IL FERMO – Era il 4 aprile e dei 4 giornalisti italiani inviati in Siria, Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabbous, si erano perse tutte le tracce nel nord della regione.
Poi la notizia del ‘fermo’ da parte del gruppo islamico anti-Assad Jabhat Al Nusra.
Erano giunti in terra siriana il 2 aprile per raccogliere materiale informativo per il reportage ‘Silenzio si muore’, in collaborazione con il programma Rai ‘La Storia siamo noi’.
LA LIBERAZIONE – Ieri sera il lieto fine. L’inviato della Rai Amedeo Ricucci, il fotoreporter Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la giornalista freelance italo-siriana Susan Dabbous sono atterrati ieri sera all’aeroporto di Ciampino alle ore 22.
Ad accoglierli, c’erano i familiari, il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Michele Valensise, alcuni funzionari dell’Unità di crisi della Farnesina e il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi.
Le operazioni internazionali si sono svolte con massimo riserbo, per facilitare il lavoro dell’Unità di Crisi e non compromettere l’incolumità dei 4 giornalisti.
La notizia dell'avvenuta liberazione è stata poi diffusa da Mario Monti, premier e ministro degli Esteri ad interim.
LE DICHIARAZIONI – “Eravamo in mano a un gruppo islamista armato che non fa parte dell’Esercito libero siriano – ha dichiarato Ricucci – Si è trattato di un malinteso. Stiamo bene, ma ovviamente la privazione della libertà è una tortura psicologica”.
“All’inizio ci hanno presi per spie”, ha precisato l’inviato della Rai. “Ci trovavamo in una località originariamente cristiana e stavamo filmando una chiesa. Ma i miliziani hanno creduto che stessimo riprendendo una loro base logistica. Volevano controllare quello che avevamo girato e per far questo ci hanno messo un sacco di tempo. I sequestratori ci hanno tenuti in posti diversi, non proprio prigioni sotto certi aspetti, per altri sì. Ma nonostante tutto ci hanno trattato bene, direi con i guanti bianchi”.
Anche Susan Dabbous, al momento dell’atterraggio ha raccontato la vicenda vissuta. “Siamo dei miracolati. Siamo stati trattati bene, certo non ci hanno mai aggredito e non siamo stati mai picchiati. Tuttavia essere trattenuti senza sapere fino a quando è stato angosciante, non è stato affatto facile dal punto di vista psicologico, a poco a poco si è trasformato in un incubo. Insomma sono stati dieci giorni estremamente duri”.
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