Nanni Moretti, ovvero, c’era una volta Battiato. Il “sentimento popolare” di oggi lo si canta facendo il verso al contemporaneo Mahmood.
La sentenza viaggia su Instagram dove il regista romano, pochi giorni fa, accompagnato dal cast femminile del suo nuovo film Tre piani, si è prodotto in questa geniale carrambata, attraverso la quale annunciare al mondo che l’opera sarà in concorso sulla Croisette a luglio, al Festival del cinema di Cannes.
Una sorpresa accolta con la dovuta ironia dagli spettatori, tutti memori del precedente esperimento canoro, datato 1989, quando Nanni nel film Palombella Rossa aveva intonato (e stonato) a cappella E ti vengo a cercare, meraviglioso brano mistico del cantautore siciliano, sottolineandone sarcasticamente proprio il punto di contatto tra popolo e elite, profano e sacro, volgo e crema intellettuale organica in un Pci in via di scioglimento.
Tre piani, il film, uscirà nelle sale il 23 settembre. C’è di mezzo un’estate e, chissà, magari un’altra palma d’oro, come fu per La stanza del figlio nel 2001.
Sarà interessante vedere come Moretti traspone in un suo film il racconto di un altro, lo scrittore israeliano Eshkol Nevo, autore della versione letteraria di Tre piani.
Nel cast tra gli altri anche Riccardo Scamarcio e Margherita Buy, ormai da considerare una delle muse di Nanni, soprattutto dopo che in Mia madre, le ha di fatto lasciato l’interpretazione di se stesso, traslitterando al femminile tutti i tic e i vezzi da regista, dentro e fuori dal set, che ben si conoscono in lui.
La maturità di Moretti fa ben sperare perché ci sta restituendo un autore sempre più abile nello sciogliersi in racconti intimi e delicati, qualcosa che lo rende molto più piacevole, anche al di fuori della cerchia dei morettisti devoti alla sinistra al caviale.
Il suo volto sempre corrucciato, la timidezza nascosta dalla barba non sono altro che parte dell’espressione del magnifico non-finito, quasi leonardesco, di cui il cinema di Nanni è pieno. Un coacervo di contraddizioni che dalla regia alla politica, l’hanno portato a uscire dalle righe spesso, ma al tempo stesso a non andare mai oltre, restando sempre nel ruolo di cineasta, protagonista sì ma scrutatore stralunato e perplesso di un mondo che ci costringe fin troppo a scegliere.
Vado o non vado a quella festa? E come mi si nota di più? Fino al tormento di Papa Michel Piccoli che in Habemus Papam chiude la finestra sulle speranze, proprio come fece Papa Nanni con il popolo dei “girotondi”. Perché in fondo, al diavolo pure il caviale. Meglio, molto meglio una fetta di pane spalmata con la Nutella, lei sì, come diceva pure Gaber, indiscutibilmente di sinistra.
Daniele Priori
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