Un'umiliazione dalla quale non si torna indietro. Un altro 7-1, stavolta non contro Rooney e Cristiano Ronaldo, nè contro Robben e Ribery: a far sprofondare la Roma sono state le giocate dei pur talentuosi Chiesa e Muriel.
Lo psicodramma andato in scena al Franchi di Firenze rappresenta senza dubbio il punto più basso della gestione americana a Roma, un momento che dovrebbe e sicuramente farà molto riflettere a Trigoria, dove adesso nessuno si potrà permettere di sentirsi innocente di fronte a tale scempio. La panchina di Di Francesco, dopo aver superato diverse turbolenze nell'ultimo anno e mezzo, vacilla come mai prima d'ora, e la partita col Milan potrebbe essere la sua ultima, in caso non si arrivi a una rottura già prima. Ultima spiaggia, quindi, come lo era stata quel Roma-Genoa che poi diede il via a un'illusoria striscia positiva che, con il senno di poi, la si può imputare più ad un'effimera reazione d'orgoglio, piuttosto che alla reale convinzione reciproca tra giocatori e staff tecnico.
La Roma dà l'impressione di navigare a vista già da un paio di mesi: le voci sull'allenatore vanno e vengono sull'onda dei risultati, cosa che non dovrebbe succedere quando si ha la piena fiducia nel proprio Mister (ammesso che questa appartenga a tutti gli stati generali di Trigoria).
Nell'undici giallorosso sceso a Firenze non funziona nulla. La difesa è solo la punta dell'iceberg: accanto a Fazio, stavolta affonda pure Manolas; sugli esterni, Kolarov si fa costantemente infilare da Chiesa, e ormai le sue giocate offensive non sono più neanche fumo negli occhi dei tifosi romanisti. Sulla mediana Cristante e N'Zonzi naufragano quando la squadra si allunga, ma sono anche vittime dei loro stessi limiti nella gestione del pallone. Proprio il centrocampista italiano si rende poi protagonista di un litigio in campo (e negli spogliatoi) con Dzeko, nervoso a livelli inaccettabili (come ormai ci ha abituato a essere) dopo il quarto gol avversario.
Le responsabilità vanno inevitabilmente anche e soprattutto al ds Monchi, ovvero l'artefice della squadra. Sulle spalle dell'ex Siviglia pesano alcune scelte estive come l'acquisto di Pastore, giocatore che non è mai stato in grado di dare il suo apporto di qualità alla squadra e che è stato sorpassato prima da Pellegrini e poi da Zaniolo. Discutibile anche la decisione di non affiancare (neanche nel mercato di gennaio, con la fumata nera dell'affare-Vida) un vero titolare a Manolas, ruotando accanto al greco gli insufficienti Fazio, Marcano e Juan Jesus.
Il dirigente spagnolo è probabilmente il più accusato in casa Roma, oltre a essere forse l'unico a credere ancora in Di Francesco all'interno di Trigoria. Voci danno infatti Baldissoni e Baldini spingere per un cambio di tecnico, e sicuramente saranno fondamentali i colloqui con Pallotta delle prossime ore.
L'allenatore abruzzese non sembra infatti intento a rassegnare le dimissioni: le prossime ore saranno decisive.
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