Colleferro, discarica Valle del Sacco: sentenza di 1° grado il 16 luglio
Dopo l’emergenza Covid-19 si torna in aula il 16 luglio per attribuire le responsabilità legali del disastro ambientale della Valle del Sacco
Discarica della Valle del Sacco. Giunge a compimento un procedimento dalla storia travagliata, aperto dieci anni fa e ‘scampato’ alla prescrizione grazie alla verifica in Corte Costituzionale.
Gli sversamenti tossici nel fiume Sacco
Sarà il giudice Luigi Tirone a stabilire se i quattro imputati con la loro condotta abbiano contribuito o meno allo sversamento del betaesaclorocicloesano nelle acque del fiume Sacco.
Sostanza che avrebbe poi causato la contaminazione dei terreni e, attraverso la catena alimentare, delle persone in una vasta area compresa tra le province di Roma e Frosinone.
Associazione ambientalista in difesa della Valle del Sacco
“Con buona probabilità il processo sull’inquinamento della Valle del Sacco vedrà il suo primo epilogo con la lettura della sentenza di primo grado il giorno 16 luglio alle ore 11.30 presso il Tribunale di Velletri“. Così scrive in una nota stampa l’associazione ambientalista Rete per la Tutela della Valle del Sacco (Retuvasa). L’associazione costituitasi parte civile nel processo. Diciamo con buona probabilità perché il procedimento ci ha già riservato risvolti negativi che ne hanno determinato l’allungamento dei tempi.
“Noi, alla prima esperienza nelle pratiche di giustizia in materia ambientale, salutavamo l’avvio del procedimento penale nel 2009 con la speranza che ‘finalmente qualcuno venga condannato’.
Ben presto però abbiamo dovuto assistere alle rituali manfrine procedurali, lungaggini per la fissazione delle udienze, passando per un cambio di giudice. Fino al rimando decisionale sui termini di prescrizione alla Corte Costituzionale.
Continua l’associazione: “D’altra parte ricordiamo bene anche il caso del processo inceneritori di Colleferro (26 indagati e 9 aziende) caduto in prescrizione in modo vergognoso. Se non fossimo determinati a lottare con tutti i mezzi a disposizione verrebbe meno la volontà di denunciare i misfatti ambientali. Ora dopo l’emergenza Covid-19 che ha bloccato la semplice lettura della sentenza, si torna in aula nella speranza che questa volta si arrivi a una conclusione.
Ad enti, associazioni, cittadini contaminati resterà la speranza (col beneficio del dubbio sulle possibilità economiche degli eventuali condannati) di poter essere risarciti del danno subito. Certamente scamperà alla sanzione penale o condanna in carcere, chi ha procurato danni irreversibili all’ambiente, alla salute e all’economia di un territorio vasto. E per il cui recupero occorrerà mettere in campo ingenti risorse pubbliche”.
Retuvasa: “Trasformazione modello di sviluppo”
Conclude Retuvasa. “Questo esito deludente sul piano penale non fermerà la nostra volontà e quella dei tanti cittadini della Valle del Sacco di conoscere le responsabilità del disastro ambientale sul nostro territorio. Di controllare con tutti i mezzi disponibili le conseguenze sulla nostra salute, di lottare per una trasformazione radicale del modello di sviluppo.
Abbiamo conquistato e condiviso uno straordinario patrimonio di conoscenze. Ma anche una grande capacità di lotta e di organizzazione con cui siamo determinati a costruire un futuro di giustizia sociale ed ambientale”.