Ancora un torto dell’UE all’Italia, in crisi il pomodoro italiano
L’Unione Europea sembra voler dare il colpo di grazia a quel che rimane del caro, vecchio Made in Italy ortofrutticolo
Olio tunisino, concentrato di pomodoro cinese, arance che arrivano da Marte. L’Unione Europea sembra voler dare il colpo di grazia a quel che rimane del caro, vecchio Made in Italy ortofrutticolo.
Dopo l’incremento esponenziale dell’olio tunisino che già invadeva i mercati italiani, delle arance siciliane che finivano a mare, ora è la volta del pomodoro. Quello che arriva dal Marocco, infatti, sta insidiando e non poco, una delle ultime eccellenze del mercato italiano. Ed è inutile stare qui a paragonare i costi di produzione del Paese africano con quelli che vengono sostenuti in Italia.
Fatto sta che, sono parole del ministro delle Politiche agricole Martina, “Formalizzeremo, con il ministero dello sviluppo economico, la nostra relazione tecnica che indica addirittura un calo del 50% delle vendite del pomodoro nostrano, quindi un grosso problema..”.
Martina si è impegnato anche in ambito europeo. “Ci aspettiamo, ha detto, che la Commissione europea reagisca rapidamente: abbiamo chiesto una differenziazione dei prezzi negli aiuti, per fare in modo che l’aiuto sia più aderente al caso specifico del pomodoro italiano”.
Nel frattempo, dopo il clamore suscitato dall’aumento delle importazioni di olio d’oliva tunisino, clamore che si è già spento insieme ai trattori degli agricoltori scesi in piazza disperati, la Coldiretti informa dell’aumento registrato delle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina che, nell’anno appena trascorso, ha superato il 680%, arrivando a toccare quasi 70 milioni di chilogrammi.
Olio e pomodoro, due degli ingredienti dei piatti più noti della dieta mediterranea come pasta e pizza. Etichette ben chiare sui prodotti che ne indichino la provenienza e le altre voci che possano garantirne quantomeno la paternità sono più che mai indispensabili per non cadere in tentazione o, peggio, in qualche tranello. E allora, occhio alla penna. Anzi, alla pizza.