Amatrice. Si lavora per la rinascita di uno dei borghi più belli d’Italia, sarà una città sicura?
La ricostruzione di Amatrice ora va avanti: saranno città sicure? E come si pensa di far tornare la vita in borghi che si stanno spopolando?
Si lavora per la rinascita di uno dei borghi più belli d’Italia, distrutto dal terremoto del 24 agosto 2016, che colpì le zone appenniniche di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, con 303 morti e 80.000 immobili distrutti. Si pensa che ci vorranno 30 miliardi di euro per ricostruire tutti i comuni colpiti.
Il centro storico di Amatrice
Dal 1° marzo sono ripresi i lavori per la ricostruzione del centro storico di Amatrice, in provincia di Rieti. Per prima cosa si provvederà alla rimozione, trasporto e smaltimento delle macerie di palazzo D’Antoni. Lo storico palazzo di corso Umberto I, crollato dopo il sisma del 2016, è stato per lungo tempo sotto sequestro dalle autorità Giudiziarie. Ed ora, secondo una nota dell’Ansa, con l’emanazione dell’ordinanza di dissequestro, l’Ufficio speciale per la Ricostruzione del Lazio ha potuto procedere con l’affidamento dei lavori.
In realtà si era già iniziato da almeno due anni a ricostruire. Sono stati aperti 10mila cantieri privati, con 365 opere pubbliche concluse e 315 sono in fase di lavorazione.
Inefficienze burocratiche, poi il Covid e i costi aumentati per via della guerra hanno creato intralci all’opera di ricostruzione
Nel 2022, a sei anni di distanza dal sisma, i lavori si erano fermati nonostante che lo Stato avesse già messo a disposizione i soldi. Uno stop che aveva il sapore della beffa. Fino ad allora, nel cuore di Amatrice, non era stato ripristinato un mattone. I cantieri procedevano a rilento perché le pratiche si intasavano nell’imbuto di due soli uffici professionali, composti da geometri, architetti e geologi, che non riuscivano a smaltirle rapidamente. Scriveva allora Giuseppe Scarpa sul Messaggero: “Nel suo centro storico, raso al suolo dal sisma, non è stato edificato niente. Oggi appare come un’enorme spianata, un immenso campo di calcio in terra battuta”.
La situazione paradossale fece infuriare il commissario straordinario, Giovanni Legnini, già vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura: “Adesso basta. Tutta l’Italia guarda il centro storico di Amatrice”, ebbe modo di esclamare ai rappresentanti degli uffici interessati, secondo quanto si lesse sullo stesso giornale: “Il governo ha messo a disposizione le risorse. Voglio vedere i risultati. La macchina della ricostruzione non può bloccarsi a causa dei tecnici privati”.
La devastazione colpì prima il Lazio, Marche e Umbria e infine l’Abruzzo
I terremoti del 2016 furono tanti e su un’area vastissima. Colpirono parte dell’Appennino dove si incontrano Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. La prima scossa, alle 3.36 del 24 agosto, rase al suolo Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. A Pescara del Tronto, una frazione affacciata sulla via Salaria, venne completamente cancellata. Morirono 303 persone e 238 vennero estratte vive dalle macerie. A ottobre nuove scosse, con epicentro più a nord. Il 26 e il 30 ottobre vengono colpite Norcia, Preci, Ussita, Castelsantangelo sul Nera, Visso e altri borghi dei Sibillini. Tra le colline delle Marche, subisce danni molto gravi Camerino. Il 18 gennaio 2017, l’ultima scossa di grande violenza rase al suolo Campotosto, in Abruzzo. Dato che il sisma di agosto fece svuotare molti borghi, le vittime furono solamente 4. Gli immobili inagibili vennero stimati in circa 80.000.
La ricostruzione ora va avanti: saranno città sicure?
“La ricostruzione di Amatrice va avanti e questa è la dimostrazione”, ha detto l’assessore ai Lavori pubblici, alle Politiche di ricostruzione della regione Lazio, Manuela Rinaldi. “Con la rimozione di queste macerie, che dovrebbero concludersi nel giro di pochi giorni, consentiremo la partenza del Super cantiere; un ambizioso progetto portato avanti dal lavoro sinergico tra Usr Lazio, il Comune di Amatrice e il commissario Straordinario al Sisma 2016, che permetterà la contemporanea cantierizzazione di diversi interventi di ricostruzione pubblica e privata”.
