Opinioni

Caso Brusca e affini: i criminali devono pagare e prima pagano, meglio è

Mentre la violenza, favorita dalla corruzione globale, pervade la società come un cancro, la Politica vuole sottomettere la Magistratura ai propri interessi.

Violenza criminale e violenza social

I fatti quotidiani di violenza ci colpiscono tutti nel profondo della coscienza; ancor più ci colpisce, ci sconvolge e ci offende il loro epilogo legalitario.

Criminali incalliti, colpevoli di centinaia di omicidi compiuti in modo efferato, bestialità imparagonabile con le bestie e con i nostri antenati delle caverne, rimessi in libertà perché hanno collaborato con le indagini per il loro interesse. Pentiti, secondo le norme che regolano i rapporti dello Stato con i cosiddetti collaboratori di giustizia. Non nel loro cuore, dove non alberga il minimo sentimento di umanità.

Giovani sconvolti dalla droga e succubi delle regole, o meglio dei principii perversi del branco di dominio e di morte sugli altri, soprattutto sui più deboli, sui quali esercitano una violenza fisica e psichica estrema, peggio delle bestie feroci e dei torturatori dei regimi più tirannici.

Violenza esercitata protetti dall’ombra del web, molto peggio del peggior vigliacco che pugnalava la vittima alle spalle nell’oscurità.

Una violenza gratuita e senza motivazione, se non quella di sfogare la propria perversione morale e affermare così la propria personalità malata.

Violenza che viene poi rappresentata e diffusa, propagandata ed esaltata sui gruppi di comunicazione social, contro la normale socialità degli uomini.

A-normalità nella società globalizzata

Ammesso che oggi possiamo parlare di una socialità normale, considerando quanto abbiamo modificato il nostro modo di vivere e di rapportarci agli altri nello scorcio finale del secolo trascorso. E, soprattutto, nei vent’anni appena vissuti del nuovo.

Crollati verticalmente, insieme ai muri divisori, i valori di riferimento etici e sociali fino a poco tempo fa tramandati da una generazione all’altra; tramontate le ideologie escatologiche totalitarie che tanti guasti hanno prodotto, l’alba del nuovo secolo è sorta sul vuoto privo di punti di riferimento assoluti, ma neppure relativi.

Le trasformazioni profonde del lavoro causate dalla tecnologia avanzata insieme all’invasività prepotente e onnipresente della pubblicità ha indotto cambiamenti radicali nel rapporto tra le persone, rendendole sempre più individui, atomi senza relazioni se non quella di una coesistenza forzata.

L’economia globalizzata, promotrice e succube della tecnica, che ha stravolto il valore della conoscenza scientifica basata sul dubbio metodico, sbandierando certezze rispetto ai sogni di una vita priva di traumi, ha favorito la nascita e la diffusione di modi di pensare relativi agli individui, ai loro bisogni e capricci particolari che hanno preso il posto dei vecchi valori assoluti.

Tutto viene consentito e approvato per il soddisfacimento dell’ego. Pertanto, riesce praticamente impossibile sanzionare in modo negativo un qualsiasi comportamento individuale, trovando sempre delle giustificazioni di tipo sociale, psicologico, medico.

Giudizio morale giudizio processuale. Il ruolo della Politica

Se manca un qualsiasi giudizio morale (considerato moralismo) sulla minima devianza comportamentale. Se nessuno è responsabile delle sue azioni, come si potrà parlare di riprovazione e di condanna? L’unico criterio seguito è quello della valutazione economica dei danni materiali subiti dagli individui, affermatosi nel costume e nella giurisprudenza, per cui qualsiasi procedimento giudiziario sembra una lotta alla pari tra gli interessi della vittima e quelli del carnefice.

La funzione originaria del diritto positivo era certo quella di interrompere le faide, affidando il giudizio all’ente indipendente della magistratura, che doveva comminare le pene in base alla natura e gravità dei crimini.

Nel tempo, quella funzione è stata distorta dalle forzature del costume civile e dagli interessi della politica. L’idea di garantire il processo giusto è stata usata per affermare un garantismo senza limiti. Per cui di appello in appello nessuno sconta la pena che dovrebbe. Per abbreviare l’iter processuale, l’imputato può patteggiare con il giudice senza dichiararsi colpevole. Ma allora perché patteggia? Per ottenere i grossi sconti di pena previsti dalla normativa: perciò l’istituto del patteggiamento somiglia più ad un baratto, neppure alla pari, tra il diritto ed il torto.

Un processo equo

Certo, il processo dovrebbe essere equo e garantire l’imputato in assenza di prove dimostrate, o infondate o addirittura false. Però dovrebbe concludersi con una sentenza che commini una pena adeguata alla gravità del delitto, anche la più alta possibile.

Caino deve pagare le sue colpe sulla terra, prima di essere giudicato nei cieli. Gli uomini hanno bisogno di difendere se stessi e i loro figli dal ripetersi continuo del male, anche se non potrà mai essere estirpato definitivamente.

La Giustizia deve essere fondamento e garanzia dell’ordine sociale, cioè di una migliore qualità della vita. I criminali devono pagare; e prima pagano, meglio è.

A questo scopo bisogna riformare le leggi, sottraendo la Magistratura all’influsso nefasto della Politica che l’ha in parte corrotta.

Al contrario, bisogna temere le riforme ventilate dal nuovo Governo, sponsorizzate dall’UE e desiderate da tutte le forze politiche ed economiche, che aspirano a sottomettere i giudici ai loro interessi.

A danno di quelli dei cittadini, che vogliono anzi convincere della bontà dei loro propositi.

Stefano Marafini

Nasce nel 1950 ad Artena, dove vive tuttora. Ha studiato Fisica all’Università La Sapienza di Roma. Dopo un’esperienza lavorativa, si è laureato in Fisica nel 1984. Ha insegnato in alcuni istituti tecnici e licei scientifici della provincia di Roma.

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