Così come il mondo politico ed economico, anche quello sportivo (in questo caso del calcio, dello sportivo lo approfondiremo più avanti), vive un momento caotico, con lati positivi e negativi. Quest’ultimo mondo certamente ha meno importanza rispetto ai due sopracitati, ma una volta usciti da questo tunnel (o quanto meno dalla cosiddetta “Fase 1”) lo sport, ed in particolar modo il calcio per noi italiani, rappresenta un aspetto non secondario del ritorno alla normalità. Si potrà così dare un senso diverso ai weekend che in questo tempo di quarantena assomigliano così tanto a giorni uguali agli altri.
Senza voler tornare troppo indietro con le ricostruzioni, lo stato attuale delle cose è questo: con il DPCM firmato nella serata di ieri, il Presidente del Consiglio Conte ha prorogato le misure restrittive fino a domenica 3 maggio e, di conseguenza, il Ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, ha chiarito che il lockdown riguarda anche tutto il mondo dello sport, inclusi gli allenamenti. “È un’ulteriore difficoltà che ci apprestiamo a vivere ma estremamente necessaria”, ha aggiunto il Ministro, invitando poi tutte le federazioni sportive ad attivarsi immediatamente per formulare protocolli sanitari che consentano di poter fare in sicurezza gli allenamenti ad atleti e tecnici presumibilmente il 4 maggio.
Date per assodate le chiusure dei campionati di rugby, pallacanestro e pallavolo (con relativi scudetti non assegnati), l’unico grande sport di squadra a rimanere in ballo è il calcio, che fin da quando ha bloccato le attività (Sassuolo-Brescia del 9 marzo) ha creato opinioni, affermazioni e polemiche di qualsivoglia tipo. A questo punto, nella speranza che la curva epidemiologica continui a scendere (ed acceleri la sua discesa), la ripresa degli allenamenti è al momento fissata per il 4 maggio.
Il presidente del Coni Giovanni Malagò ai microfoni di Radio Radio ha riconosciuto la situazione di diversità del mondo pallonaro, lasciando trasparire una posizione di scetticismo a riguardo: “Il mondo dello sport mi sembra evidente che oggi, abbastanza alla spicciolata ma in modo quasi unanime, con tutte le Federazioni, o quasi tutte, sta andando alla chiusura, neanche alla sospensione ma alla cancellazione della stagione agonistica. È un dato di fatto, è sotto gli occhi di tutti, negarlo sarebbe ridicolo e ipocrita: il calcio vuole andare avanti e quindi si mette in una situazione diversa rispetto alle altre discipline, questo è sicuramente un fatto ormai acclarato”.
La Lega Calcio è stata da sempre ferma nella volontà di finire il campionato, appoggiata dalla Uefa (che non ha preso affatto bene la decisione della Federcalcio belga di chiudere anticipatamente il campionato) e da tutte le parti in causa, con qualche riserva per l’Associazione Italiana Calciatori (AIC). Qualora il 4 maggio si potesse riprendere con gli allenamenti, le partite potrebbero riprendere il weekend del 23-24 o 30-31, con la prospettiva di completare le 124 gare rimanenti (10 turni completi più 4 partite della 25° giornata) a porte chiuse entro i primi di luglio, con prolungamento dei contratti in scadenza il 30 giugno garantito dalle istituzioni.
Ma la ripresa, come detto, presuppone un calo dei contagi che finora non è stato così netto, motivo per il quale si è dovuto prorogare il blocco (ad eccezione di alcune piccole riaperture) fino al primo weekend del mese prossimo. Per questo, vista la concreta possibilità di non riprendere più, c’è chi (come Deloitte) ha stimato la perdita economica attorno al miliardo di euro tra mancati diritti televisivi e danni indiretti, che scenderebbe a circa 170 milioni in caso di campionato portato a termine. Vista l’atavica dipendenza delle società dagli introiti dei diritti tv, che pesano oltremodo nel bilanci delle società, dopo l’accordo in seno alla Juventus, le leghe di A e B hanno proposto la riduzione di un terzo della retribuzione totale annua lorda se non si riprenderà l’attività, e di un sesto se nei prossimi mesi si completerà la stagione. Qui l’avversità dell’Assocalciatori, che reputa irricevibile la proposta accusando la volontà sottostante della Lega di “voler riversare sui calciatori, mettendoli in cattiva luce, l’intero eventuale danno economico derivante dalla situazione di crisi”.
Insomma, il quadro finale della situazione attuale torna ad assomigliare a quella politico-economica, sia nazionale sia europea: manca una visione d’insieme, con la presunzione di poter tirare acqua al proprio mulino per non avere ripercussioni a livello economico. Prima si capirà che i danni e i sacrifici ci saranno per tutti, prima si potrà pensare seriamente come ripartire tutti assieme e meglio sarà per tutti affinché le perdite siano le minori possibili.
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