Cronaca

Bullismo nelle scuole. Chi comanda qui?

In Italia non esiste una legge specifica per il Bullismo. Abbiamo però diverse leggi del codice penale , del codice civile  e della Costituzione che puniscono i comportamenti dei bulli. 

Perché la situazione in Italia è ancora più grave di quanto questa sequenza di titoli dimostra?:

I genitori di un dodicenne hanno denunciato la scuola media Adolfo Viola di Ciriè (Torino) per episodi di bullismo contro il figlio ad opera di alcuni compagni di scuola. Che lo hanno scaraventato a terra e preso a calci.  

Provocandosi diverse fratture, una  12 enne di Pordenone tenta il suicidio. A torturare la ragazzina a scuola con battute pesanti, offese e ”inviti” al suicidio era soprattutto un compagno ripetente che la torturava psicologicamente: “Ti devi uccidere… Dovrei ucciderti io, ma poi passo i guai. Quindi è meglio se ti ammazzi tu!“, le ripeteva ogni giorno. 

Rho (Milano). Studentessa di 14 anni salvata grazie all’allarme lanciato dall’amica con cui stava chattando, i carabinieri  hanno trovato i genitori in casa, che non si erano accorti di nulla, mentre la ragazzina  chiusa in camera da letto e si stava procurando dei tagli ai polsi e alle caviglie. 

Facevano filmati e foto pubblicate su facebook mentre veniva chiuso nei bidoni dell’immondizia, costretto a indossare sacchi di plastica, umiliato e denigrato davanti a tutti, insultato al lavoro e in strada. Stanco per tutto questo, il 26enne Andrea Natali di Borgo D’Ale si è suicidato impiccandosi. 

Si uccise buttandosi dalla finestra. ”Con la gente ho già avuto troppa pazienza, non voglio più perdere tempo. Non posso sopportare tutto questo”. Carolina Picchio, la 14enne di Novara  non riusciva più a sopportare gli insulti sul web, l’umiliazione di essere oggetto di quel vergognoso video in cui si vedeva ubriaca, che continuava a essere condiviso sui social network. 

A Napoli hanno immobilizzato in tre un ragazzino di 14 anni solo perché un po’ grassottello e gli hanno infilato un compressore d’aria nel retto. Il violentissimo getto d’aria gli ha lacerato le viscere, causandogli lesioni multiple al colon.  Per i  tre bulli di 24 anni è scattata la denuncia per tentato omicidio. 

Ad  Ancona, una ragazza poco più di una bambina di soli 13 anni,  ricattata e tenuta in ostaggio del suo amico del cuore con dei filmati, si è trovata vittima di molestie continue, palpeggiamenti pesanti, avance oscene da una decina di ragazzi, tutti minorenni, tra i 14 ed i 17 anni. I ragazzi  che le usavano violenza  la filmavano con i vari telefonini, divulgando in rete le violenze.   

Ma quante sono realmente le vittime del bullismo? La verità è che non lo sappiamo! Quello che abbiamo sono alcuni dati  che emergono dal Rapporto italiano dello “Studio Multi-Paese sui drivers della violenza all’infanzia”, pubblicata nel 2016,  condotto da un team di ricercatori dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, sotto la supervisione dell’Unicef Office Research e dell’Università di Edimburgo, di cui  il 20% degli adolescenti in Italia è vittima di bullismo fuori e dentro il contesto scolastico, mentre nell’ultimo anno il 50% ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze (Istat, 2014), il 47% dei minori presi in carico dai servizi ha subito forme di trascuratezza materiale o affettiva (Cismai, Terres des hommes, 2015), il 10,6% delle donne ha subito abusi sessuali prima dei 16 anni e lo 0,8% è stata vittima di forme di abuso sessuale gravi come lo stupro (Istat, 2015). 

