L’Emerson, uno dei grandi quartetti della nostra epoca, in musiche di Beethoven, Dvorak e Bartok, diversissime ma accomunate dai riferimenti alla musica popolare
Martedì 19 novembre 2019 alle 20.30 per la stagione della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti torna nell’Aula Magna della Sapienza torna a Roma il Quartetto Emerson, uno degli ensemble da camera di maggior prestigio degli ultimi decenni, vincitore di nove Grammy, di tre Gramophone Awards, del Richard J. Bogomolny National Service Award (la più alta onorificenza statunitense nell’ambito della musica da camera) e del Premio Avery Fisher, nonché premiato come “Ensemble of the Year” da Musical America e insignito di vari riconoscimenti internazionali.
Nel 2016 la Universal ha dedicato all’Emerson per il 40° anniversario un box di ben 52 CD con tutte le sue registrazioni effettuate per una delle case discografiche più prestigiose in ambito classico, la Deutsche Grammophon.
Formatosi a New York, l’Emerson è quartetto in residence dello Smithsonian Institution di Washington D.C. e i suoi quattro componenti insegnano alla Stony Brook University: è dunque l’espressione della raffinata cultura delle più prestigiose istituzioni e università della east coast americana.
I membri del quartetto sono i violinisti Eugene Drucker e Philip Setzer, il violista Lawrence Dutton e il violoncellista Paul Watkins, subentrato nel 2013. Un loro tratto distintivo è che i due violinisti si alternano nella parte di primo e secondo violino.
Di Antonin Dvorak il Quartetto n. 12 op. 96 “Americano”: è il più bello e più noto dei quartetti del compositore ceco ed ha una stretta relazione col paese da cui proviene l’Emerson, dato che fu scritto in America negli anni in cui Dvorak dirigeva il Conservatorio di New York.
Il compositore amava moltissimo la musica popolare, non solo quella della sua terra ma tutta la musica popolare, però qui non cita letteralmente temi tradizionalii americani ma piuttosto evoca alcune caratteristiche di quella musica o – per meglio dire – di quelle musiche, quella degli immigrati europei, quella degli afroamericani e quella dei nativi.
Anche l’ungherese Bela Bartok era un attento studioso della musica popolare, ma nel suo Quartetto n. 5 del 1934 i riferimenti al folclore, seppure presenti, passano in secondo ordine rispetto alle, sonorità taglienti e alle furiose ebbrezze ritmiche di questo brano del periodo dell’espressionismo.
Infine di Ludwig van Beethoven il Quartetto op. 59 n. 2, che fa parte dei tre dedicati al conte Rasumowsky, ambasciatore di Russia a Vienna e grande appassionato del quartetto, al punto da fondarne uno egli stesso, in cui suonava la parte del secondo violino.
Nel 1806 commissionò tre Quartetti a Beethoven, ponendo come condizione che usasse alcuni temi popolari russi: dunque pure qui c’è un aggancio con la musica popolare, con la citazione di una famosa melodia russa nel terzo movimento.
Contemporaneo della Sinfonia “Eroica” e della Sonata “Appassionata”, questo Quartetto si collega a quei due capolavori per l’ampiezza e l’audacia della forma, per i toni appassionati, per la continua tensione drammatica, appena interrotta da brevi oasi contemplative.
Ufficio Stampa dell'Istituzione Universitaria dei Concerti:
Mauro Mariani
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