Al Teatro Palladium va in scena “Il Divorzio” di Vittorio Alfieri
Sentire lo sdegno sarcastico di Alfieri, riproporlo al pubblico con la forza di un lessico esemplare per sobrietà e ricchezza espressiva
Il divorzio, l’ultima commedia di Vittorio Alfieri, inaugura la collaborazione del Teatro di Roma con il Teatro Palladium, dove andrà in scena, dal 18 al 22 aprile 2017 ore 21.00, nella versione originale e brillante di Beppe Navello con un cast di giovani attori, con Stefano Moretti, Marcella Favilla, Daria-Pascal Attolini, Riccardo De Leo, Alessandro Meringolo, Riccardo Ripani, Diego Casalis, Giuseppe Nitti, Fabrizio Martorelli, Vincenzo Paterna, Roberto Carrubba, Alberto Onofrietti, scene Francesco Fassone, costumi Barbara Tomada, musiche Germano Mazzocchetti, luci Mauro Panizza
«In questo periodo particolarmente difficile della nostra vita civile, racconta Beppe Navello, Sentire lo sdegno sarcastico di Alfieri, riproporlo al pubblico con la forza di un lessico esemplare per sobrietà e ricchezza espressiva, libera lo spirito costretto nelle poche centinaia di espressioni alle quali è definitivamente condannata la lingua italiana contemporanea; e travestire i suoi personaggi con i caratteri eterni della mediocrità patria, con i ceffi imperituri dell’impudenza sociale, dell’ambiguità morale ci fa capire che qualcosa di eterno e imperituro è all’origine della nostra secolare decadenza.
Più utile della lettura delle gazzette che Hegel raccomandava quotidianamente ai suoi contemporanei, è talvolta divertirsi con i travestimenti del teatro, con le maschere e le luci dei suoi giochi illusori». Una storia semplice, ricca di colpi di scena, su un matrimonio che assomiglia subito ad un divorzio e più in generale sul malcostume italiano del Settecento, che si rivela quanto mai attuale.
Un ragazzo di buona famiglia si innamora di una ragazza di famiglia altrettanto buona ma di costumi più disinvolti, più alla moda: il fidanzamento va a monte e allora, per risolvere in maniera acconcia le cose senza provocare scandalo, la madre di lei trova alla figlia un marito di comodo, vecchio e ricco, disposto a chiudere un occhio sull’andirivieni di amici, cicisbei e confidenti. Il tutto rappresentato alla maniera di una farsa, divertente ma con una morale alla fine della storia: come scandalizzarci se i costumi italiani costituiscono “obbrobrio d’Europa tutta?” Se il matrimonio nel nostro paese assomiglia da subito a un divorzio? Naturalmente, ogni allusione a fatti o persone della realtà contemporanea è puramente casuale.
«Vittorio Alfieri, il più grande autore di tragedie della nostra storia letteraria, applaudito in tutta Europa come un italiano anomalo e ammirevole per statura morale e forza poetica, decide alla fine della sua vita di scrivere alcune commedie, continua Beppe Navello, Abita ormai a Firenze, dopo la fuga da Parigi in seguito alla Rivoluzione, disgustato dagli eccessi della tirannide e desideroso di riascoltare la lingua della patria. “Nel bel mezzo di schiavitù, e senza quasi probabilità né speranza di uscirne, né d’aver tempo io più, né mezzi per eseguire, mi si sollevò a un tratto lo spirito e mi riaccese faville creatrici” scrive egli stesso nell’Epoca Quarta della Vita scritta da esso, la bellissima autobiografia che è in realtà uno dei primi romanzi di formazione e di avventure della nostra letteratura.
È come se gli eroi delle sue tragedie, perfetti e smisurati nelle passioni e nei sentimenti, li sentisse definitivamente sconfitti; e ormai gli riuscisse soltanto a parlare di uomini, in particolare quelli del suo tempo e della sua patria, meschini e volgari, “dai piedi fangosi”. Mi è sempre sembrata straordinaria la figura d’Alfieri: e mi è tornata in mente in questo periodo particolarmente difficile della nostra accidentata vita civile. Così ho trovato particolarmente bello proporre l’ultima commedia del conte astigiano a una pattuglia di giovani attori provenienti da tutta Italia, per affrontare un progetto di formazione e di avviamento alla professione teatrale: non è un caso che la mia generazione abbia dimenticato il repertorio alfieriano, tutto deve essere facile, commestibile e digeribile nel mercato triturante dello spettacolo nostrano. Ma i giovani, ai quali stiamo consegnando un paese per il quale ogni giorno sentiamo vergogna, si sono appassionati nel raccontare questa commedia amara e divertente di vita all’Italiana».
Teatro di Roma Largo di Torre Argentina, Teatro Palladium – Università Roma Tre