Buoni solo i voti di protesta
di Francesco Vergovich
Domenica 24, primo giorno di voto, è mattina ore 10, vado a prendere il giornale nell’edicola della piazza centrale. Alle spalle dell’edicola un ospedale, tutto intorno ci sono negozi, bar e pizzerie oltre alla fermata dell’autobus, insomma le condizioni ideali per fare buoni affari. L’edicola espone il cartello Vendesi, chiedo e si tratta proprio dell’edicola, che da mesi è in vendita, mi dicono a condizioni di saldo, ma non arrivano proposte. Questo è un caso esemplare che spiega quanta distanza ci sia tra il popolo e chi lo rappresenta nelle istituzioni, in Parlamento, alla Regione, in Provincia, nei Comuni. Nella mia città, un tempo vocata al commercio, ormai non ci sono quasi più attività commerciali, intendo dire quei negozi tradizionali che vendono abbigliamento, calzature, alimentari, articoli da regalo; qualche anno fa furono sostituiti da agenzie immobiliari e banche. Poi via anche le immobiliari. Adesso il panorama stradale è rappresentato soprattutto da empori cinesi e negozi chiusi. E questi incapaci di politici parlano di scontrini e di evasione fiscale. L’evasore fiscale non chiude l’attività, la tiene aperta, semmai diventa evasore dopo aver chiuso, visto che non ha più un profilo fiscale. Gli incapaci non riescono a fare leggi che possano far lavorare le piccolo imprese, i negozianti, i titolari di partita iva che ormai sono anche i lavoratori dipendenti, che concedano a chi lavora di vivere serenamente. Si permettono però di dire che certi voti sono voti di protesta, come se non valessero, come se la protesta non valesse. Incapaci e spudorati, oggi i voti buoni sono solo quelli di protesta.