Come non riprendere la notizia che “11 minuti al giorno di camminata possono salvarci la vita”? Infatti ne parliamo, anche se non si tratta di una novità assoluta, per dire la verità. Stiamo commentando una cosa che sappiamo da tempo.
Devo confessare che non ho fatto in tempo a trovare l’articolo originale, pubblicato sul BJSM (British Journal of Sports Medicine), ma ho sbirciato in giro, comprese le importanti agenzie di stampa, e ho appurato che si tratta di un’ operazione interessante perché lo studio è, in realtà, una revisione sistematica e metanalisi di 196 articoli precedenti con più di 30 milioni complessivi di partecipanti (ADN Kronos). E’ un lavoro corretto e molto utile che si fa spesso in medicina per mettere ordine e trovare una corrispondenza fra dati di lavori scientifici precedenti che, non sempre, hanno univocità.
E’ questo che hanno fatto i colleghi della Cambridge University e del Medical Research Council producendo dei dati finali che provano, proprio grazie alla grande base di numeri, che un’attività fisica moderata è già sufficiente a produrre effetti benefici sulla salute.
Hanno il merito di aver individuato una soglia di 75 minuti/settimana, superando la quale, hanno visto dai dati che i benefici non aumentano in maniera corrispondente.
Che significa in pratica?
In pratica significa che l’essere umano è progettato per muoversi e anche se il movimento è contenuto, ma costante e ben distribuito, riporta il fisico in una condizione prossima a quella per cui è costruito.
I ricercatori hanno potuto stabilire un numero di riferimento, i famosi 75 minuti a settimana (11 minuti al giorno), ma dicono anche un’altra cosa: che non è necessario allenarsi come per andare alle Olimpiadi.
Quando parlano di una “frequenza cardiaca che sale ma permette ancora di parlare”, si riferiscono a una “zona aerobica” moderata con una frequenza cardiaca con un limite intorno al 70% del frequenza massima o giù di lì.
Il lavoro muscolare, oltre che per la frequenza, è determinato dall’intensità e della durata. Se, come in questo caso, l’intensità richiesta dal lavoro è contenuta, il muscolo consuma soprattutto grassi, come quando camminiamo, anche se a passo veloce. E logico quindi che questa sia una delle migliori, se non la migliore, prevenzione per le patologie cardiovascolari soprattutto se legate a dislipidemie. Ma non basta: far fare al fisico quello che sa fare, vuol dire anche migliorare la vascolarizzazione, dato che i muscoli chiederanno più sangue durante l’attività.
E poi c’è una certa prevenzione verso le neoplasie? Certo. L’aumento della velocità del metabolismo migliora l’eliminazione dei cosiddetti radicali acidi, solo per citare un aspetto.
Assolutamente si. Non ce lo ricordiamo spesso ma il lavoro muscolare di questo tipo, pur consumando prevalentemente grassi, brucia anche zuccheri e questo nella prevenzione/cura del diabete è un fatto di estrema utilità. Nella pratica quotidiana infatti vediamo costantemente i benefici dell’attività fisica sulla glicemia dei pazienti.
Altro tema poco “gettonato” è quello delle osteopenie e delle osteoporosi. Nelle donne in età di climaterio l’attività fisica è una grande prevenzione. La trazione che il sistema muscolo/tendineo esercita sull’osso lo costringe a “reagire” rinforzandosi, cosa che, se la persona è sedentaria, non può avvenire.
In conclusione
Muoviamoci perché ci fa bene, ognuno come può e quando può ma con un criterio minimo, e assolutamente sostenibile, di regolarità.
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