Tra qualche settimana, con il parere favorevole della Soprintendenza, saranno rimosse anche le macerie della chiesa di San Giovanni e sottoscritto, con la Prefettura di Rieti, il Protocollo d’intesa per la regolarità e la sicurezza del lavoro nel “Super cantiere” del centro storico di Amatrice, che servirà a ottimizzare le attività relative alle misure per la salute e la sicurezza dei lavoratori nei cantieri.
“Dopo anni di immobilismo e dopo un lavoro incessante, già dalla prossima primavera si inizierà a vedere la ricostruzione di questo territorio che nel 2015 era censito tra i borghi più belli d’Italia e che nel 2016 è stato completamente distrutto dal terremoto. Per questo stiamo lavorando alacremente per ridare agli abitanti di Amatrice una nuova città sicura, sostenibile, innovativa”
I costi supereranno i 30 miliardi di euro, per oltre 56mila opere
Costerà almeno 26,5 miliardi di euro ricostruire i comuni colpiti dai terremoti, che hanno distrutto case e palazzi e causato la morte di 303 persone. Da poco tempo l’ufficio del Commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini è in grado di stabilire il costo degli interventi da finanziare. In tutto si tratta di 56.638 opere. Il dato è sempre provvisorio e precauzionale. Non può che essere così per via dei molti prezzi cresciuti a causa del Covid e poi della guerra in Ucraina. Molte imprese si sono trovate nei guai per il blocco a danno del super bonus 110%, mentre stava risollevando le sorti del comparto e l’economia disastrata dalla pandemia.
Tuttavia “il quadro aggiornato dei danni prodotti dal terremoto del 2016 appare destinato a superare i 30 miliardi di euro”, almeno secondo quanto afferma il commissario nel suo rapporto annuale. I conteggi della Protezione civile all’indomani del sisma per la sola ricostruzione privata oscillavano tra gli 8 e i 10 miliardi. Una stima inevitabilmente errata, allora, ma che a valle della raccolta di informazioni promossa da Legnini (insediatosi il 14 febbraio 2020, quarto commissario succedutosi nel tempo) è meno della metà. I soli danni al patrimonio privato ammontano a 19,4 miliardi, a cui vanno aggiunti i 6,1 del pubblico e 970 milioni per le chiese.
Una ricostruzione che deve rispettare l’identità e l’architettura dei luoghi
La ricostruzione sarà basata su progetti di architettura e urbanistica che rispettano l’aspetto storico e culturale del centro storico. Si prevede di utilizzare materiali tradizionali e tecniche costruttive che rispettano l’identità e l’architettura del luogo, garantendo al contempo la sicurezza e la resistenza sismica delle nuove strutture.
Il processo di ricostruzione sarà monitorato costantemente per garantire il rispetto dei tempi e dei costi previsti, assicurando al contempo la partecipazione e il coinvolgimento della comunità locale. Amatrice è il comune che registra i maggiori danni, per oltre 1,3 miliardi di euro, seguita da Camerino con 1,2 miliardi di danni e da Norcia, con 1,1 miliardi. Il rapporto riferisce che per la ricostruzione privata, nel complesso, si registravano a fine giugno 22.700 richieste di contributo per 7,6 miliardi di euro. Di queste ne sono già state approvate 14.234 (45% del totale), per un controvalore di 4,3 miliardi (39%). “Negli ultimi due anni le richieste sono raddoppiate e i contributi concessi triplicati – scrive la struttura di Legnini in una nota -. I cantieri privati completati sono 7.256, con la riconsegna alle famiglie di 16.520 singole unità immobiliari, il 92% di tipo residenziale e l’8% a carattere produttivo. I cantieri autorizzati oggi sono circa 7mila”.
Sul fronte pubblico, attraverso le ordinanze speciali per i Comuni più colpiti (procedure più veloci), si è passati dai 265 milioni stanziati a fine 2020 ai 768 di luglio 2022 e in un numero di cantieri chiusi che passa da 151 a 365. L’obiettivo è arrivare a mille cantieri pubblici avviati in sei mesi. Oggi sono 316, tra cui quelli della basilica di San Benedetto a Norcia, la scuola Itis Divini di San Severino Marche e gli ospedali di Amandola e Amatrice.
Come si pensa di far tornare la vita in borghi che si stavano spopolando?
