Colleferro, violenza contro le donne è anche privarle dei reparti di ostetricia, ginecologia e pediatria
E’ accaduto qualche tempo fa all’ospedale di Colleferro, dove sono stati soppressi i reparti di ostetricia, ginecologia e pediatria
Che cos’è la violenza contro le donne? Spesso parliamo di violenza contro le donne. Un atto che può assumere molteplici forme e modalità, sebbene la forma fisica sia la più facile da riconoscere. Una forma di violenza contro le donne, che quasi mai viene considerata, è anche quando le donne vengono deprivate di alcuni servizi sensibili a loro dedicati. Com’è accaduto qualche tempo fa all’ospedale di Colleferro, dal momento che sono stati soppressi i reparti di ostetricia, ginecologia e pediatria.
Reparti prima spostati e poi cancellati
Quei reparti sono stati spostati all’ospedale di Palestrina. Almeno così dicono, ma in realtà, a causa della pandemia da Covid-19, attualmente non sono più attivi. E ogni cittadino sa quanto questi siano necessari in un territorio vasto come la zona sud della provincia di Roma. Tuttavia questi reparti sono necessari anche perché, in molti casi è difficoltoso per una donna recarsi a Tivoli o a Roma per partorire. E quali difficoltà stradali si incontrano per raggiungere da Colleferro sia l’ospedale di Tivoli che l’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Palidoro o di Roma, quando il bambino sta per nascere o sta male.
Anche questa è violenza sulle donne, non c’è altro termine per definirla. Pertanto, sarebbe urgente e necessario riaprire immediatamente quei reparti o perlomeno ambulatori h24 di assistenza per gestire casi di emergenza. A fine ottobre scorso, una bimba che aveva fretta di venire al mondo, è nata solo grazie alla grande responsabilità di alcuni medici, del Pronto Soccorso di Colleferro. Per fortuna, non ci sono state complicanze.
Auguri alla neo mamma e complimenti alle ostetriche e al personale sanitario, affinché questo bellissimo evento, che deve essere di buon auspicio per le future nascite a Colleferro, non debba ripetersi in una corsia di un pronto soccorso.
Arianna Marcotulli