Categorie: Politica

Casapound-Alba Dorata: resoconto dell’incontro

La conferenza conoscitiva con i rappresentanti di Alba Dorata si è regolarmente svolta, nonostante la minaccia di un’interrogazione parlamentare e un appello al Prefetto di Roma con cui Sel e Pd hanno scelto di esternare il loro rifiuto categorico verso l’iniziativa.
«Roma non può assolutamente tollerare un incontro con esponenti di Alba Dorata nella sede di Casapound» – scrivono Piazzoni e Cervellini (Sel). Eppure erano più di duecento i romani presenti al dibattito, e molti di loro non si sono arresi alla carenza di posti in sala, scegliendo comunque di assistere attraverso il monitor predisposto nel corridoio.

Curiosità e una certa riluttanza verso le etichette hanno permesso ai presenti di apprendere qualcosa in più sul movimento greco, al quale nessuno aveva mai dato diritto di parola prima. «Tutti credono Alba Dorata un partito antidemocratico, omofobo ed estremista ma nessuno ne conosce la storia, il programma politico o gli obiettivi – afferma Andrea Antonini in apertura dei lavori, e prosegue manifestando – la vicinanza umana di CasaPound agli attivisti di Alba Dorata, così duramente colpiti dalla repressione politica, giudiziaria e dai recenti fatti di sangue».

«Il movimento di Chrysi Avghi – spiega Apostolos Gkletsos, ex deputato, portavoce del segretario e membro del Comitato Centrale di Alba Dorata – è stato ufficialmente fondato nel 1993 e in due decenni è diventato il primo partito della Grecia». La crescita esponenziale è però avvenuta nell’ultimo anno, con i consensi in impennata dal 7% al 22% e l’ingresso nel Parlamento ellenico con 18 deputati.

Alba Dorata è un movimento forte, non solo dei consensi, ma anche di un’identità precisa che si rispecchia nel simbolo antichissimo dell’unità: il meandro. «I colori nei quali ci riconosciamo sono tre – prosegue l’ex deputato – il nero, colore della morte che siamo disposti ad abbracciare per quello in cui crediamo, il bianco, che simboleggia la purezza dei nostri animi e il rosso, il colore del sacrificio».

La ricetta anticrisi proposta da Alba Dorata la svela Konstantinos Boviatsos, militante del movimento e responsabile di Radio Bandiera Nera Hellas. Per molti versi risulta simile a quella proposta da CasaPound perché, come ci tengono a sottolineare più volte i relatori, nessuno è al sicuro e tutti i popoli sono esposti alle stesse minacce, «a causa della corruzione delle istituzioni e delle politiche scellerate condotte dall’Unione Europea».
I punti focali del programma sono «il blocco dei flussi migratori, lo sfruttamento delle materie prime presenti nel mar Egeo, il potenziamento dell’economia agricola e il ripopolamento dei piccoli centri urbani» ma anche, prosegue Kostantinos, «la diminuzione del numero dei deputati, ne basterebbero 100 anziché 300, e un controllo contabile di tutte le figure politiche».
A questo proposito il dirigente ci tiene a sottolineare che «i deputati di Chrysi Avghi hanno restituito gli stipendi alla nazione greca sotto forma di aiuti concreti come cibo e vestiario». Un atteggiamento solitario, che con un tasso di disoccupazione al 30%, quale attualmente è quello greco, ha senz’altro offerto un’immagine insolita della «casta» politica come siamo abituati a conoscerla.

Si ritorna a parlare delle difficoltà che il movimento ha dovuto affrontare e che hanno caratterizzato l’ultimo anno e mezzo di attività politica.
«I nostri 18 deputati facevano paura, così politici e giornalisti hanno provato a fermare la nostra lotta con ogni mezzo»- raccontano i due dirigenti. Tutto è avvenuto «senza accuse e grazie a false testimonianze. E oggi tre di loro sono ancora in galera». Un accadimento incredibile che nessuno ha stigmatizzato, anche in Italia è stato fatto passare come legittimo. «Alba Dorata può piacere o meno, resta il fatto che un giorno alcuni deputati liberamente eletti in Parlamento sono stati presi e sbattuti in cella. E nessuno ha trovato nulla di strano, poi però da noi ci si mette più di un anno per decidere della decadenza di un solo senatore» – osserva Di Stefano. Due pesi, due misure.

Due pesi, due misure. E’ stata la logica applicata anche in seguito all’uccisione di Manolis e Giorgos, caduti a vent’anni sotto i colpi di una mitraglietta rossa. Perché «il terrorismo in Grecia ha nome e cognome, ed è di sinistra» – ci dicono i due dirigenti. «In Italia l’avete conosciuto negli anni Settanta, adesso è arrivato anche da noi. Non abbiamo trovato un deputato, un giudice o un avvocato che ha difeso questi due ragazzi. Ma queste cose le conoscete meglio di noi. Anni fa in Italia si gridava “Uccidere un fascista non è reato”. Commentando la morte dei nostri camerati, un giornalista greco ha detto in televisione: “Meno male che stavolta non sono stati uccisi esseri umani”».

Redazione

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