a nuotare senza paura di sentirsi libero, senza tempo. Serena Sinigaglia
Ufficio stampa Silvia Signorelli