Categorie: Cronaca

Artena, Piana Civita torna a far parlare di sé

Correva l’anno 1978 quando l’archeologo belga Roger Lambrechts scopriva il sito archeologico conosciuto come Piana Civita e di cui tutt’ora si sa poco e niente. Come dovrà rivoltarsi nella tomba il povero Lambrechts, vedendo quello che è stato delle sue fatiche e dei suoi soldi! Di articoli sull’abbandono e sul degrado di Piana Civita ne sono stati fatti a bizzeffe, spesso con la speranza che sarebbero serviti a smuovere qualcuno, a partire dai cittadini incuranti che lasciano come se niente fosse i loro rifiuti, o i loro attrezzi da lavoro, su quello che è, o dovrebbe essere, un luogo ricco di storia e tradizione.

A maggior ragione oggi questi articoli acquistano più importanza, dopo l’insediamento della nuova Amministrazione, dopo i fatidici 100 giorni e dopo le tante belle parole e i bei progetti fatti in questo periodo. Parliamo ad esempio del progetto City App, presentato il 14 giugno di quest’anno: un’idea avvenieristica che avrebbe fatto di Artena, con quanto può offrire, un’ambita meta turistica. Benissimo; allora immaginiamo che un turista americano, magari con tanti soldi e appassionato di archeologia, decida di visitare il nostro paese e che, grazie a questa fantastica applicazione, sappia anche che esiste Piana Civita e decida di recarvisi. Che bella sorpresa avrà quando, giunto in cima, si troverà di fronte a… niente. Vedrà solo un bel panorama, punteggiato qua e là di campi coltivati da contadini infaticabili e qualche pecora che pascola allegramente. Spostando ancora lo sguardo noterà che qualcuno ha lasciato degli attrezzi da lavoro sparsi sull’erba, ad esempio un frangizolle,  facendo ben attenzione a dove mette i piedi per evitare di calpestare rifiuti di vario genere. Sicuramente, una volta tornato a casa, farà una gran bella pubblicità ad Artena e a tutte le belle cose che ha visto lì.

Ma andiamo avanti: qualche giorno fa, tramite la segnalazione di un cittadino, è arrivata la notizia che qualcuno, non si sa bene chi, aveva dato inizio a degli scavi nella zona sottostante il polo archeologico,  prima che la zona stessa fosse posta sotto sequestro dalla forestale di Segni. Ora un bel nastro bianco e rosso divide la strada dalla terra smossa da poco su cui campeggiano ancora delle macchine escavatrici. Chi ha dato inizio allo scavo? Gli archeologi, come dice qualcuno? O qualche privato, per un non ben identificato motivo? Ma non è tutto: evidentemente, dopo i primi scavi la terra aveva iniziato a franare, rischiando di bloccare completamente la strada; quindi persone previdenti hanno pensato bene di togliere grossi massi dalla montagna per metterli, come sostegni, lungo il bordo della strada… Con il risultato che quegli stessi massi, lungi dal servire da protezione, costituiscono invece un pericolo ancora maggiore in caso di forti piogge perché potrebbero scivolare giù, travolgendo quello che incontrano sul loro cammino.

Di parole su questo argomento ne sono state sprecate tante e probabilmente molte altre voci si aggiungeranno inutilmente al coro, sempre nell’attesa che qualcuno si decida a passare ai fatti oltre che a darsi bei propositi per il futuro. 

Miriam Gualandi

Giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne. Si occupa di cronaca e politica ma se serve ama definirsi "multitasking". Fa tante domande, probabilmente ha scelto questo mestiere per avere la scusa per farne a chiunque.

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