Per renderci conto di cosa stiamo parlando, per  bullismo si intendono quelle attività violente da  parte di chi, con cattiveria,  si diverte a bersagliare delle vittime prescelte, persone deboli  ( anche disabili), incapaci di difendersi da piccoli gruppi di persone nascondendo e confondendo la vigliaccheria  con la prepotenza collettiva. Al di là di quello che comunemente si pensa del fenomeno bullismo non significa solamente atti di violenza fisica, ma anche l’ironia cattiva sugli aspetti fisici, come è considerato bullismo anche  il rifiuto di inserimento  nel proprio gruppo dei pari.  Viene identificato come  bullismo quando un atteggiamento vessatorio, fisico o psicologico, viene ripetuto nel tempo.  

 

Attaccare e minacciare un coetaneo con un coltello o altri oggetti pericolosi, fare minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, commettere furti di oggetti, compiere molestie o abusi sessuali, sono invece condotte che rientrano nella categoria dei comportamenti antisociali e devianti e non sono definibili come “bullismo” ma costituiscono un vero e proprio reato.  Nei fatti del 2003, il tribunale di Milano dispose sotto sequestro conservativo, per un vero e proprio risarcimento dei danni causati dalla violenza di gruppo di 5 ragazzi minorenni , appartamenti e qualunque altro bene dei genitori dei figli sotto processo a favore della ragazza , allora 14enne, che non è più riuscita ad andare a scuola.  

Secondo il Tribunale di Milano, tra gli obblighi di cura dei propri figli, “i genitori devono farsi carico di una “strategia dell’attenzione” che comprenda anche un’ “educazione sentimentale” degli adolescenti, favorendo “la crescita “sociale” dei ragazzi” nell’insegnare loro “le modalità relazionali anche con l’altro sesso”: se dunque i figli di 15 e 16 anni  hanno tormentato sessualmente per più di un anno  una compagna di giochi di 11 anni, e i loro padri e madri, non solo non offrono alcun risarcimento ma anzi “tendono a negare la gravità dei fatti commessi dai figli” sino persino a “individuare la causa nel comportamento della ragazzina” sono proprio i genitori ad essere chiamati, sotto a risarcire la vittima e i suoi parenti. 

Sappiamo perfettamente che i  bulli sono sempre esistiti e  che difficilmente riscuotevano quell’approvazione e  ammirazione che riescono ad  ottenere rispetto all’elevato gradimento di questo nostro tempo. Con l’evoluzione e l’uso della tecnologia, oggi, filmano le umiliazioni, le violenze,  facendo in modo che le loro azioni siano conosciute e applaudite anche da coloro che non erano presenti e tra coloro che passivamente assistono divertiti, qualcuno arriva a pubblicare sul web o le invia, tramite cellulare, a compagni ed amici.  

Bisogna ricordare che l’atto di per sé costituisce reato ed oltre al Codice penale, anche il Codice civile prevede la responsabilità e l’obbligo di risarcire i danni causati dai bulli e nel caso in cui il danno è causato da minorenni, sempre secondo la legge italiana , chi paga è direttamente la famiglia del minore.  I comportamenti legati al bullismo violano alcuni principi fondamentali della costituzione Italiana che assegna allo Stato il compito di promuovere e favorire il pieno sviluppo della persona umana.  

Forse non tutti sanno che i  reati  che possono configurarsi sono riconducibili a: 

Percosse 

Lesioni 

Ingiuria 

Molestia 

Minaccia 

Atti persecutori – Stalking 

Sostituzione di persona 

Nelle Responsabilità previste dalla legge si identifica: 

Culpa del Bullo Minorenne. Trova applicazione l’art. 2046 del c.c. che sancisce in tema di “Imputabilità del fatto dannoso” che: “Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa”. 

Culpa in vigilando dei genitori. Si applica l’articolo 2048 del codice civile, primo comma, che recita: “Il padre e  la madre, o il tutore  sono  responsabili del danno cagionato dal  fatto  illecito dei  figli  minori non  emancipati o delle  persone  soggette  alla  tutela  che  abitano  con  essi.”  

