Cronaca

Castro de’ Volsci e Nino Manfredi, il legame tra l’attore ciociaro e il suo borgo natale

Il legame tra l’attore ciociaro e il suo borgo natale, dove trascorse la prima infanzia. Nei racconti che Manfredi fece ricordando i suoi parenti e il paese, si può vedere quanto distante sia la vita del primo ‘900 e quella di oggi, nella provincia laziale.

Quanno morirò  avrai da scrive…molto!” disse Nino Manfredi salutando la giornalista Maria Grazia Di Mario, quando si salutarono dopo l’intervista che lei aveva fatto per Vero e per il Radiocorriere TV nell’anno 2000. Un’intervista nella quale il grande attore si era aperto su tanti argomenti, tra i quali anche il suo rapporto con il borgo della Ciociaria, Castro dei Volsci, in provincia di Frosinone, dove Nino era nato il 22 marzo del 1921.

Non credeva in Dio Nino Manfredi ma era amico del Papa

In quell’intervista Manfredi parlò della sua infanzia trascorsa nel paesino ciociaro. A 15 anni venne ricoverato per tubercolosi bilaterale in sanatorio, dove c’erano molti giovani, tutti casi disperati come il suo. Tutti raccomandavano l’anima a Dio e poi sono morti, l’unico che non credeva era lui e dopo 80 anni, ancora vivo, vedeva in questo un segno chiaro della non esistenza di un essere superiore. Anche per questo motivo, diceva, non ho mai creduto in un Dio.

Ma aveva un bel rapporto col Papa Giovanni Paolo II, un uomo con il quale Nino aveva molti punti d’incontro, tra cui il teatro. “Ho un bel rapporto col Papa e l’ho sempre stimato perché è un uomo che soffre molto. L’ultima volta che lo vidi mi disse ‘Ma come non credi e ancora vieni qui?’, gli risposi ‘Io credo, credo in questo signore qui, che ha saputo trasformare il dolore in amore”.

L’infanzia nel borgo ciociaro di Saturnino Manfredi

Si chiamava come il nonno paterno e il santo patrono del paese: Saturnino Manfredi ed era primogenito di Romeo Manfredi e Antonina Perfili. Aveva un fratello: Dante, con il quale crebbe nelle strade del paesino ciociaro. Il padre era maresciallo di pubblica sicurezza e la madre una casalinga. Fu nel sanatorio che si appassionò alla musica.  Si costruì un banjo e durante una esibizione della compagnia teatrale di Vittorio De Sica si interessò alla recitazione.

A Castro de’ Volsci c’è il monumento alla mamma ciociara dedicato alle vittime francesi della ultima guerra. Fu realizzato nel 1964 dallo scultore Fedele Andreani, in marmo di Carrara. Raffigura una madre, che con il suo corpo tenta di proteggere la figlia dalle violenze. Questa scultura ricorda tutte le donne vittime delle marocchinate (stupri di guerra) e si potrebbe dire ispirato dal famoso film La Ciociara di Vittorio De Sica, anche lui della vicina Sora, che dette modo a Sophia Loren di vincere il premio Oscar e ambientato in quelle zone alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia.

Si fa fatica a pensare alla vita di quegli anni dell’infanzia di Nino a Castro de’ Volsci. Era tutto diverso. Oggi ci si scandalizza per gli stupri di massa e per i pakistani immigrati da noi che combinano matrimoni con figlie poco più che adolescenti ma in Italia succedeva lo stesso agli inizi del XX secolo. Il matrimonio tra i genitori di Nino per esempio era stato combinato. La madre venne dall’America che aveva 14 anni, c’era andata a sei con la famiglia, per cercare fortuna ma quando morì il fratello, decisero di tornare a Castro de’ Volsci maledicendo quella terra lontana. Non sempre i nostri emigranti hanno trovato l’America!

La famiglia della madre era emigrata in America

Solo il nonno materno si trattenne altri due anni e quando tornò si appassionò molto per questo nipote: “È stato lui che mi ha insegnato tutto, anche l’ironia” svelò Manfredi in quella intervista, facendo un esempio: “Quando noi chiedevamo: ma com’è l’America? lui rispondeva: ma chi l’ha vista mai. Non sacciu mancu se ce sta lu sole. Quanno annavo a lavorà isso s’era ancora da ialzà, quando so finito de lavorà isso s’era già curricà”.

Quando la famiglia di Nino si trasferì a Roma, ogni tanto tornavano al paese a trovare il nonno. Aveva una casetta che s’era costruito lui a due piani ma senza il bagno. “A che serve?” chiese lui, “A fa la cacca!” rispose Nino. Allora il nonno prese la mano del nipote e lo portò nella vigna: “Guarda quanto spazio c’è!” Un giorno vai vicino alla vite ingiallita, un altro vicino al pero infiacchito.

