Categorie: Opinioni

Anzio, flop manifestazione PRC, esiste ancora la sinistra? Pare di no

Rifondazione Comunista è scesa in piazza manifestando la propria solidarietà a Mimmo Lucano, accusato dalla Procura di Locri di irregolarità nella gestione degli immigrati ma anche nell’assolvere al suo ruolo istituzionale di sindaco di Riace e per il quale si vedrà se finirà tutto in una bolla di sapone oppure in una condanna, eppure nella piazza della città di Nerone non c’era nessuno, nessuno si è interessato dell’iniziativa del PRC di Anzio, risoltasi con una semplice raccolta firme e un gazebo, che ancora e con insistenza richiama vecchi metodi e sistemi di sensibilizzazione e partecipazione collettiva che, oggi, non hanno più motivo di essere e che vanno rivisti alla luce di una trasformazione radicale della società rispetto alla politica di partito e al suo modo di relazionarsi con essa.

In realtà lasciano riflettere le parole di Veltroni e la sua analisi di uomo di sinistra colto e intellettualmente apprezzabile quando sostiene che “la sinistra non ha colto la trasformazione della società. È stata forte quando la società era strutturata, organizzata per classi, con forti elementi unificanti. Nella società liquida la sinistra si è persa. Ha perso la sua capacità di essere se stessa, di rappresentare dentro il tempo della precarietà e della coriandolizzazione dell’esperienza umana il proprio punto di vista. Ha perso quel che la sinistra non può perdere: il rapporto con il popolo. Senza il popolo non esiste la sinistra”; la crisi della sinistra passa, pertanto, inevitabilmente attraverso il rapporto con il popolo e molto meno con le ideologie, melius con le idee, di questo momento storico a nulla servendo quelle esteriorizzazioni nostalgiche da sessantottini, magari messe in piazza da chi il ’68 non lo ha nemmeno vissuto.

Eppure la sinistra italiana, come la maggior parte di quella europea, è ormai sprofondata in una così profonda crisi causata dalla deviazione dai suoi contenuti storici; l’anticapitalismo, l’antimperialismo, la tutela dei diritti dei lavoratori e del welfare, la difesa delle classi più deboli e l’uguaglianza sociale sono, ormai, termini quasi del tutto vuoti e utilizzati soltanto quali simboli di appartenenza ad un mondo politico che, in realtà, non esiste più; vocaboli che, per chi li usa, sono ormai amuleti che dovrebbero evitare di essere attratti da quel mondo che solo teoricamente essi aborrano. Tuttavia ciò non basta a far sì che la sinistra sia “a pezzi, come tutta la sinistra europea. perché sono cambiate completamente le condizioni sociali. La base sociale della sinistra è franata. Dovunque. C' è un mutamento antropologico alla base delle sconfitte delle sinistre in tutto il mondo”; se a dirlo è Cacciari, accorto filosofo della sinistra ma anche severo e critico analista della debacle che la stessa vive da un pezzo, diventa difficile accusarlo di fascismo come, oggi, è facile ascoltare ogni qual volta si è dialetticamente in disaccordo con le esternazioni di chi si dice di sinistra; Cacciari ha, d’altra parte le idee chiare al riguardo se afferma che “ci sarà la volontà per questo nuovo inizio oppure si continuerà a blaterare di qualche strategia di trapassato welfare, oppure ci si limiterà a dire appunto che gli altri sono xenofobi, razzisti, incivili, barbari ecc. con grande gioia dei medesimi perché più si predica moralisticamente invano più gli si portano voti. L’avversario politico lo si attacca politicamente non in termini moralistici. Politicamente”.

La sinistra è passata dall’essere lo schieramento politico che per eccellenza tutelava le classi più deboli in opposizione agli interessi delle classi più agiate, al divenire la roccaforte degli intellettuali, nobili o alto-borghesi, con una metamorfosi integrale che ai ceti medio-bassi non è passata inosservata; “invece dovrebbe stare dove c’è più disagio, più povertà, più disperazione, più angoscia. La vera questione oggi è questa: come si interpreta il punto di vista della sinistra, che è sempre esistito? La sinistra non è nata con i parlamenti; è nata con la rivolta degli schiavi” come asserisce Veltroni, eppure è da un pezzo che, ormai, si erge a garante di un sistema basato sulla cessione di sovranità dei singoli Stati europei e governato da una commissione fatta di soggetti non eletti, ma nominati fra una ristrettissima élite di uomini di potere al soldo del sistema bancario mondiale.

In realtà la fine della sinistra comunista italiana inizia inesorabilmente nel 1956 quando ha iniziato a non esserci più una sola e unica risposta riguardo a fatti e accadimenti dell’epoca; Nenni e Togliatti ne hanno fornite due, di diversa impostazione e finalità, e mentre Togliatti confermava la scelta di campo già sostenuta un mese prima nei turbolenti giorni di Budapest: si sta con la propria parte, anche se quest’ultima sbaglia; Pietro Nenni, d’altro lato, prese subito le distanze dai fatti di ottobre e dall’invasione dell’Armata Rossa, che causarono non meno di 20 mila morti.  

Forse una analisi abbastanza pregnante benché succinta la fornisce Bertinotti il quale, avendo suscitato critiche per il suo avvicinamento a Comunione e Liberazione, ammette che “sì, la sinistra politica è morta. Come istanza di uguaglianza continua a vivere nella cultura e nel sociale. Il problema della politica è che, distrutte le ideologie, si è ritrovata depredata, priva di riferimenti. Il dialogo con chi ha una fede può essere la scintilla che ridà speranza. La fede è il problema di sapere dove andare; quindi, dobbiamo porci il tema della fede, del senso della vita umana rispetto a una meta”. 

Albert Camus, intellettuale, scrittore, partigiano francese e certamente non fascista, il cui merito è quello di aver sempre fornito critiche apartitiche in difesa di inviolabili principi di libertà, è stato in grado di descrivere e comprendere la tragicità di una delle epoche più tumultuose della storia contemporanea, quella che va dall’ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra e nelle sue parole riecheggia sempre il sentimento di un’umanità ferita che lotta storicamente contro ogni tipo di totalitarismo; egli definisce il regime comunista “un regime di terrore che ha il diritto di chiamarsi socialista come il boia dell'Inquisizione aveva il diritto di chiamarsi cristiano. Non dimentichiamo che mentre la società totalitaria, coi suoi stessi principi, obbliga l'amico a denunciare l'amico, la società dell'Occidente, nonostante i suoi errori, produce sempre quella razza di uomini che conservano l'onore di vivere, voglio dire la razza di coloro che tendono la mano allo stesso nemico per salvarlo dal dolore o dalla morte.”

A chi ha sarcasticamente criticato il dubbio che fosse meglio manifestare per le schiave nigeriane costrette a prostituirsi sulla Nettunense nella zona di Anzio piuttosto che per il sindaco di Riace per il quale, nonostante il suo pugno chiuso di comunista memoria, sarebbe il caso attendere l’evoluzione del percorso giudiziario, rispondiamo con le parole di Camus che racchiudono la condizione umana nel suo nucleo più essenziale, parole che hanno una valenza universale e fuori dal tempo.

Redazione

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