Politica

Che succede a destra di Giorgia Meloni? Manifesto del Forum dell’Indipendenza Italiana

Dopo aver accertato l’insanabilità della frattura tra Destra di Governo, riqualificatasi in un poco chiaro Partito dei Conservatori, e Destra Sociale (fin troppo superficialmente definita Destra Destra), andiamo ad occuparci con giustificato interesse del primo appuntamento post Orvieto 23, in cui viene presentato alla platea dei comuni cittadini, il Manifesto del Forum dell’Indipendenza Italiana.

La location scelta per questa prima uscita è Rieti, capoluogo laziale noto per essere anche il centro della geografia italiana, la data il 20 Settembre.

Per saperne di più ne parliamo con il “padrone di casa” Chicco Costini, Presidente di AREA, storica associazione di Destra del reatino, che negli anni si è dedicata all’attivismo politico sul territorio unendo coerentemente l’ideologia, la militanza e l’azione sul campo, nonché protagonista in molte stagioni, della politica cittadina istituzionale e fedelissimo di Gianni Alemanno.

A proposito, il primo fondatore e leader di tutto ciò è proprio Gianni Alemanno, già Sindaco di Roma oltre che ex Ministro dell’Agricoltura con Berlusconi (senza esserne parente), ma soprattutto storico rappresentante, senza se e senza ma, di quella Destra sociale praticamente bandita dalla nuova ed inattesa “versione di Giorgia”.

E allora Costini, in primis, ci parli proprio del suo rapporto con Alemanno. Un rapporto di vecchia data mai messo in discussione, neanche nel periodo “giudiziario” che ha costretto l’ex Sindaco di Roma ad una lunga “pausa” dall’agone politico…

Con Alemanno è iniziato il mio impegno politico circa 40 anni fa. Arrivato a Roma per i miei studi universitari con lui ho iniziato la mia militanza nel Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI. Fu la stagione del ritorno della giovane destra alla Sapienza, dei progetti per portare fuori dal ghetto le nostre idee. Venne poi tangentopoli, Alleanza Nazionale e l’inizio di una nuova stagione politica in Italia. Con Gianni anni intensi di militanza politica, analisi, crescita culturale ed esperienze amministrative che hanno consolidato un’amicizia profonda e di grande rispetto nei confronti di uno dei pochi veri leader del panorama nazionale.

Ci presenti l’evento del 20 Settembre. Come si è arrivati al Manifesto di Orvieto “23 e quali i motivi volti a favorire la partecipazione “in presenza” dei comuni cittadini?

Orvieto 23 nasce dall’esperienza del comitato Fermare la Guerra, e dalla consapevolezza che molte delle speranze alimentate dalla vittoria del cdx alle elezioni politiche, dalla nomina di Giorgia Meloni alla presidenza del consiglio, siano state deluse. Il mondo sta cambiando. Il modello liberista sta fallendo.

La gestione multipolare del mondo a trazione americana è nella sua fase finale ma la destra al governo, che pure negli anni aveva elaborato molto della sua linea politica sulla previsione di quanto sta avvenendo, sembra non accorgersene.

L’adesione incondizionata alle posizioni della NATO sulla guerra Russo- Ucraina, la rinuncia di fatto alle istanze sovraniste, che avevano caratterizzato la campagna elettorale, l’atteggiamento di supina accettazione delle follie imposte dalla UE, la non consapevolezza della necessità di un superamento del modello liberista stanno portando la nostra Nazione al collasso economico.

La classe media, che sempre più sta scivolando verso la povertà, aveva votato centro destra e soprattutto Fratelli d’Italia nella speranza di poter invertire la rotta che la scelte economiche, imposte da Bruxelles venissero arginate. Questo non sta accadendo, e mentre nel mondo l’ampliamento dei BRICS sta costruendo un nuovo assetto di potere multipolare ed alternativo a quello imposto dagli USA, che valorizza le identità nazionali, la Meloni ed i suoi ribadiscono un acritica fedeltà alla Nato e ad un Occidente sempre più caratterizzato dal nichilismo valoriale e dall’egemonia delle multinazionali.

Sono nove i punti del documento programmatico del Manifesto, ma il primo, e forse non è un caso, verte sul vincolo esterno europeo come negazione della politica economica nazionale. Dunque, usciamo dall’Europa?

Quando parliamo di Europa dobbiamo sempre ricordare che in questa epoca non si parla di un continente i cui popoli sono uniti da una storia e da un insieme di valori comuni, ma di una costruzione artificiale, caratterizzata da una visione ultraliberista della società, di un grande mercato la cui sintesi è la mercificazione dell’esistenza.

