Questo Paese ha un potenziale infinito: è splendido, non è povero, ma ricchissimo. E anche in questo momento di crisi generata dalla pandemia del Covid-19, l’Italia può ragionare secondo una logica propositiva che le consenta di esprimere tutte le sue potenzialità culturali, sociali e soprattutto economiche. Inefficienze e criticità possono e devono essere superate attraverso cambiamenti necessari ed importanti.
L’Italia ha tutto quello che serve per essere considerata al top del mondo. Ciò che le manca è una classe dirigente, politica e burocratica che sia orientata al bene comune. Il problema concreto è da inquadrare quindi nella gestione “corretta” della cosa pubblica, nell’eliminare la corruzione che c’è dentro l’appalto pubblico e che di fatto ostacola lo sviluppo. Nel mondo delle imprese ho sempre diviso la categoria imprenditoriale in tre generi: i “produttori”, i “prenditori” e i “profittatori”.
Nella prima categoria ci sono i veri imprenditori, quelli che contribuiscono a rendere il nostro paese straordinario, che si confrontano col mercato, che affrontano l’oceano con meraviglia e che danno eco alle nostre eccellenze. Poi però ci sono anche i prenditori e i profittatori, coloro che si dividono tra chi ha ruoli di responsabilità e chi li affianca in modo criminale nella gestione della cosa pubblica. Superando i limiti di questo sistema caratterizzato anche dall’oppressione burocratica e da una giustizia che non funziona, potrebbe presto esserci un’effettiva ripresa, un vero e proprio boom come nel dopoguerra.
Punti di partenza, imprescindibili: l’Innovazione e le ricchezze del Sud rappresentate dai suoi cervelli e dal territorio. La ricerca e l’innovazione devono essere alla base di ogni nostra politica industriale. Bisogna essere in grado di cogliere le opportunità che arrivano dall’Europa e di superare alcuni limiti. Le aziende devono essere in grado di sostenere progetti complessi, di operare una crescita anche nel settore delle nuove tecnologie. Uno degli obiettivi da perseguire in questo senso è sicuramente rappresentato dal fornire alle PMI le basi per fare innovazione, stimolando ad esempio mirate politiche fiscali.
Le imprese vogliono crescere, gli imprenditori cercano di muoversi nel segno dell’innovazione, puntando sulla ricerca per qualificare la propria produttività. E poi c’è il Sud, che è quel posto del nostro Paese dove il bisogno di emergere è sicuramente maggiore rispetto al resto del territorio nazionale. Qui notevoli sono le opportunità di crescita e nonostante le criticità che ci penalizzano (ad esempio i collegamenti), abbiamo dalla nostra quella spinta vitale che traduciamo nella capacità di gestire problemi complessi. Ed è su questo che bisogna puntare. Pensiamo al turismo: cosa si potrebbe fare tra Sicilia, Calabria, Campania e Puglia per “dodici” mesi l’anno? Noi abbiamo tutto per dare motore al Paese. Bisogna solo rendersene conto.
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