Roma e la regione Lazio stanno affrontando un calo demografico allarmante. I dati presentati ieri dall’Istat, durante la tappa romana del “Tour della natalità”, rivelano una situazione preoccupante: nel 2023 sono nati solo 34.292 bambini da madri residenti, segnando un decremento del 35% rispetto al 2007, quando le nascite erano significativamente più alte. Questo calo, pari a 18.153 nati in meno, non solo supera la media nazionale del -34%, ma diventa ancora più grave nella Capitale, dove la diminuzione si attesta al -36%. Se il trend non verrà invertito, le proiezioni per il 2050 prevedono un Lazio con 345.600 cittadini in meno e una popolazione decisamente più anziana, con 308 over 65 ogni 100 giovani sotto i 15 anni.
Il calo delle nascite non è solo un dato statistico, ma il segnale di un malessere più profondo che colpisce la società. Come ha spiegato Gigi De Palo, presidente della Fondazione della natalità, in Italia non si fanno figli per mancanza di libertà economica: “La voglia di mettere al mondo mediamente 2,4 figli c’è, ma la realtà ci dice che il numero effettivo è di 1,2.” Le difficoltà economiche, l’insicurezza lavorativa e la mancanza di politiche strutturali a sostegno delle famiglie sono tra le principali cause di questa crisi demografica. “Roma sta come le altre città italiane, forse peggio,” ha aggiunto De Palo, sottolineando quanto la situazione sia grave anche nella Capitale.
Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha espresso tutta la sua preoccupazione: “Il calo delle nascite nella nostra regione è pericolosissimo. Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di una mancanza di speranza nel futuro da parte dei giovani e delle famiglie. Nonostante abbiamo raddoppiato il fondo regionale per il sostegno alle famiglie, non è ancora sufficiente.” Un’analisi lucida che mette in evidenza il circolo vizioso tra insicurezza economica e sfiducia nel domani.
Anche il Comune di Roma ha cercato di intervenire con misure specifiche. L’assessora alle Politiche sociali, Barbara Funari, ha illustrato gli incentivi pensati per supportare le famiglie: “Abbiamo promosso l’iniziativa ‘Rome for baby’ in collaborazione con Farmacap, distribuendo mille card per aiutare i neogenitori a sostenere le spese per la prima infanzia.” Inoltre, Funari ha sottolineato l’importanza di politiche abitative per le famiglie, un aspetto cruciale per migliorare la qualità della vita dei genitori e incentivare la natalità.
Ma sebbene queste misure siano un passo nella giusta direzione, sembra chiaro che servano azioni più incisive e strutturate per affrontare un problema che minaccia di cambiare radicalmente il volto di Roma e del Lazio. Le politiche a sostegno della natalità non possono essere occasionali o limitate nel tempo: devono rappresentare un impegno duraturo per garantire un futuro sostenibile alla regione.
Il dibattito sulla natalità si intreccia anche con la Giornata mondiale della prematurità, celebrata domani con diverse iniziative a Roma. Un’occasione per riflettere non solo sul calo delle nascite, ma anche sulla delicatezza della vita nei suoi primi momenti. Al Policlinico Gemelli, la mostra fotografica «Aiutami a crescere» di Pamela Pompei e Genitin Onlus sarà un omaggio visivo alla lotta dei neonati prematuri, quei piccoli guerrieri che spesso riescono a superare ostacoli insormontabili.
Il San Camillo, eccellenza nella terapia intensiva neonatale, organizzerà una festa nel reparto di Ostetricia per celebrare i progressi di questi neonati e il lavoro instancabile di medici e infermieri. La facciata dell’ospedale si tingerà di viola, il colore simbolo della prematurità, e ci sarà un momento dedicato a raccontare le storie di chi, dopo i primi mesi difficili, è cresciuto forte e sano. I proventi del libro «Come appesi a un filo», scritto dall’infermiera Grazia Cascavilla, verranno devoluti per migliorare le condizioni dei bambini ricoverati, un gesto di speranza e solidarietà che punta a fare la differenza.
Il calo delle nascite a Roma e nel Lazio rappresenta un problema demografico che non può più essere ignorato. Mentre la società si invecchia e i giovani esitano a costruire famiglie per ragioni economiche e sociali, è urgente ripensare il nostro modello di sostegno alle famiglie. Il rischio di un futuro caratterizzato da squilibri generazionali e pressioni economiche sui sistemi di welfare è reale. Le politiche a sostegno della natalità devono essere una priorità per i governi locali e nazionali, non solo per garantire la sopravvivenza di una popolazione, ma per creare una società che creda ancora nel valore della vita e del futuro.
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