Gianni Alemanno esce di scena a trenta minuti dalla chiusura delle urne. E ad annunciare la sconfitta è il suo sodale di sempre, il senatore Andrea Augello, coordinatore della campagna elettorale. Non sono le cinque della sera ma l'aria è quella al quartier generale di via Giano della Bella dove si è cercata la rimonta punto su punto. "E' evidente che Marino ha vinto, ora dobbiamo capire perché", scandisce Augello che neanche un bollettino medico. Il sindaco uscente insomma è già uscito. Ora tocca fare i conti nel Pdl. I conti con chi voleva le primarie, Fratelli d'Italia, con chi titubava ma poi si è battuto come un leone perché quello sa fare, Francesco Storace, con chi era tiepidissimo ma poi ha fatto videointerviste e si è, a modo suo, speso, Silvio Berlusconi.
Alemanno sa che la resa dei conti è già partita. E' un politico puro, non un marziano. E allora dopo qualche ora parla e fa la sua di analisi. "Mi prendo tutte le colpe, non facciamo lo scaricabarile. Dobbiamo ripartire da una roccia solida, i 376 mila voti che abbiamo avuto, e richiamare a noi quelli che si sono persi. Ma nessuno canti il "de profundis". L'ho già sentito nel 2006, quando sfidai Walter Veltroni e persi, poi contro Rutelli ho vinto e sono diventato sindaco di Roma".
Il primo sindaco di centrodestra ma anche il primo sindaco, da che c'è l'elezione diretta, a non fare il bis. "Ci siamo scontrati con la crisi, la mancanza di soldi, tutto scaricato sui sindaci", spiega Alemanno. "E poi l'astensionismo", riflette l'ormai ex sindaco. Eppure la vittoria 5 anni fa era stata travolgente come ora quella di Marino. Tanti i progetti che l'allora neosindaco presentò per Roma: da quelli sulla sicurezza, cavallo di battaglia di quella campagna elettorale, con i militari nelle città, le tante ordinanze anti per il decoro ai provvedimenti sul versante sociale col quoziente familiare o la più recente sospensione dell'Imu alle famiglie meno abbienti.
Scelte a volte chiacchierate, l'abbattimento,mai avvenuto, del muretto dell' Ara pacis, la gestione di maxi emergenze come la neve a Roma (combattuta con un sale risultato poi tossico), nubifragi e piena del Tevere, il mesi funesti delle inchieste su Parentopoli che hanno colpito i suoi amici Riccardo Mancini e Franco Panzironi. Alemanno pero' non molla. Non fa un passo indietro. Si ricandida. E inizia la sua campagna praticamente da solo, con un centrosinistra orfano di candidato. Si batte e tenta di recuperare terreno. E ora si assume tutte le colpe. Al comitato non c'è il pienone.
Pochissime le facce nazionali. Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, invece c'è e ci mette la sua. Rivendica quanto fatto da Gianni Alemanno, dal risanamento finanziario alla riforma di Roma Capitale, e precisa: "Sono qui perché conosco Gianni dal 1973". "Accetto la sconfitta", conclude Alemanno ma non si abbatte anche se la foto simbolo lo vede abbandonato e triste tra le braccia del suo fedelissimo capo della segreteria Antonio Lucarelli. E' un attimo però. "Ci impegneremo a rigenerare le ragioni della nostra appartenenza, faremo un'opposizione seria e non distruttiva, Roma ha ancora bisogno di noi". Insomma, fa capire, nessuno puo' pugnalare Cesare.
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