Qualche tempo fa abbiamo pubblicato un articolo in cui, ad Anzio, si elogiava la presenza del Museo dello sbarco e, avendolo visitato, se ne apprezzava la ricchezza, il pregio, il valore storico e umano; una realtà come poche in circolazione che, come auspicammo, avrebbe avuto bisogno di maggiore spazio, sia fisico presso i locali che lo accolgono e mentale presso l’amministrazione comunale e l’attuale sindaco De Angelis; ebbene, apprendiamo oggi che sempre il sindaco De Angelis si è fatto promotore di una iniziativa che, a quanto pare, ha avuto come effetto soltanto quello di mettere a rischio la presenza del museo dello sbarco e far perdere alla città di Nerone uno dei suoi elementi di pregio sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista turistico e culturale.
Bisogna precisare che l’artefice della nascita del museo e della sua cura costante è un cittadino di Anzio, Patrizio Colantuono, che nel corso degli anni ha dedicato tempo, risorse, sforzi per realizzare, con passione e dedizione, una realtà che è ben più di una semplice esposizione di semplici cimeli di guerra; è la testimonianza di quanto avvenuto e un omaggio a quanti hanno perso la loro vita sulle spiagge e sul territorio anziate nella seconda guerra mondiale. Nelle scorse settimane sembrerebbe che l’amministrazione comunale, promettendo nuovi e più ampi locali e un ruolo più definito di Colantuono, abbia previsto il rilascio degli spazi attualmente occupati dal museo dello sbarco; tutto normale se non fosse che, apparentemente, quelle promesse resterebbero tali e non rispettate mentre la realtà museale andrebbe spostata a Nettuno dove troverebbe una ben più ampia disponibilità organizzativa e una maggiore accoglienza da parte dei nettunesi che da anni contestano il vero luogo dello sbarco degli alleati durante l’ultimo conflitto mondiale.
Se questa notizia fosse vera, come appare probabile, Anzio perderebbe non solo un importante richiamo turistico e culturale ma, soprattutto, un pezzo della propria memoria storica che Colantuono, nel corso degli anni, ha saputo sapientemente conservare, custodire e rafforzare attraverso la creazione di una realtà che ben poche persone avrebbero saputo costruire. Al museo dello sbarco è attualmente riservata una piccola porzione della suggestiva cornice di Villa Adele, all’interno della quale trova ampio spazio anche il museo archeologico che ben poco, al contrario, sfrutta le proprie potenzialità nell’attrarre turismo soprattutto se si considera la presenza degli importanti resti archeologici nel territorio. Dalla villa imperiale, detta di Nerone, già presente in età repubblicana e successivamente residenza di numerosi imperatori, ai resti della villa di Cicerone, ai reperti del Parco archeologico del Vallo Volsco costituiscono una enorme risorsa che in altri contesti territoriali sarebbe sfruttata economicamente, turisticamente, culturalmente ma che, ad Anzio, sembra non interessare nessuno, né l’amministrazione comunale, oggetto di servizi giornalistici da parte anche di Striscia la Notizia, né tantomeno gli addetti ai lavori.
È questa la triste realtà di un centro che, nel corso degli anni, vede diminuire le presenze in ambito turistico e non sa o non vuole reagire sfruttando le sue risorse più preziose che non sono rappresentate soltanto dal mare e dalle spiagge ma anche dalla sua storia millenaria, dai resti che di essa ancora permangono, da reperti e da tutto ciò che costituisce la sua tradizione e le sue origini; e a nulla servono le espressioni di uno sterile campanilismo o di una difesa a priori di questa o quella amministrazione se i fatti vanno chiaramente in direzione opposta.
Anzio merita ben altro per ciò che è stata e per ciò che potrebbe essere; speriamo che almeno il museo dello sbarco riceva l’attenzione e l’appoggio che merita prima che abbandoni Anzio definitivamente.
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