A partire dagli anni settanta per lungo tempo il termine “Movida”, nato in Spagna dopo la caduta del regime franchista, è stato percepito come una dimensione spaziale e temporale in cui alcuni luoghi della città (spesso i centri storici e spesso nel periodo serale notturno) operano come crocevia di relazioni, incontri, scambi.
La creatività esplode, sia a livello d’impresa economica che a livello artistico, migliorando la qualità della vita e il brand globale della città. La Movida viene quindi percepita come una grande risorsa per rendere la città vibrante, vissuta, profondamente umana, in grado di generare valore sociale, oltre che economico, e di operare come magnete di turisti e talenti.
In Italia il termine Movida è andato via via spostandosi su connotazioni sempre più negative: inquinamento acustico, problemi di decoro pubblico e di illegalità. La movida è un fenomeno che, in Italia, è spesso affrontato con ordinanze comunali d’urgenza, più che altro restrittive e punitive. Limitazioni sugli orari di apertura degli esercizi e sulla vendita di alcolici sono la prassi più comune.
Più spesso all’estero il fenomeno è stato inquadrato nella sua globalità (è infatti un rivelatore di problematiche sociali) e affrontato con un progetto a medio lungo termine, rendendo la movida uno
strumento utile per sviluppare il turismo e il buon vivere nella città.
Non rende certo migliori le città il ricorso estemporaneo a ordinanze repressive e sempre di emergenza che cercano soluzioni per rispondere all’emotività collettiva, legata spesso ad un singolo episodio di cronaca.
Si parla di inquinamento acustico quando il rumore comporta effetti sulla salute o sull’ambiente. Per legge, in genere ci si riferisce a quando si superano i 3 decibel (tra le 22:00 e le 6:00) o i 5 decibel (durante il giorno) rispetto ai rumori normalmente presenti.
Se i rumori dovuti alla movida sono troppo forti e invadenti, quindi nocivi per la salute di chi abita nelle vicinanze, e non viene garantito il rispetto alle norme di quiete pubblica, il Comune ha il dovere di pagare i danni. La sentenza – che potrebbe avere conseguenze enormi per i bilanci dei comuni – come scrive “Il Messaggero”, è stata emessa dalla Cassazione a cui si è rivolta una coppia che vive nel centro storico di Brescia.
I coniugi, racconta Il Messaggero che ha anticipato il provvedimento, si rivolsero al tribunale per la prima volta nel 2012, ottenendo ragione e un risarcimento da oltre 50 mila euro ma il Comune fece ricorso e lo vinse. Ora i giudici della Cassazione hanno dato loro ragione, ribaltando la sentenza di Appello, bacchettando quei giudici e stabilendo che spetta al Comune garantire la tutela del privato che lamenti la lesione di un diritto alla salute.
In particolare, i giudici della Suprema Corte hanno disposto un appello bis perché, attenendosi ai principi di tutela della salute, un nuovo processo quantifichi i danni subiti dalla coppia bresciana.
Quindi se i rumori causati dalla movida sono forti e invadenti, da nuocere alla salute dei cittadini che abitano nelle zone dove si manifesta il fenomeno, dove si radunano le persone, dove i locali rimangono aperti fino a tarda notte, ecco allora che il Comune deve pagare i danni subiti dai residenti in quanto non garantisce il rispetto delle norme che regolano la quiete pubblica
Per il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, presidente anche dell’Unione delle Province d’Italia, “questa sentenza attribuisce forti responsabilità, anche risarcitorie, ai Comuni; in passato i locali lamentavano di venire sanzionati per il rumore in strada di fronte a loro. Noi a Ravenna ci siamo cimentati più volte con ordinanze ad hoc, utilizzo di fonometri elettronici fissi, per cercare di tenere insieme il diritto alla quiete dei residenti con la vitalità dei centri o delle spiagge e il diritto a un divertimento sano anche nel cuore delle città.
A volte ben sappiamo che i comportamenti scorretti di pochi avventori creano enormi problemi, a fronte della maggioranza degli utenti che si intrattengono in maniera rispettosa. Certo è che servirebbe un intervento legislativo che abbini alle responsabilità i poteri, per poi far rispettare le regole perchè – ragiona il primo cittadino parlando con l’ANSA – il danno economico per i Comuni potrebbe essere enorme”.
Anche per Alessio d’Amato, consigliere d’opposizione in Consiglio regionale del Lazio, si tratta di “una sentenza importante, che riconosce la prevalenza del diritto alla salute come inalienabile nei confronti della cosiddetta movida. I Comuni dovranno attrezzarsi se non vorranno essere travolti da richieste di risarcimento”.
“Mi pare un provvedimento eccessivo – è il parere dell’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Miguel Gotor – perché è difficile individuare una responsabilità diretta della pubblica amministrazione. Per arginare gli effetti negativi della cosiddetta mala-movida, ovvero il disturbo della quiete pubblica, il degrado, gli atti di vandalismo, bisogna provare a prevenirli con provvedimenti appositi, ad esempio la chiusura anticipata nei fine settimana dei mini market che vendono alcolici come abbiamo fatto a Roma a partire da metà maggio e anche mediante la promozione di iniziative artistiche e culturali negli spazi della città più colpiti dal fenomeno, come stiamo provando a fare con quest’ultimo bando dell’Estate romana”. (ANSA)
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