Riceviamo e Pubblichiamo:
5 Motivi per votare NO alla Referendum sulla riforma Costituzionale del 4 Dicembre.
Il primo quesito referendario riguarda “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario”. Superare il bicameralismo significa che entrambe le camere non votano più la fiducia al governo come accade oggi e quindi sarà la sola Camera dei deputati che darà la fiducia al governo come accadeva con lo Statuto Albertino del 1848, che poi, nel 1861, venne esteso a tutta Italia. La soluzione di avere una sola camera che approva le leggi più velocemente, non affronta il problema dell'efficienza che queste devono avere e soprattutto il fatto del rispetto delle stesse, che spesso vengono aggirate dalla stessa pubblica amministrazione per gli interessi particolari o per clientelismo elettorale.
Il secondo quesito riguarda la riduzione del numero dei parlamentari: i senatori saranno ridotti da 315 a 100, di cui 5 saranno scelti dal Presidente della Repubblica e avranno un mandato di massimo 7 anni, non rinnovabile. Dunque 100 senatori di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. La riforma non elimina il Senato ma lo trasforma in rappresentanza delle istituzioni territoriali, dando loro, entro certi limiti, la competenza legislativa e anche un'autorità di revisione costituzionale ed il quesito referendario nasconde il tentativo già riuscito con la città metropolitana di avere la “democrazia indiretta rappresentativa”, ossia una casta che si autoelegge togliendo il diritto dei cittadini a scegliere ed eleggere i propri senatori.
Il terzo e quarto quesito riguardano “Il contenimento dei costi del funzionamento delle istituzioni” e la soppressione del CNEL. Con la riduzione del numero dei senatori si vuole far credere che si ridurranno i costi della politica, secondo il governo la cifra si aggira intorno ai 500 milioni di euro, ma un documento della Ragioneria dello Stato certifica che il risparmio sarà meno di 49 milioni di euro all’anno. Di occasioni per ridurre i costi della politica ce ne sono state tante, come ad esempio l'emendamento alla riforma costituzionale proposto nel gennaio 2015 dal deputato Andrea Mazziotti che è stato bocciato alla Camera, avrebbe consentito un risparmio di 230 milioni di euro l’anno, altri 87 milioni di euro si sarebbero risparmiati se il Pd avesse votato il disegno di legge Roberta Lombardi di qualche giorno fa (26 ottobre) per il dimezzamento degli stipendi dei deputati, tra i più alti di tutta Europa. Nel novembre 2014 era stato bocciato il disegno di legge Meloni sulle pensioni d’oro e nel novembre 2015 era stata bocciata la proposte del presidente Inps Tito Boeri sui tagli alle pensioni d'oro. Per cui è possibile che dopo tanti dinieghi su diverse valide proposte, ultimo di pochi giorni fa, si vuole davvero ridurre le spese? Il quesito referendario sarebbe stato utile se dava la possibilità al popolo sovrano, tramite referendum, la possibilità di votare per far sparire realmente i privilegi e le pensioni d'oro visto che gravano sulle tasche dei cittadini.
Il quinto quesito riguarda la “Revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”. Nel 2001 la coalizione del centrosinistra aveva già riformato il Titolo V della Costituzione, tale riforma è stata approvata in Parlamento e confermato nel referendum con una scarsa partecipazione popolare poiché si recò alle urne solo il 34% degli elettori. Il centrosinistra, dopo l’errore del 2001 ha sempre sostenuto che non avrebbe ripetuto questo precedente negativo che vide l'approvazione unilaterale. Invece oggi il centro-sinistra di Renzi ha scritto la riforma con i voti del governo sotto lo slogan “abbiamo i numeri”, piuttosto che puntare ad un vero consenso democratico tra le forze politiche, poiché le regole del gioco si devono cambiare insieme, maggioranza e minoranza. Il governo di centro-sinistra versione 2016 modifica di nuovo il titolo V della Costituzione che consegna la potestà delle leggi all’«UnioneEuropea» un significato nuovo e ben più potente rispetto al precedente che invece era un mero richiamo all’obbligatorietà delle norme CE.
L’ UE sta aumentando notevolmente i suoi poteri, stabilisce il livello del deficit, dirige la programmazione economico-finanziaria, decide in materia di difesa dei confini, impone modifiche al diritto penale, al diritto del lavoro,sulla moneta, alla flessibilità, ai salari, al commercio internazionale e nazionale, quindi è chiaro che con questo quesito referendario si demolisce per sempre la sovranità nazionale. Questa riforma costituzionale è incostituzionale?
L’attuale maggioranza parlamentare non corrisponde alla maggioranza dei voti espressi dai cittadini, perché è stata “alterata” dal premio di maggioranza, la coalizione di centro-sinistra alle elezioni del 2013 prese il 29.54% dei voti, trasformati dalla legge elettorale "Porcellum", dichiarata incostituzionale con Sentenza della Corte Costituzionale N. 1 del 13 Gennaio 2014, in una fittizia maggioranza assoluta del parlamento, e dunque persiste il dubbio se un parlamento fondato su una legge dichiarata incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale, possa legittimamente fare riforme costituzionali.
La vittoria del No toglierebbe qualsiasi dubbio sulla legittimità dell’attuale Parlamento a modificare la seconda parte della Costituzione, una vittoria del Si non garantirebbe la tenuta della riforma al vaglio della Consulta, e solo la Corte costituzionale è autorizzata a pronunciarsi in merito alla riforma costituzionale. Se dovesse passare questa riforma, sarà molto più semplice e veloce per il partito-governo-maggioranza parlamentare (minoranza nel Paese) incidere con leggi ordinarie, con regolamenti, anche sulla prima parte della Costituzione: sulla scuola, sul lavoro, sulla salute, sull’informazione, sull'ambiente, sulla previdenza… sullo Stato sociale.
Il 4 Dicembre Vota NO alle imposizioni.
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