Culpa in vigilando ed in educando della scuola. L’insegnante può essere punito, “quando omette o ritarda di denunciare all’Autorità Giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni “ (art. 361 del c.p.).  Tale responsabilità trova fondamento anche nell’articolo 29 della Costituzione italiana.

Con  la legge del 29 maggio 2017, n’ 71 , la camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica approva la legge per contrastare il fenomeno del cyberbullismo, ossia: «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo». Accade però che se chi commette il reato è un minorenne, dai 14 ai 18 anni, la legge applica, sul responsabile, una misura di dissuasione ,simile a quella già prevista nella legge anti-stalking, senza far scattare alcun processo. Una sorta di cartellino giallo. Il fenomeno si manifesta su Internet, principalmente sui social network, e colpisce un numero sempre maggiore di giovani, anche perché i cyberbulli si nascondono spesso dietro identità false. Da non sottovalutare anche i casi di cyberbullismo via sms, mms e messaggi di derisione inviati tramite app. 

Le drammatiche vicende del bullismo, sono molto simili al fenomeno del nonnismo ai tempi della leva militare obbligatoria, di cui  personalmente ne ho piena memoria, giovani militari  che venivano picchiati, derubati, costretti a pratiche umilianti e pericolose, lasciati nudi al freddo, obbligati ad arrampicarsi senza protezione o gettati in vasche d’acqua in pieno inverno, hanno costretto le autorità militari ad intervenire con la Circolare 24 marzo del 1999. Accanto ai reati originati da episodi di nonnismo, la procura generale di La Spezia in quegli anni ha perseguito 152 reati contro l’ amministrazione militare. Il procuratore Giovanni Ballo parlava di “fenomeno difficile da estirpare”, di “grande severità” della procura e spiegando come nelle caserme accade di tutto. Si va da episodi gravi, rubricati come casi di sequestro di persona (art. 605 del codice penale), a fatti meno eclatanti, legati alla pratica dei gavettoni e delle flessioni,  perseguiti come violenza privata ( art. 610 del codice penale)”.           

Sappiamo perfettamente che il bullismo costituisce uno dei i tanti problemi, che  scuola e società, tutti i giorni,  affrontano per le numerose vittime e le morti prodotte. Evidentemente le vittime  non hanno raggiunto ancora la dovuta drammaticità , come fu per il nonnismo, per  costringere il Governo centrale e le Regioni a prendere sul serio il fenomeno attuale . Ricordiamo a tal proposito che il  Ministero della Pubblica Istruzione prendendo sul serio la questione, emanò una normativa apposita, la N. 16 del 5 febbraio 2007,  un numero verde per denunciare gli abusi, un portale su Internet, Osservatori Regionali Permanenti ed  iniziative per sensibilizzare i genitori. 

Grazie all’attenzione dedicata agli atti di bullismo, oggi sappiamo che  il fenomeno è capace di  cambiare  forma,  si evolve con l’età colpendo qualunque vittima  rientri nella categoria dei “soggetti deboli” e nessuna spiegazione di come si sia arrivati ad atti di violenza così cruenti.  

Il riferimento è ovviamente ai recenti  fatti di Lucca ma anche  a tutti quei ragazzi che hanno deciso di interrompere le loro vite proprio a causa di questo malessere sociale, spesso sinonimo di disagio relazionale,  che si manifesta  sempre di più in età precoce. Ricordiamo i fatti del 2015  quando il  Preside del  liceo scientifico Giuseppe Peano  nel cunese che,   venuto  a conoscenza di un episodio di grave  violenza e  sopraffazione di un gruppo di liceali in gita scolastica nei confronti di un loro compagno inerme, ha applicato il regolamento disciplinare applicando un 4 in condotta e la sospensione per i 14 responsabili.  

Aveva 17 anni quando Émilie, distrutta dalle vessazioni dei compagni di scuola,  si è tolta la vita.  Il giornale francese  La Voix du Nord  ha pubblicato il suo diario, dove la ragazza ha trascritto gli episodi di bullismo di cui è stata vittima a Lille, la cittadina dove viveva.  

