Decine di medici morti. Tanti medici ci hanno detto: “Non siamo eroi, ma gente che fa il proprio dovere”. Ma quel dovere, si misura con il rischio di morire dello stesso male che essi cercano di combattere. Dunque, eroi, che tutti noi ammiriamo e rispettiamo.
Non tutti, in verità. C’è qualcuno che non solo non li rispetta, ma li irride. Sono quelli che se ne fregano delle regole necessarie per arginare il virus, regole facili da rispettare: stare a casa, uscire solo per assoluta necessità, stare distanziati dagli altri, possibilmente indossando una mascherina. Badate bene, sono tantissimi, perché le migliaia di denunciati sono solo la punta di un iceberg di idioti, che solo così si sentono vivi; dei miserabili, dei quali, però, non dobbiamo avere pietà, perché irridono i nostri eroi.
Molti, in questi giorni, usano la metafora della guerra. Ecco, questi signori sono un po’ come gli imboscati, che durante la guerra fanno affari illeciti, mentre gli altri, al fronte, combattono e muoiono per loro. Fanno schifo, ma a guerra finita, continueranno a stare bene e a irridere non solo gli eroi, ma anche coloro che hanno semplicemente fatto la loro parte.
Costoro, in questi giorni di abuso dei social, oscillano tra l’esaltazione emotiva dell’eroismo – degli altri ovviamente – e la ribellione alle regole, facendo rimbalzare fake news e post politici che rimpiangono i bei tempi andati, di quando eravamo “una nazione indipendente dall’Europa”, dimenticando che eravamo succubi della Germania nazista. Post che indeboliscono l’azione del Governo e generano malumore. Ma andare controcorrente è una tentazione irresistibile, anche quando mette a rischio la salute di tutti.
L’unico modo per “rieducare” costoro è quello di punirli davvero, approfittando dell’eccezionalità della situazione. Potrebbe addirittura essere lo strumento per la rinascita del senso civico, che è poi l’unica possibilità di vedere l’Italia uscire migliorata da questa esperienza.
“Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi” perché significa che ciò che serviva non è bastato. Ma sventurato anche il popolo che non sa rispettare le regole, perché non ha nessuna speranza di farcela.
Il popolo italiano ha una atavica avversione per le regole. Il “meraviglioso boom economico” del dopoguerra, se ci pensate, è stato certamente figlio del genio e della passione imprenditoriale di tanti, ma anche della mancanza di regole: sfruttamento della manodopera, rischi eccessivi sul lavoro, discriminazione politica e sociale e, non ultime, sfrenata speculazione edilizia e spudorata evasione fiscale. Appena sono arrivate le regole, grazie alle lotte politiche e sociali, l’Italia è entrata in crisi. Quasi nulla è rimasto del grande “boom”, a parte l’evasione fiscale.
Un popolo così può uscire rafforzato dal virus e ripartire impegnando al massimo le proprie energie e le proprie capacità? Vorrei dire di si, ma vedo che da più parti si torna a parlare di maggiore flessibilità con meno regole e vincoli. Richieste giuste, che io stesso auspico da tempo.
Ma non vorrei che la parola magica della “lotta alla burocrazia” divenisse il grimaldello per fare rientrare dalla finestra qualcosa che avevamo cacciato dalla porta.
La burocrazia incapace e corrotta, che cresce all’ombra di regole ottuse e farraginose va smantellata, per essere sostituita da funzionari competenti e capaci, orgogliosi di essere al servizio della collettività. Ma altrettanto indispensabile è dare il giusto rilievo alle regole che la burocrazia è tenuta a fare rispettare con rigore.
Ma questo è possibile solo se la collettività ha il desiderio di rispettare regole semplici e chiare. Come quella, appunto, di stare a casa in questi giorni.
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