“Non riesco a crederci” scrive un’amica commossa sui social. Ed è quello che abbiamo pensato tutti quando la notizia ha iniziato a circolare. Camilla Canepa, l’appena maggiorenne ricoverata per trombosi a Genova dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca a un “Open Day”, si è spenta il 10 giugno all’ospedale San Martino per un’emorragia cerebrale. Impegnata a preparare l’esame di maturità, raccontano gli amici, aspettava con entusiasmo l’estate per dedicarsi agli affetti e alla pallavolo e il vaccino rappresentava una soluzione per ricominciare.
Aveva una malattia autoimmune che implica un basso livello di piastrine nel sangue, con certezza un fattore di rischio da tener presente prima della vaccinazione. La «piastrinopenia» nella «scheda anamnestica» di Camilla, recuperata ieri dai carabinieri del Nas, non era però indicata. Elemento che complica la ricostruzione della vicenda, ma l’altro evento che potrebbe aver avuto un ruolo ancor più grave nella catena di interazioni che hanno portato al decesso, accade quattro giorni dopo.
La diciottenne pallavolista soffriva infatti da qualche tempo di una cisti. I medici avrebbero potuto aspettare, ma invece il 29 maggio la ragazza comincia la terapia con due farmaci: «Progynova» (ormoni) e «Dufaston» (estrogeni). Entrambe le medicine, spiega una fonte sanitaria molto vicina alla vicenda, comportano un «rischio trombotico», la possibilità che entri in circolazione un trombo.
Un paio di giorni dopo aver preso quei farmaci, Camilla inizia ad avere malesseri. Un forte mal di testa. La luce forte le dà fastidio agli occhi.
“Il 3 giugno si è recata in pronto soccorso con cefalea e fotofobia. È stata sottoposta a tac cerebrale ed esame neurologico, entrambi negativi. È stata dimessa con raccomandazione di ripetere gli esami ematici dopo 15 giorni”, avevano spiegato Regione e Alisa nel ricostruire la vicenda. “Il 5 giugno è tornata in pronto soccorso con deficit motori ad un emilato. Sottoposta a Tac cerebrale con esito emorragico, è stata immediatamente trasferita alla Neurochirurgia del San Martino”.
A quel punto i medici, stando a quanto risulta dai primi accertamenti, hanno un quadro definito negli elementi di base: Camilla ha fatto il vaccino, ha quella malattia, ha preso quelle medicine, ma, nonostante le buone premesse la ragazza non ce l’ha fatta.
Molti gli interrogativi aperti della vicenda tanto drammatica quanto complessa: Camilla aveva dichiarato la patologia? I medici hanno effettuato gli esami per accertare la carenza o meno di piastrine? Se sì, perché la piastropenia non è emersa come fattore d’allarme? L’inchiesta della Procura di Genova, coordinata dal procuratore Francesco Pinto cercherà di comprendere quale sia stato il nesso di causa in questa sequenza di interazioni: malattia del sangue pregressa, vaccino, successiva assunzione di farmaci «a rischio»: un quadro nel quale andrà definito anche il ruolo dei singoli medici.
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