A pesare sulla ricostruzione è la “scarsità di professionisti e imprese“, osserva Legnini. Troppo pochi per l’ingente lavoro di progettazione e messa in opera. Anche questo fattore inciderà sulla tempistica per l’opera di ricostruzione delle case come altri, tra cui la piena disponibilità dei fondi, la pianificazione dei lavori, la burocrazia e le autorizzazioni necessarie. In genere, la ricostruzione post-sisma può richiedere diversi anni, ma gli sforzi saranno concentrati per completare il prima possibile le nuove abitazioni e consentire agli abitanti di tornare alle loro vite normali. Se lo vorranno, se potranno, se non hanno già rinunciato.
Per agevolare il ritorno delle attività commerciali nel paese di Amatrice, si potrebbero adottare diverse misure. Ad esempio, offrire incentivi fiscali alle imprese che decidono di riaprire, dare facilitazioni burocratiche per l’avvio delle attività, supporto finanziario per la ricostruzione degli esercizi commerciali danneggiati, promozione del turismo e degli eventi locali per attrarre visitatori e clienti, e collaborazione con associazioni e istituzioni per favorire la ripresa economica del territorio. Tutte cose che richiedono idee, tempo, finanziamenti.
Un 20% di popolazione non è interessata a ricostruire
Purtroppo, nel valutare tutte le domande presentate per la ricostruzione si è registrato un 20% di persone non interessate alla ricostruzione. Se da un lato è giusto ricostruire per non perdere una identità storica e culturale, dall’altro molti si pongono la domanda se ne valga la pena. Il presente ci dimostra che diversi fattori spingono i giovani a cercare occupazioni più nelle grandi città che in montagna. Chi sceglie la montagna sono rari casi, apprezzabili, ma che non rappresentano una forte prospettiva di impiego.
Questi borghi di montagna sono destinati allo spopolamento e a diventare luoghi di residenze di vacanza. Seconde case nella migliore delle ipotesi, con perdita delle attività commerciali e artigiane. Non dico che sia un bene ma è un dato di fatto. Nel ricostruire bisognerebbe anche pensare quale destinazione d’uso si potrebbe immaginare per centri come questi. L’informatica, il lavoro da remoto, attività decentrabili, potrebbero aiutare a dare nuova vita ai borghi abbandonati dalla popolazione giovanile, mentre gli anziani sono per forza destinati a miglior vita.
Successivamente la ricognizione è passata al comparto pubblico. Di circa quattromila schede ricevute, 1.300 sono state accantonate per maggiori approfondimenti sul nesso di causalità tra terremoto e danno. Il giudizio di Legnini è netto: “Se si facesse questo lavoro dopo uno, due anni al massimo, si potrebbe programmare la ricostruzione in modo più razionale e compiuto”. Al tempo stesso, il commissario precisa che “il mancato censimento non è stato una causa impeditiva della ricostruzione”, ma se fino a ieri la sfida era “semplificare”, oggi è “progettare e realizzare”.
Ricostruire serve a mantenere il ricordo, la storia, l’anima di un luogo
In questi sette, otto anni che ci separano da quei giorni dolorosi del terremoto, i centri colpiti hanno visto sfilare molti Presidenti del Consiglio, Ministri, Presidenti di regione. Viene facile criticare. Sappiamo tuttavia che ricostruire borghi così antichi, con opere d’arte importanti, in un Paese come il nostro, nel quale l’età dei centri abitati è una delle qualità su cui si fonda il gradimento del turista e anche di chi li abita, non si può “tagliare la testa al toro” e ricostruire altrove ex novo dove tutto sarebbe più semplice anche più logico.
Altrove lo si può fare, nel continente americano lo fanno, ma sarebbe venir meno alla nostra storia e alla nostra identità. Le esigenze dei cittadini sono quelle di tornare presto a vivere, senza abbandonare i luoghi di appartenenza. Cosa ci impedisce di ricostruire un borgo nuovo, con meno spesa e miglior comfort invece che aspettare gli anni necessari per ricostruire un borgo antico?
Sarebbe logico sì, se non fosse che i criteri di quel borgo antico non sono recuperabili in un paese di prefabbricati in linea, tutti uguali, standardizzati, in pianura. Si perde la storia, le piazze, i luoghi riconosciuti dell’infanzia, si perdono le pietre, le botteghe, l’identità familiare, in una parola l’anima del posto. Ricostruire serve a restare sé stessi e a non perdersi in strutture anonime, algide, disumane. Ma costa di più.