Ho fatto molte telefonate a dirigenti scolastici e professionisti del settore. Nel primo caso nessuno ne vuole parlare e/o nega che il fenomeno sia presente nel proprio istituto. Nel secondo caso, i professionisti mi dicono che da loro arrivano bambini e ragazzi  di entrambe i sessi, vittime del bullismo ( e non sono poche) ma nessun bullo in psicoterapia. 

Viene fuori che il fenomeno non esiste. A dichiararlo è la responsabile dell’ufficio dell’unità scolastica regionale del  Lazio e  per i bisogni educativi speciali , con la quale ci siamo incontrati in uno degli eventi di sensibilizzazione in uno degli Istituti Comprensivi del Viterbese. A chiunque ho chiesto informazioni, mi risponde che non ci sono dati epidemiologici per poter dire quanto sia effettivamente allargato il fenomeno se non quando le notizie vengono apprese dai media o visionate sui social. Altresì la Polizia Postale, sempre negli incontri di sensibilizzazione  nelle scuole, sostiene che quanto sappiamo e percepiamo del fenomeno del bullismo, corrisponde al 10% del problema reale. Parlando invece con un Assessore Regionale alla cultura, del Parlamento Siciliano, viene fuori che in assessorato non è mai arrivata alcuna notizia di bullismo ,sul territorio Siciliano, negli ultimi 5 anni. Sempre in Sicilia, gli insegnanti con i quali ho parlato e che operano nelle scuole, sostengono di essere costantemente minacciati dagli alunni.  

Ho intervistato anche con alcuni genitori di figli bullizzati che hanno dovuto affrontare un processo per essere intervenuti mentre tutti gli altri rimanevano a guardare o si giravano dall’altra parte. La storia coinvolge un bambino di 8 anni al quale, per non farlo giocare a pallone, perché lo definivano una pippa, al  campetto  comunale, gli hanno tolto le scarpe e gliele hanno rotte. Quei genitori, seppur presenti,  invece di svolgere il loro ruolo educativo, hanno denunciato l’unico genitore intervenuto. Al racconto dei fatti, il giudice consigliò, ai querelanti,  di ritirare la denuncia e tutto finì li.  Cosa sarebbe successo, al bambino,  se il genitore avesse ignorato anche lui la vicenda quando tutti si giravano dall’altra parte?  Un’altra storia riguarda un alunno di una delle scuole elementari del Lazio, con l’aggravante  di una grave disabilità, dove i suoi  compagni di classe si sono divertiti a rinchiuderlo nel bagno. Anche in questo caso nessuna denuncia. Tutto è stato gestito, dal dirigente scolastico, per evitare che la storia venisse a galla.  È necessario però  tener presente che gli episodi di violenza e di bullismo non si verificano solo a scuola, ma avvengono anche  nei parchi  pubblici dove i bambini si ritrovano a giocare, negli ambienti sportivi frequentati nel dopo scuola.  In ognuna di queste situazioni resta  ferma la responsabilità dei genitori ad intervenire in educando,  qualora venissero a conoscenza di episodi di prevaricazione. Genitori che, troppo spesso, sono occupati nell’uso dei social e troppo poco attenti al mondo che li circonda. Lo scopo di questo articolo, oltre ad informare sui pericoli e i rischi per la vittima e il carnefice, vuole far comprendere le responsabilità delle famiglie che da tempo hanno perso il senso del proprio ruiolo educativo e alla politica i rischi che si stanno correndo per essere tra coloro che si stanno girando dall’altra parte.

Debole con i forti, prepotente  con i deboli: questo è il bullo al quale è stato permesso di dominare la società non più civile.  

La domanda è sempre la stessa: Chi comanda qui? Se è vero che Costituzione Italiana assegna allo Stato il compito di promuovere e favorire il pieno sviluppo della persona umana, per favore, lo Stato risponda, dicendoci quali sono gli strumenti ed i metodi educativi che non possono solo essere quelli della punizione e della deprivazione… dimostrando che lo Stato c’è , esattamente come si pretende dalle famiglie!

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Redazione

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