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Amore di Dio e conversione dell’uomo

Il brano in questione (Gv. 3, 14-21) costituisce l’ultima parte del dialogo di Gesù con Nicodemo. La storia di Nicodemo si distingue in due parti ben precise. La prima parte il vero e proprio dialogo di Gesù con Nicodemo, imperniato sulla necessità di una rigenerazione in virtù dello Spirito per vedere il regno di Dio, vale a dire per sperimentarlo, per possederlo, o meglio ancora, per essere toccati, posseduti dal regno di Dio. La rigenerazione “dall’alto” avviene allorquando una persona  è oggetto di una “nuova creazione” che la rende capace di discernere nella carne di Gesù, nella persona storica di Gesù di Nazareth, la parola di Dio incarnata, il Figlio di Dio inviato nel mondo per rivelare e comunicare agli uomini le misteriose ricchezze della vita di Dio. Ma tale “comprensione-esperienza” non è mai frutto di una visione meramente umana, pur corredata di sapienza biblica; è lo Spirito di Dio, e lui soltanto, il Padre dei figli del regno, che attraverso l’acqua del Battesimo ci rigenera dall’alto.

La seconda parte, il vangelo della prossima domenica (3, 14-21), riprende il tema precedente affermando che il Figlio dell’uomo disceso dal cielo è l’unico un grado di rivelare il misterioso disegno del Padre che consiste nella rigenerazione dell’uomo attraverso la morte-risurrezione di Cristo e attraverso la fede nel nome dell’Unigenito Figlio, assolutamente necessaria per profittare del dono dello Spirito.

La missione rivelatrice del Figlio dell’uomo

Gesù per convincere Nicodemo della necessità e della possibilità della “rigenerazione dallo Spirito” si presenta nella sua qualità di perfetto testimone e rivelatore (“noi parliamo di ciò che sappiamo e attestiamo ciò che abbiamo veduto” v. 11) e si appella alla fede con cui anche Nicodemo dovrebbe accogliere la testimonianza di Gesù, che i giudei invece non accolgono. Tale rigenerazione, anche se compiuta dallo Spirito, appartiene sempre alle “cose terrene”. Infatti essa concerne l’uomo stesso “che viene dalla terra”. Ogni uomo, specialmente se istruito dalle Scritture, dovrebbe sapere che quello che nasce dalla carne è carne, che l’uomo è perduto, che la sua vita è senza sbocco, che le sue aspirazioni restano non colmate. Chi non comprende la propria situazione disperata e la necessità di un rinnovamento, come potrà comprendere che tutto ciò è reso possibile e attuale dalla incarnazione, passione, morte e risurrezione del Figlio dell’uomo? Sono queste le cose celesti che Gesù si appresta a rivelare a Nicodemo.

L’esaltazione del Figlio dell’uomo nel momento della sua “ora”

Il tema dell’esaltazione del Figlio dell’uomo è di grande rilevanza teologica nel vangelo di Giovanni. Quando parla di esaltazione del Figlio dell’uomo, Giovanni allude alla elevazione sulla croce, concepita come una specie di intronizzazione regale, di “epifania” del Cristo-Re. L’evangelista Giovanni riconosce il re-messia nel Cristo crocifisso e attribuisce all’attrazione universale dell’elevazione sulla croce il dinamismo orizzontale senza confini che l’iscrizione di Pilato (Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei) tanto avversa ai giudei, profeticamente annuncia. L’accostamento tipologico col serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto è significativo. Il Figlio dell’uomo innalzato sulla croce è posto come segno di vita per gli uomini, ma a condizione di una fede sincera.

L’opera salvifica del Figlio manifesta l’amore del Padre

Per Giovanni, la stessa persona del Figlio salvatore è il “dono del Padre”, che si esprime nel fatto stesso dell’incarnazione che già da sola colma l’abisso tra Dio e il mondo ed è il segno manifesto della grandezza dell’amore di Dio. L’amore di Dio che si esprime nel dono del Figlio, concerne il mondo, in special modo il mondo umano. La missione del Figlio è ordinata soltanto alla salvezza degli uomini; la condanna non deriva dall’azione e dalla iniziativa di Dio, ma unicamente dalla scelta dell’uomo. La missione di Gesù è esclusivamente orientata alla salvezza degli uomini e non alla loro condanna. Non diversamente deve essere la chiesa, che continua Cristo nel tempo. Costantemente orientata alla salvezza degli uomini, piegando il suo irrinunciabile aspetto giuridico-istituzionale alla missione carismatico-salvifica che Cristo le ha affidato e che la caratterizza come tale.

La duplice risposta degli uomini: fede e salvezza, incredulità e condanna

Per l’evangelista Giovanni il giudizio di Dio è anticipato all’oggi e si realizza nel confronto stesso degli uomini con Cristo, fin dalla sua prima manifestazione. Giovanni interpreta l’avventura di Gesù come un prolungato processo che si conclude con una separazione e un giudizio-condanna. I contemporanei di Gesù rappresentano tutti gli uomini di tutti i tempi, nel cui animo lo stesso dramma continua a comporsi e a risolversi: o l’uomo si mette dalla parte delle realtà incarnate dal Verbo (la luce, la verità, la vita), oppure rifiuta Cristo e allora sposa l’odio, la menzogna, le tenebre, la morte. E’ necessario infatti restare nella fede: la condanna viene dalla scelta che gli uomini fanno rispetto a quelle realtà del Verbo incarnato. Non è Dio a votare alla condanna e alla perdizione gli uomini: sono gli uomini stessi che si condannano da sé.

Bibliografia consultata: Mannucci, 1970.

Redazione

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