Interviste

Anci Lazio, intervista al segretario generale Giuseppe De Righi

Caro segretario, un anno terribile per il nostro Paese, un anno difficilissimo per i sindaci dei comuni del Lazio. Insieme ai problemi sempre più complessi che riguardano il bilancio hanno dovuto affrontare un nemico insidiosissimo come un virus pandemico.  

Che il momento sia davvero difficile, sta davanti agli occhi di tutti: sembra un virus creato (si fa per dire, non sono di quelli che crede ai complottismi) per toccare le corde profonde della nostra vita, della nostra convivenza, della nostra economia. In questo contesto i comuni sono stati chiamati a fare la loro parte e l’hanno fatta egregiamente. Essi hanno rappresentato il primo approdo dei cittadini in difficoltà, il primo luogo di condivisione dei bisogni. E, nello stesso tempo, di prima risposta, a volte rimasta unica, rispetto al dramma di molti cittadini e famiglie.

I comuni, con i sindaci in prima linea, sono stati capaci di fare richiamo a energie insperate e, grazie anche alle risorse messe in campo dal governo, dare risposte immediate a bisogni che non potevano certo aspettare le lungaggini della burocrazia. In questa fase i comuni hanno assunto su di sé oneri e impegni che appariva solo difficile immaginare. Eppure hanno saputo reggere l’urto: l’Italia della resilienza è in gran parte merito dei comuni.

Le schermaglie tra Governo e Anci

Credo sia opportuno chiarire meglio. Nel dpcm del 18 ottobre, che ha fatto sollevare qualche perplessità al presidente Decaro, non si parlava di attività da chiudere, ma di strade e piazze da chiudere. La questione posta da Anci era relativa a due questioni. La prima, di metodo, era connessa al fatto che nella riunione preparatoria nessuno avesse fatto cenno alla questione, che poi è stata inserita nel Dpcm senza approfondimento. La seconda, di merito, relativa al fatto che le competenze di ordine pubblico non appartengono al sindaco, ma al prefetto e alla polizia.

Anci chiedeva, e poi è stata ascoltata, che venisse fatta chiarezza. Sulla base di quali elementi il sindaco emette l’ordinanza, se la polizia e i carabinieri non mandano informative a lui? Chi provvede a dare esecuzione all’ordinanza di sgombero di vie e piazze dopo le 22 della sera se il sindaco non può coordinare le forze di polizia?

Ciononostante, fatta chiarezza, i sindaci si sono messi, con l’impegno e la dedizione di sempre, al servizio del Paese e della propria comunità per attuare le disposizioni di prevenzione del contagio.

Il presidente di Anci nazionale Decaro ha parlato di un patto tra Stato e cittadini

Siamo una democrazia, che regge finché tutti sono consapevoli del loro ruolo, dei loro doveri e dell’esercizio dei propri diritti. Il patto che ci tiene insieme, costituito da regole materiali (costituzione e leggi) e non materiali (usi ed abitudini), che sottintende la nostra vita d’insieme.

La pandemia mette in crisi questo patto, perché ci obbliga a cambiare usi e abitudini e, giocoforza, richiede misure straordinarie. Misure a cui non siamo abituati – di cui i Dpcm e le ordinanze rappresentano l’aspetto più eclatante -, anche alimentando una situazione di confusione per incomprensione o per oggettive difficoltà operative. Ne deriva anche una situazione di grave difficoltà economica per le famiglie e per le persone. In questa situazione non trovano approdi sufficienti nel welfare tradizionale e nelle misure eccezionali messe in campo.

Da qui deriva l’esigenza di un patto tra Stato e cittadini

Dobbiamo ricomporre la convivenza in un sistema di regole nuove e straordinarie, ricostruire la cittadinanza in un clima di rinnovata fiducia tra stato e cittadini, ridefinire ruoli e rapporti che tengano conto della situazione di assoluta straordinarietà.

Questo patto presuppone che lo stato si fidi dei cittadini e che questi trovino nello stato le risposte giuste per questa difficile traversata nel deserto del coronavirus: regole chiare e risposte puntuali ai bisogni.

Il futuro dello smart working, il lavoro agile, messo in atto anche da Anci Lazio

Una forma di lavoro che ha consentito ad uffici e aziende di poter continuare ad operare limitando i rischi di contagio. Secondo lei potrà dare a pandemia finita un impulso alla svolta della digitalizzazione degli uffici pubblici?

La digitalizzazione è ora un processo ineludibile: la serrata generale e la chiusura in casa per il rischio contagio ha stimolato fantasia e capacità organizzativa del nostro apparato amministrativo, che ha trovato in poco tempo le risposte per riorganizzare il lavoro in modalità diverse: dal telelavoro al lavoro agile; dalle videoconferenze ai seminari on line; dalle riunioni di Consiglio comunale in videoconferenza, alle discussioni in facebook.

Questa capacità ha messo però in evidenza alcune criticità, che vanno colmate al più presto: a) la debolezza dell’infrastruttura di rete per supportare tanto traffico (in molte località la banda larga è ancora una chimera); b) la scarsa dimestichezza di tanti impiegati con la strumentazione digitale, frutto anche di una inadeguata attività di formazione e di un ritardo culturale significativo; c) un’insufficiente diffusione delle apparecchiature digitali presso le nostre famiglie; d) la scarsa propensione dei cittadini a regolare il loro rapporto con l’amministrazione in maniera digitale.

Recovery fund e programmazione europea 2021-2028 (next-generation-eu) debbono costituire l’occasione per far uscire dalla minorità il nostro Paese in questo settore e mettere in campo investimenti strutturali e di formazione, che ci affranchino da queste criticità.

De Righi, arrivano nuovi limiti, come si preparano i sindaci a queste restrizioni?

I Sindaci sono sempre sulla breccia, sanno benissimo che devono trovare al loro interno la capacità di risposta: tutti i comuni hanno già riattivato i COC – comitati operativi comunali – per l’emergenza, cui i cittadini possono rivolgersi per informazioni e per aiuto; stanno mettendo in campo iniziative di coordinamento del volontariato per sostenere le situazioni più difficili. Questo è il loro compito e lo fanno con dedizione.

Però vogliono far sentire la propria voce allo stato e alla regione, perché non vogliono essere lasciati soli; meritano anzi la massima attenzione. Anci Lazio si fa carico di questa necessità, ma vuole trovare le autorità regionali e statali disposte ad ascoltare il grido di preoccupazione che emerge da ogni nostra comunità locale e di cui i sindaci sono i più autentici interpreti. Con la Regione Lazio siamo riusciti a stabilire una linea di contatto permanente, grazie anche all’impegno del Vicepresidente Leodori, che non ha mancato nessuna delle opportunità di ascolto dei sindaci, che finora abbiamo realizzato in videoconferenza.

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