Alla ricerca del tempo perduto: giornate, anni di attesa tra le macerie di Accumoli
Una sopravvissuta al terremoto del 2016 racconta al nostro giornale
Ho voluto utilizzare un titolo importante di un romanzo che diede lustro allo scrittore francese Marcel Proust per rievocare un tempo che non tornerà più, è andato via, perso tra i sassi di un paese in rovina e dalla cattiva gestione di chi dovrebbe prendere decisioni per la comunità.
Il tempo di ricostruire era subito dopo il terremoto, quando tutte le situazioni erano a nostro favore, oggi nessuno si ricorda più di noi, si fanno ogni tanto riunioni con il commissario alla ricostruzione, si parla di delocalizzazioni, di nuovi progetti, ma tutte queste promesse valgono per un giorno.
Poi si ricomincia con lo stesso silenzio che ci avvolge da anni. Questo silenzio si chiama solitudine, impotenza di chi è cosciente e sa che ci sarà una nuova riunione, si diranno le stesse e identiche cose, si cambierà posto a delle case come a delle pedine su di una scacchiera e si ripeterà la stessa nenia fino allo sfinimento.
I politici cominciano a defilarsi da questa situazione, alcuni proprio non si sono più visti, mandano le retrofile per la presenza, loro preferivano tagliare fiocchi o mettere la prima pietra a strutture che non sarebbero servite a nessuno, però in compenso venivano delle belle fotografie, con sorrisi invidiabili.
Sarei ingiusta se dessi tutte le colpe di questa situazione di stallo al commissario Legnini, ci sono delle volte che sembra anche lui non farcela più dell’incompetenza che grava su di un paese che sembra proprio non abbia nessuna voglia di ricostruire.
Non parlo delle persone che anzi stanno facendo il lavoro che dovrebbe svolgere il comune cercando soluzioni e dando la loro disponibilità. Purtroppo in tutta questa situazione le autorità locali sembrano essere assenti, addormentati in un sonno profondo da cui è difficile farli svegliare.
Accumoli centro è il paese di cui ancora si debbono capire le sorti anche perché non sono arrivate tutte le domande di ricostruzione da parte dei cittadini. Mi chiedo: ma se qualcuno non trova conveniente ricostruire in paese, si desse almeno l’opportunità a chi ha presentato il progetto di rientrare nella propria casa.
Almeno cominciare. Purtroppo i tempi sono cambiati, le spese di ricostruzione sembrano essere sempre più care e trovarci al centro di una guerra, aggrava ancora di più la situazione. In questo momento i terremotati non fanno più notizia, ci sono altre priorità per tutta la nazione. Sicuramente riesco a capire come cittadina italiana, il tempo che stiamo vivendo.
Rimane invece più difficile a chi non ha vissuto il terremoto immedesimarsi nella nostra situazione, quella di aver dovuto ricordare la fine del proprio paese, dei propri affetti e della propria casa. Un trauma che dura negli anni senza mai una tregua. Dal 24 agosto 2016 ogni giorno è stato un dover sopravvivere agli avventi avversi.
Noi la guerra la viviamo da sei anni, tutto quello che ci rimane da vedere sono i resti di un paese devastato. Vivere in questi luoghi risulta sempre più difficile. Le strade sono ricoperte di buche, fare questi percorsi diventa così una gara ad ostacoli. Le autovetture sono motivo di continue spese, si rompe sempre qualche pezzo anche perché prima o poi si finisce in queste buche profonde che sembrano voragini.
I pochi lavori di ripristino delle strade hanno un inizio ma non si conosce mai la fine. Qualche sporadica casa nelle frazioni di Accumoli è stata ricostruita, anche se può capitare, così mi è stato riferito, che la nuova metratura non rispecchi fedelmente quella della vecchia abitazione. La casa può restringersi come dopo un lavaggio sbagliato in lavatrice.
Tutto è affidato al caso, tipo roulette russa, ti può andar bene, come ti può andar male. Sicuramente questa non è la strada per ricostruire. Sta arrivando la primavera, anche se quest’anno tarda ad affacciarsi, più che petali di mandorlo, si ricordano fiocchi di neve.
Quando si vive in montagna bisogna aspettarsi un clima rigido, solo che quando si abitava nelle case, le pareti erano più spesse e si era più protetti dal freddo. Le SAE hanno invece pareti sottili, e il riscaldamento va a gas, senza di questo si rischia di rimanere mummificati nelle abitazioni. Stanno cambiando i tempi ma noi purtroppo non siamo cambiati.
Roberta Paoloni da Accumoli