La UE non è la concretizzazione del sogno di una grande Europa, terra di civiltà e cultura, ma un insieme di burocrati al servizio della grande finanza, i cui interessi non sono quello dei popoli ma degli affaristi e dei banchieri.

Così questa Europa è un nemico dei nostri interessi. O siamo in grado di cambiarla profondamente o uscirne diventa l’unica strada per salvarsi.

Attraverso il Comitato “Fermare la Guerra” è chiara la posizione espressa nel Manifesto a proposito della strategia americana a danno dell’economia europea. Quale soluzione dunque, al di là della cristiana condanna per un conflitto che sta sconvolgendo la vita dell’intero pianeta?

La guerra russo-ucraina è un conflitto loco regionale che va avanti dal 2012, e come tutte le guerre presenta atrocità e nefandezze da entrambe le parti.

Putin ha sbagliato a far scendere in campo l’esercito, ma dal 2012 il governo ucraino, fortemente condizionato dagli interessi economici americani (in primis del figlio di Biden) ha compiuto massacri nelle regioni russofone, stralciando tutti gli accordi firmati.

Il rapporto tra Russia ed Europa, lo scambio economico tra una nazione ricca di materie prima ed il nostro continente con un’industria di trasformazione estremamente avanzata, hanno permesso negli scorsi decenni un’importante crescita economica di entrambi.

Lo scoppio di questo conflitto, alimentato da scellerate scelte della NATO, hanno interrotto questi rapporti, con danni profondi per l’economia europea, come l’attuale recessione della Germania dimostra.

L’Europa invece di trasformarsi in un soldatino degli americani, dovrebbe svolgere un compito di mediazione tra Russia ed Ucraina, portando ad una soluzione pacifica del conflitto. Solo così potremmo porre fine ad una tragedia che ancora una volta sta insanguinando il nostro continente, con la consapevolezza che qualsiasi sarà il risultato della guerra gli unici a perdere qualcosa saremo proprio noi

Sempre nel documento programmatico del Manifesto, si auspica una politica industriale pubblica quale base per la rinascita economica nazionale. Sembra quasi una posizione figlia del comunismo

In realtà è una posizione storica della destra sociale, che ha rappresentato per anni una componente importante della destra italiana. L’intervento dello stato in economia è presente nella dottrina sociale della chiesa, ed è un modo per “arginare” la voracità del liberismo.

La funzione dello Stato deve essere quella di equilibrare le esigenze delle imprese con l’interesse del popolo, per evitare che la corsa al guadagno senza regole trasformi in merce tutto, compresa la vita come accade per l’utero in affitto.

In un sistema mediatico controllato dalla supposta “intellighenzia” di Sinistra, come pensate di rendere pienamente consapevoli gli italiani della vostra iniziativa tanto distante dal “pensiero unico” dominante?

Utilizzando strumenti antichi e moderni!! Da una parte riscoprendo la militanza politica, facendo tornare centrale la partecipazione attiva alla politica, radicando il nostro messaggio nei territori attraverso il contatto diretto con le persone. D’altra sfruttando i social, che se usati correttamente possono permettere il diffondersi di un messaggio libero.

Di solito, la formula del Manifesto politico, prelude alla nascita di un nuovo partito organizzato. Le elezioni Europee, per il suo sistema proporzionale, sembra ben prestarsi ad una “prima uscita”, magari augurandosi di poter utilizzare la soglia “renziana” del 3% Se nascerà un Partito di Alemanno, si potrà assistere ad un fenomeno “migratorio”? Da dove e in che misura secondo lei?

Quello che sarà il futuro del nostro movimento lo vedremo lungo il percorso. Se l’attuale cdx ascolterà quelle che sono le istanze che hanno visto ad Orvieto ritrovarsi tante associazioni e comunità di differente provenienza, potrebbe non essere necessario dare vita ad un nuovo partito. Se questo non dovesse avvenire (come le ultime decisioni del governo sembrano preludere) allora scendere in campo diventerà un’esigenza per dare voce ai tanti italiani che chiedono un vero cambiamento. E sarà un movimento che non avrà preclusioni sulla provenienza culturale e politica. Nel manifesto di Orvieto abbiamo ben delineato quale sia il nostro “centro valoriale”. Chi si ritroverà in quei punti potrà iniziare un viaggio con noi.

Antonio Augello

Redazione

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