Categorie: Cronaca

Andiamo in Kenya per portare aiuto e imparare ad accontentarci

Il nostro lettore Fabrizio di Colleferro (Roma), ci racconta l'avventura sua e della sua famiglia, un viaggio che ha fatto loro recuperare il valore di tanti momenti, il valore di tanti particolari, il valore delle cose importanti. Ecco il suo racconto:

"Sono Fabrizio Pieragostini e insieme a mia moglie Valentina Forte e le mie due bambine, Dalila e Desiree, abbiamo utilizzato il nostro periodo di vacanza per essere utili agli altri e siamo andati in Kenia. Abbiamo preparato i bagagli portando pochissime cose personali… mia moglie è stata impegnatissima durante la permanenza a lavare continuamente i pochi panni che avevamo con noi e abbiamo invece utilizzato la gran parte dello spazio del nostro bagaglio per trasportare invece più cose utili possibili prese dal mio negozio City Frog, perché andando in Kenia un anno fa, ci siamo accorti che dietro la facciata del turismo e di un’ economia che funziona, nell’entroterra delle città Keniane c’è una moltitudine di persone che vive nel disagio e manca di tutto. Anche per approvvigionarsi di acqua sono costretti a percorrere chilometri a piedi ogni giorno. Molti di loro lavorano all’aperto a contatto con la terra e si muovono con quasi nulla addosso, poco più che nudi. Allora, tornando a casa, abbiamo pensato di organizzarci per tornare a trovarli dopo aver raccolto il più possibile, ci siamo autotassati tutti e per l’intero anno, anche le bambine si sono tassate e hanno messo da parte i loro giocattoli.

Abbiamo coinvolto anche i nostri clienti che si sono aggiunti per acquistare a basso prezzo (noi abbiamo un negozio), vestiti, scarpe, indumenti e coperte e abbiamo portato tutto di persona perché ci sono molte organizzazioni solidali che operano in questo Paese, che fanno del bene e si occupano dei più disagiati, ma molte delle cose che arrivano qui finiscono al mercato perché il Governo locale che si occupa del trasporto, dice di sopportare dei costi alti anche per ricevere le donazioni e quindi appena arriva qualsiasi cosa viene rivenduta nei mercatinie e tutto finisce nelle bancarelle e così la povera gente anche se poco deve spendere per poterle acquistare e invece nel nostro picccolo, prendendo un’auto a noleggio, abbiamo pensato di fare noi il trasporto e la distribuzione, arrivando anche nei piccoli villaggi dell’entroterra. Mentre tutti ci dicevano di non andare, di non avventurarci all’interno e parlavano di pericoli inesistenti. Noi con l’aiuto di un ragazzo del posto conosciuto l’anno scorso sulla spiaggia e che ci ha fatto da guida, siamo arrivati ovunque e siamo sempre stati accolti con gioia e tranquillità, cosa che contraddistingue questo popolo, un popolo povero, umile ma sempre sorridente. Questo ci ha dato una grande forza, perché un po’ ero preoccupato, da padre mi sono spesso interrogato sui rischi che potevamo correre ma poi abbiamo avuto un’accoglienza straordinaria e anche una lezione… Questo umile popolo keniano ci ha insegnato ad accontentarci, a farci bastare anche il poco, una verità che noi occidentali abbiamo dimenticato".

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