Caporalato a Latina, l’inchiesta shock: 15 indagati e centinaia di schiavi

Turni di 12 ore al giorno, paghe di 5-6 euro all’ora, senza assicurazione contro gli infortuni, nessuna pausa, nemmeno per andare in bagno

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Quindici indagati per caporalato. Fra loro anche R. Lovato, il padre di Antonello, il 38enne che ha abbandonato a morte certa Satnam Singh a Borgo Santa Maria, in provincia di Latina. L’inchiesta, rivelata dal Corriere della Sera, è ferma da un anno, dopo che il gip non ha accettato la richiesta di misure cautelari nei loro confronti. La Procura pontina ha comunque chiuso le indagini e ora sarebbe sul punto di chiedere i rinvii a giudizio. Questa mossa potrebbe avvenire a giorni, anche sull’onda dell’emozione per la tragica fine del 31enne bracciante indiano.

Centinaia di braccianti identificati

Questa inchiesta, durata un anno e mezzo prima di fermarsi, ha aperto l’ennesimo squarcio nel dramma del caporalato nei campi attorno a Latina, Sabaudia, fino a Terracina. Non è stata l’unica: negli ultimi anni sono state portate avanti anche altre inchieste, con una quarantina di indagati – oltre la metà dei quali caporali stranieri, quasi sempre indiani e bengalesi – e centinaia di lavoratori sfruttati, quasi tutti loro connazionali. Più di 100 quelli identificati nell’indagine che coinvolge Lovato e altri dodici imprenditori locali, mentre sono due i bengalesi che a vario titolo reggevano le fila dei braccianti sfruttati.

L’indagine

L’indagine, condotta dai carabinieri del comando provinciale di Latina, è stata complessa. Sono state ispezionate decine di aziende dell’agro pontino, identificate centinaia di persone e controllati altrettanti rapporti di lavoro. Ne è emerso un quadro allarmante di sfruttamento. Satnam Singh, nonostante lavorasse già nella zona con la moglie, non era stato identificato durante i controlli.

Dormitori vergognosi e pulmini modificati

I braccianti erano ospitati in alloggi di fortuna, spesso ricavati da capannoni o altri locali non adatti a essere utilizzati come abitazioni, in condizioni igienico-sanitarie vergognose. Dormitori creati ad hoc nelle vicinanze delle aziende agricole, dove ogni giorno i lavoratori clandestini aspettavano l’arrivo di pulmini o furgoni modificati per trasportare un numero di persone maggiore rispetto a quello consentito: in alcuni casi, i sedili erano stati smontati e sostituiti con panche di legno per aumentare la capienza.

Turni di 12 ore al giorno, con paghe di 5-6 euro all’ora, senza alcuna assicurazione contro gli infortuni (il contratto nazionale per i lavoratori agricoli ne prevede un minimo di 8), nessuna pausa, nemmeno per andare in bagno. Anche perché non erano previsti servizi igienici sul posto di lavoro e nemmeno spogliatoi. Insomma, braccianti schiavi dei loro padroni e dei caporali accusati di intermediazione illecita.

L’operazione

Tutto ha avuto inizio dalle indagini dei carabinieri sull’attentato alla sede del Parco nazionale del Circeo nel giugno 2019, vicenda per cui era stato arrestato l’imprenditore balneare G.S. che voleva vendicarsi per i controlli, a suo dire eccessivi, che i forestali dell’Arma avevano svolto nel suo stabilimento, che era stato sequestrato.

G.S. era stato incastrato dalle tracce di DNA rinvenute su alcune taniche di benzina ed era finito in carcere nel settembre di quell’anno, proprio quando gli investigatori avevano cominciato a indagare sulla sua rete di conoscenze legate all’uso di manodopera straniera e al caporalato fra Latina e Circeo. Un’inchiesta gemella a quella su un altro imprenditore agricolo indagato nell’inchiesta Jamuna: M. V., 61enne socio di R. Lovato. M. V. era fra i dieci imputati in un processo per minacce insieme con Danilo Calvani, leader del movimento dei Forconi e poi dei trattori, a processo nel 2014 con l’accusa di violenza e minacce per aver ostacolato l’ingresso di un nuovo proprietario in un’azienda agricola di Pontinia finita all’asta.

La difesa di Lovato

All’epoca si era scoperto che una holding composta da imprenditori locali grandi e piccoli aveva tentato di difendere il proprio business anche contro le decisioni del Tribunale. Oggi, per l’inchiesta Jamuna, si resta in attesa delle mosse della Procura dopo i mesi di ritardo accumulati: un’occasione per fare chiarezza anche sulla posizione di Lovato senior.

A quanto riferisce l’avvocato del padre di Antonello Lovato – a sua volta indagato per il mancato soccorso e la morte di Satnam Singh – la posizione dell’imprenditore pontino risulterebbe marginale e priva di profili penali: «Quello che gli viene contestato in questa indagine – spiega il legale Domenico Bianchi è la mancanza di servizi igienici per i lavoratori e nulla dunque relativo ai rapporti di lavoro con i braccianti o le paghe. Un profilo solo civilistico insomma».