In campagna tutto si ricicla e non si butta niente. Mentre in città tirate una catena e va tutto via, sprecato. Quanta distanza da allora ma anche quanta saggezza in quei modi di vivere, che oggi , con il problema dello spreco  e dei rifiuti che recano danno, ci tocca in parte recuperare.

Il borgo più bello del Lazio con vista panoramica sulla vallata

Castro dei Volsci, che in ciociaro si dice Cascetre, è oggi un comune di quasi 5 mila abitanti, in lieve decrescita, come tutta l’Italia. Ora è provincia di Frosinone ma quando nacque Nino era in provincia di Roma, dalla quale dista 90 km. Nel 2020 Visit Lazio decretò che Castro de’ Volsci fosse il più bel borgo del Lazio, associazione di cui faceva già parte fin dal 2016. L’origine ciociara contribuì non poco nel decretare il successo dell’attore Manfredi. Una delle gag più famose di Nino fu quella del barista di Ceccano, che lui interpretava durante una Canzonissima del 1959. Lo sketch si concludeva ogni volta con il celebre “fusse che fusse la vorta bbona”, divenuto una sorta di tormentone nazionale, rimasto poi nella memoria degli spettatori di allora.

Ceccano è comunque uno dei paesi confinanti di Castro de’ Volsci, come Amaseno, Ceprano, Pastena e altri. Una delle caratteristiche di questo borgo, rimaste intatte nel tempo, è la bellezza del panorama a 180° sulla vallata frusinate, fino alle montagne abruzzesi, che si può godere dalla piazza soleggiata che appare come per incanto uscendo dalle pittoresche stradine di pietra. Su una delle pareti delle case, un artista locale, Umberto Cufrini ha dipinto un murales dedicato all’attore Nino, che è ancora ben visibile passeggiando tra le abitazioni.

Si laureò in Giurisprudenza ma il sogno era andare all’Accademia d’Arte Drammatica

Nino racconta che è nato nel borgo ciociaro sul tavolo da cucina, grazie a sua nonna che ogni tanto faceva da ostetrica, quando di medici ce n’erano pochi. I suoi genitori, come tutti, volevano per lui una carriera con una professione di prestigio: avvocato. In effetti Nino si è poi laureato a Roma in Giurisprudenza (1945), anche se fin da bambino, il suo desiderio maggiore era fare l’attore. Il fratello era bravissimo a scuola e non veniva mai bocciato, così in terza ginnasio, Nino ripetente, li misero nello stesso banco, facendogli provare una grande vergogna.

Poi però arrivò il giorno dell’esame di Laurea e Nino confessò alla commissione dei professori che la sua aspirazione non era fare l’avvocato ma iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica. Se era lì era solo per fare contento il padre e ottenere il permesso di frequentare la scuola del palcoscenico. Ma attori e avvocati hanno delle affinità esibizionistiche e così quando il Rettore lo pregò di fare una piccola dimostrazione delle sue capacità lo premiò con un voto molto alto “perché non aveva riso mai così tanto.”

Prima ruoli drammatici in teatro e poi la rivelazione della rivista e della commedia musicale

Nel giugno del 1947, a guerra finita, si diplomò all’Accademia ed esordì al Piccolo di Roma sotto la direzione di Orazio Costa, nella compagnia Maltagliati – Gassman, dove recitò con Tino Buazzelli in testi per lo più drammatici di Jean Cocteau, Denis Amiel, Arthur Miller ed Eugene O’Neill. Lavorò anche al Piccolo Teatro di Milano con Giorgio Strehler nei drammi shakespeariani e col drammaturgo Eduardo De Filippo, recitando all’Eliseo di Roma con Paolo Panelli e Bice Valori.

Infine riuscì ad approdare al varietà, alla rivista e alla commedia musicale con Marcello Marchesi, Age, Scarpelli, Dino Verde, Orio Vergani, la coppia Billi e Riva e poi la coppia Garinei e Giovannini lo portò sul palcoscenico della rivista musicale. Con Delia Scala interpretò Rugantino e con Aldo Fabrizi e Bice Valori andò in tournée negli Stati Uniti, da qui il passaggio alla tv fu breve.

Una carriera di successi e di premi

Grazie alle apparizioni televisive prese il via la carriera di Nino Manfredi, prima confinata a lavori di doppiaggio o come attore teatrale, per diventare un protagonista della commedia all’italiana con film come L’audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Nanni Loy, cui seguirono interpretazioni magistrali: L’impiegato, Made in italy, Nell’anno del Signore con Tognazzi, Sordi e Cardinale. La performance drammatica in Per grazia ricevuta, gli valse come regista un Premio per la migliore opera prima al Festival di Cannes del 1971. Pane e cioccolata, In nome del Papa Re e Café Express, lo portarono a vincere 9 David di Donatello e 5 Nastri d’Argento.

