Alla Casa del Jazz, “Il disco di Jazz compie 100 anni”

50 anni fa andò in onda per la Rai il primo programma di Marcello Rosa al suo debutto come autore radiofonico, intitolato “Il disco di jazz ha 50 anni

Sabato 8 aprile, alla Casa del Jazz di Roma, IL DISCO DI JAZZ COMPIE 100 ANNI, un progetto di Marcello Rosa per festeggiare il primo disco della storia del jazz, registrato nel 1917 dalla “Original Dixieland Jass Band” di Nick La Rocca.

Alle ore 17.30:” Le molteplici radici del jazz”, tavola rotonda con Vincenzo Martorella, Luigi Onori, Sandro Portelli. Coordina Filippo La Porta (Ingresso libero fino a esaurimento posti). Alle ore 19.30: “Sicily Jass” proiezione del film documentario su Nick La Rocca del regista di Michele Cinque.

A seguire alle ore 21.00, Marcello Rosa Jazz Band “Livery Stable Blues & Dixie Jazz Band One Step” con: Marcello Rosa, trombone, Claudio Corvini, tromba, Luca Velotti, sax soprano, clarinetto, Andrea Verlingieri, sax, Paolo Tombolesi, pianoforte, Marco Siniscalco, basso, Marco Rovinelli, batteria, Filippo La Porta, percussioni. Ospite Mario Corvini, trombone. (Ingresso documentario + concerto 10 euro).

50 anni fa andò in onda per la Rai il primo programma di Marcello Rosa al suo debutto come autore radiofonico, intitolato “Il disco di jazz ha 50 anni”.  Dopo 50 anni il celebre trombonista ripropone l’avvenimento, ormai centenario, per ricordare e celebrare Nick La Rocca e il primo disco jazz con un programma fitto di eventi.

“Nel 1917 scoppia la rivoluzione russa, i dieci giorni che cambiarono il mondo. E sempre nel 1917, mentre in Europa si combatteva in trincea e in Italia avveniva la disfatta di Caporetto, viene inciso il primo disco di jazz, che cambiò per sempre la storia della musica.

Nick La Rocca, nato a New Orleans da genitori immigrati dalla provincia di Trapani, si illumina d’immenso (la poesia di Ungaretti “Mattina” è di quello stesso anno) e incide il primo disco di jazz.

Quasi una favola moderna: il figlio di un umile calzolaio, amante della musica e già membro dell’orchestra del generale Lamarmora, comincia a suonare la cornetta alla morte del padre,  poi fonda la Original Dixieland Jass Band e nel 1917, quando a New Orleans la marina militare volle chiudere  i bordelli di Storyville per il dilagare della sifilide, incide  il primo disco della storia del jazz: “Livery stable blues”, che tra l’altro  volle comprarsi un Luis Armstrong diciottenne, restandone segnato per sempre.

La Rocca è il singolare eroe che comincia l’avventura di questa   epopea musicale, proprio come il signor Bonaventura di Sergio Tofano, che esordisce nel 1917 (anche se La Rocca, pur vendendo un milione e mezzo di copie del disco, non diventerà mai milionario a causa del suo carattere ombroso).

All’origine del jazz troviamo dunque accanto al blues, allo spiritual, al ragtime, alla musica caraibica, e a tante suggestioni, anche una sorprendente radice italianissima. La migrazione è una vicenda non solo di sofferenza, privazione e miseria ma di ricchezza culturale, di scambi e di creatività.

Con La Rocca forse la globalizzazione manifesta, in anticipo, il suo volto migliore. Nel 1917 sono esplose due rivoluzioni che davvero “sconvolsero il mondo” – come è stato detto, a dimostrazione che la Storia a volte prende brusche accelerazioni. Una è la Rivoluzione d’ottobre, l’altra è un evento assai più mite, e apparentemente meno fragoroso, il jazz.

Il parallelismo tra rivoluzione russa e jazz potrebbe continuare: se Marcello Rosa ha detto che il jazz è “di una semplicità a volte così complicata da sbalordire anche il più attento musicologo”, Bertolt Brecht aveva scritto perentoriamente del comunismo: “E’ la semplicità che è difficile farsi” (“Lode del comunismo”). Ma coincidenze cronologiche e analogie finiscono qui.

La rivoluzione russa ha esaurito da tempo la sua spinta propulsiva, mentre il jazz non dimostra per niente i suoi cento anni e anzi a ogni decennio è capace di rinnovarsi mescolandosi ad altri generi, esponendosi a ogni ibridazione pur restando se stesso. Il jazz è forse una reincarnazione musicale della dea Afrodite, che tra i suoi soprannomi aveva quello di Ambologera “non invecchia mai”, proprio come la felicità. (Filippo La Porta)

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55

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