Arriva bozza del DPCM. Nuove regole sullo smart working dei dipendenti pubblici
Durante l’emergenza sanitaria un milione e 836mila dipendenti pubblici hanno lavorato da casa
Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta aveva espresso la volontà di un ritorno al lavoro in presenza a margine del forum Ambrosetti di Cernobbio. In quell’occasione aveva detto che lo smart working sarebbe dovuto restare fruibile solo per il 15 per cento dei dipendenti pubblici. Molti economisti avevano accolto le sue preoccupazioni, e un nuovo DPCM che regolamentasse il lavoro agile si attendeva da giorni.
“Smart working all’italiana”
Poco regolamentato e tutt’altro che “smart”, le preoccupazioni sul lavoro a domicilio del settore pubblico recentemente sollevate dal ministro, facevano leva sui limiti dello smart working, indicando il maggiore ostacolo nella mancata programmazione del lavoro agile, così come nell’assenza di obiettivi e di strumenti. “Chi è lavoratore agile – aveva spiegato – non ha un contratto specifico, né tantomeno obiettivi o tecnologie. Un lavoro a domicilio all’italiana” lo aveva definito
A ben vedere infatti, quello che abbiamo attuato durante i mesi di pandemia, non sarebbe smart working a tutti gli effetti: si tratta invece di telelavoro, dunque un lavoro fatto da casa, seguendo esattamente i medesimi orari che si farebbero in ufficio – e con una postazione simile. Lo smart working vero e proprio, in realtà, prevede molta più flessibilità e molti meno vincoli: si può lavorare dove e quando si vuole: contano soltanto gli obiettivi stabiliti.
Ora è arrivata la nuova bozza DPCM che regola il lavoro agile dei dipendenti della pubblica amministrazione. Coloro interessati allo smart working dovranno provvedere alla stipulazione di un apposito contratto scritto che preveda la durata dell’accordo, le modalità di svolgimento della prestazione fuori dalla sede abituale, con indicazione delle giornate di lavoro da svolgere in sede e quelle da svolgere a distanza.
Un lavoro agile maggiormente regolamentato
È quanto si legge nella bozza dell’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) giunta ai sindacati, secondo la quale dovranno essere indicate nell’accordo anche “le modalità di recesso, le fasce di operabilità, di contattabilità e di inoperabilità, i tempi di riposo e le modalità di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro”. Il prossimo incontro è atteso per il 22 settembre.
Controlli a distanza
L’accordo individuale per il lavoro agile tra pubblica amministrazione e lavoratore dovrà inoltre contenere “le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali dell’amministrazione, nel rispetto dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori”.
Il controllo a distanza potrà essere effettuato esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e previo accordo collettivo. Nelle giornate di lavoro agile, inoltre, non potranno svolgersi straordinari, trasferte, né lavoro disagiato. Per sopravvenute esigenze di servizio il lavoratore può essere richiamato in sede, ma la comunicazione dovrà arrivare almeno un giorno prima la presenza richiesta.
Allineamento alla nuova modalità
Per accompagnare il percorso di introduzione e consolidamento del lavoro agile saranno previste anche “specifiche attività formative” che perseguiranno l’obiettivo di addestrare il personale all’utilizzo delle piattaforme di comunicazione e all’utilizzo degli strumenti previsti per operare in modalità smart. L’amministrazione dovrà anche diffondere modelli organizzativi che rafforzino il lavoro in autonomia, l’empowerment, la delega decisionale, la collaborazione e la condivisione delle informazioni.