Infine arrivò la straordinaria interpretazione di Geppetto nella serie televisiva Le avventure di Pinocchio (1972) con la regia di Luigi Comencini. Manfredi fu anche interprete e autore di canzoni molto popolari, alcune entrate nel repertorio classico romano. Lasciò un’ultima toccante testimonianza nella pellicola spagnola La fine di un mistero, prima di spegnersi il 4 giugno del 2004, lo stesso giorno della dipartita di Massimo Troisi.

Con Gassman, Tognazzi, Sordi, Vitti e Cardinale nell’Olimpo delle star italiane

Negli anni’60 Manfredi è stato protagonista di film che reteranno nella storia come colonne portanti della commedia all’italiana, con ruoli sia comici che drammatici.  La Parmigiana di Antonio Pietrangeli, Operazione San Gennaro di Dino Risi, Io,io,io .. e gli altri di Alessandro Blasetti e Una rosa per tutti di Franco Rossi dove recita con Claudia Cardinale. Ne Gli Anni Ruggenti è un rappresentante scambiato per un gerarca fascista.

In Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? è uno disilluso dalla società consumistica che il cognato (Alberto Sordi) scopre come stregone in una tribù africana. Poi Straziami ma di bacia saziami e Vedo Nudo, solo per citarne alcuni.

Al grande attore ciociaro è stato dedicato anche uno spazio a Castro dei Volsci, nella Torre dell’Orologio, con le foto della sua carriera artistica e della vita privata. Una sorta di piccolo Museo per la personalità locale più insigne.

Oggi il ricordo di Nino costituisce un’attrattiva per il turismo locale

Oggi si potrebbe dire che la gran parte dei turisti vengono a Castro dei Volsci più per Manfredi che per quello che ha da offrire il borgo, che rimane purtuttavia uno dei più belli della Regione. Attrattive interessanti ce ne sono, oltre a quelle già citate, a livello di architetture. Due chiese molto interessanti. La Chiesa di Sant’Oliva dedicata alla santa protettrice del borgo, già nominata in una bolla papale del 1125. Una chiesa che merita per il decoro della sua veste interna, la ricchezza dei suoi marmi, le pitture e il portale in bronzo e numerosi quadri raffiguranti temi religiosi.

Ma il principale monumento storico del paese è indubbiamente la Chiesa di San Nicola, il cui nucleo originario risale al VI secolo a.C. e dedicato al santo protettore di Bari, dal quale trae origine la leggenda di Santa Klaus. La Chiesa è un esempio di architettura paleocristiana dell’Alto Medioevo.

I valori del borgo antico hanno guidato Nino per tutta la sua carriera

Quando chiesero a Nino Manfredi cosa rimaneva dei valori appresi dai genitori e dalla vita del borgo ciociaro, l’attore rispose: “Beh, quelli ch’avemo già detto non sono dei valori? Quanno mia madre gli disse a mio padre ‘Ma faglie fa quello che gli pare a sto ragazzino’, lui rispose ‘Va bé ma a una condizione , se deve laureà’. Se non fosse stato per lui non avrei potuto fare l’attore. Lui mi ha insegnato tutto, dalle famose rrrr (promettendo di comperarmi il motorino che poi non mi ha comperato, che era un po’ come il motorino di adesso).

Mi ha dato grandi insegnamenti, pensa che fumava le Nazionali perché costavano meno, le tagliava in tre parti e le metteva dentro il bocchino, per farle durare più a lungo. Ma il vero genio resta comunque il nonno da parte materna, un vero genio, te voglio fa vedé na’ cosa, vedi questa foto, questa è mia madre, e questo è mio nonno che se sta a costruì la casetta da solo, mattone su mattone (quella senza gabinetto), quanno guardo le foto me vengono le lacrime agli occhi”.

Una commedia di Nino Manfredi è in scena all’Argentina in questi giorni con Flavio Insinna

Dal 30 dicembre scorso il figlio Luca ha riportato in scena a Roma una commedia scritta da Nino Manfredi con Nino Marino e da lui stesso interpretata nel 1988.  Sono di scena al Teatro Argentina a Roma, con Gente di facili costumi, con Flavio Insinna nel ruolo di Ugo che era di Nino e Giulia Fiume nei panni di Principessa, una prostituta disordinata e rumorosa che sogna di diventare “giostraia”. Mentre Ugo, l’inquilino del piano di sotto, è un intellettuale che vivacchia scrivendo per la tv e per il cinema ma che sogna di fare film d’arte.

In seguito a degli eventi i due si trovano costretti a vivere insieme in una convivenza forzata, che da inizio a un confronto/scontro costellato di incidenti e incomprensioni, ma anche un curioso sodalizio, dove ciascuno condivide con l’altro ciò che ha. Dall’incontro tra Anna e Ugo nasce un turbine di disastri, malintesi, ilarità e malinconie pienamente in sintonia con l’immagine che il loro autore, Nino Manfredi, ha lasciato nel ricordo di ognuno di noi.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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