Cucina

Chef, Francesco Padovani: Cucina è studio ma l’esempio sono i piatti della nonna

Conosciamo lo chef. Come hai realizzato di poterlo diventare e quale è stato il percorso che ti ha condotto al Baglioni Regina? 

Non c’è un momento preciso in cui ho realizzato di voler diventare uno chef, in realtà la strada per diventarlo è ancora molto lunga fortunatamente. Fin da piccolo sono stato a contatto con persone amanti della cucina come le mie zie paterne, mia nonna e mio padre, che in modi differenti mi hanno trasmesso il loro amore, la creatività, il rispetto per il cibo e per le tavole imbandite.
Ma penso che ciò che mi abbia indirizzato su questa strada sia stato il “gioco del ristorante”.

Ero piccolino e con mia sorella passavamo le nostre giornate dai nonni e proprio con mio nonno giocavamo al gioco del ristorante, lui era il cliente, io lo chef e mia sorella la cameriera che proponeva vino fresco di frigorifero. Penso che quei momenti di gioco mi siano entrati nel profondo e hanno fatto si che io scegliessi questa strada. Sono giunto al Baglioni Regina tramite il passaparola. Nel nostro ambiente il passaparola è fondamentale e gran parte dei miei amici sono miei colleghi, di conseguenza dove occorre fra colleghi (e amici) ci si consiglia dove proporsi, in base alle esperienze e alle esigenze.

Devo dire che fra di noi, almeno per la mia esperienza, siamo stati sempre molto solidali. Tutti i consigli dati e ricevuti sono sempre stati sinceri, perché siamo tutti a conoscenza del grande impegno che richiede questo ambiente.

Sei un giovane chef e cresci in un periodo storico in cui la tua professione ha un’immagine di straordinaria forza e che attraverso la tv e i media in genere è percepita da tutti come vincente e propositiva. Pochi sanno invece quali siano le competenze di uno chef. 

È vero, la tv e i media hanno dato un nuovo volto allo chef, proponendolo come una figura di spicco e autore di grandi successi, ma spesso viene messo in disparte tutta la parte inerente alle rinunce, agli sforzi e agli innumerevoli insuccessi.

Tutti i grandi chef che ho studiato, hanno in modi diversi sacrificato la loro vita per raggiungere risultati. La vita di uno chef e della brigata in generale è come una ricetta complessa, c’è rigore, impegno, pulizia, rispetto e perseveranza. Lo chef poi è la prima persona che entra in cucina e l’ultima ad andare via. E’ un leader che motiva tutti i suoi subordinati a dare sempre il meglio, a spingersi oltre e a non fermarsi di fronte le difficoltà.

Mai come oggi la cucina viene promossa dalla televisione. Esistono decine di trasmissioni che parlano di cibo, di alimentazione e dell’importanza della qualità dei prodotti, per far uscire bene un piatto e soprattutto per la nostra salute. Eppure come ti spieghi che benché siamo così tanto informati, non sappiamo scegliere i prodotti di qualità e mangiamo così male? 

Ci sono, secondo me, diverse ragioni in merito a questo. La prima fra tutte è il nostro stile di vita. Viviamo seguendo dei ritmi serrati e siamo “succubi” di un continuo susseguirsi di impegni, e per questo la maggior parte delle persone presta sempre meno attenzione al cibo e ai pasti in generale. Si mangia in piedi, in treno e le pause dedicate al pasto sono sempre più ridotte. Per non parlare poi della crisi economica che viviamo.

Purtroppo il cibo di qualità ha un prezzo superiore e io immagino quelle famiglie numerose che hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese e quindi, dove possono puntano al risparmio. In ultimo, secondo me, vi è un problema legato anche a fattori culturali; non voglio dire che il cibo sia prerogativa delle fasce culturali più alte, ma sicuramente viene prestata più attenzione ai rischi e ai benefici legati al cibo. Quindi secondo me bisognerebbe proporre e pensare dei programmi che siano rivolti soprattutto a chi ha meno possibilità di informarsi.

Cosa significa per te tradizione in cucina? E inoltre si esagera quando ci si richiama alla tradizione o è giusto farlo?

Per me tradizione significa “sapori di una volta”, quei sapori che vengono tramandati e che sono parte dei nostri ricordi. Quei piatti che almeno una volta nella vita hai assaggiato e che seppur con qualche ingrediente e preparazione differenti sono presenti in tutte le case del paese.

Quando posso propongo la “mia” tradizione, perché mi piace raccontare le mie origini e in generale sono estremamente curioso di conoscere i sapori tradizionali di tutte le cucine. Amo la tradizione ma mi piace anche rivisitarla. Mi piace apportare un mio contributo e rendere il piatto attuale, magari provare a renderlo più invitante cambiandone forme e dimensioni.

Chi è il tuo ospite (cliente) ideale a tavola e come si comporta?

Il mio ospite ideale? Sicuramente deve essere curioso e anche amante dell’avventura. Per me il piatto è il risultato di un viaggio e il mio cliente deve abbandonarsi completamente all’esperienza. Deve lasciarsi guidare e soprattutto eliminare qualsiasi pregiudizio in merito al cibo. Il mio cliente ideale è colui che osa, che sperimenta che si stupisce.

Come si lavora in un grande albergo come il Baglioni Regina? 

Il Baglioni Regina come hai detto è un grande albergo di lusso. Tutti noi dipendenti siamo chiamati a rispettare regole ben precise che assicurano la qualità della struttura. Questo rigore ci spinge a dare sempre il meglio e a concentrare l’attenzione al fine di regale ai nostri ospiti una vera experience. E poi da un punto di vista contrattuale abbiamo la sicurezza di lavorare per una grande struttura, quindi contrattualmente ed economicamente ben tutelati.
E tu come ti comporti a tavola e come sperimenti la cucina quando sei fuori dal lavoro?

Io e la tavola abbiamo una relazione seria e duratura da molti anni, posso dire che è il mio grande amore, la mia grande passione e come ogni relazione che si rispetti è anche densa di momenti di discussione. Cerco di essere un po’ come il mio ospite ideale. Sono estremamente curioso e “ingordo” di tutto ciò che non conosco. Mi piace provare a capire il viaggio di coloro che hanno pensato quel determinato piatto e dove possibile cerco di reperire informazioni circa le materie prime e i diversi procedimenti di lavoro.

Sono attento ad immagazzinare nei miei ricordi le sensazioni che mi suscitano le pietanze e provo ad immaginare cosa poter modificare o cosa potrebbe rendere quella pietanza perfetta (almeno per me). Quando invece sono a casa, mi gusto i sapori della mia terra e della mia infanzia senza mai pretendere piatti strutturati.

Mariagloria Fontana

Scrittrice e giornalista. Laurea magistrale in Storia e Critica del Cinema. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione Pubblica all'Università di Tor Vergata di Roma. Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo "La Ragione era Carnale" (Armando Curcio editore). Ha scritto per "Il Fatto Quotidiano", "MicroMega", "Viaggi del Corriere della Sera", "Huffington Post", "Affaritaliani". È stata fondatrice e direttrice del sito femminile di costume "Le città delle donne". Ha un programma di libri, "Affari di libri", in cui intervista gli scrittori in onda sulla emittente radiotelevisiva "Radio Radio".

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