Per i titolari degli stabilimenti balneari è indubbiamente una buona notizia, anche se per ora non c’è nessuna certezza su come andrà a finire. Intanto, però, il senatore della Lega William De Vecchis ha acceso le speranze: “Il Governo – ha dichiarato in una nota che fa seguito all’incontro che si è tenuto ieri sul tema ‘La questione balneare italiana e spagnola a confronto: analisi della Ley de Costas spagnola’ – sta lavorando per costituire un tavolo tecnico, cui parteciperanno sicuramente anche gli organizzatori del convegno, per scardinare i preconcetti, fare finalmente luce sulla materia e risolvere definitivamente il problema”.
La ‘materia’ sono le concessioni di beni demaniali e, in particolare, di tratti di litorale a uso turistico. Il ‘problema’ è la Bolkestein, la direttiva europea del 2006 che prevede, tra l’altro, l'obbligo di mettere al bando quelle concessioni di spazi pubblici e beni demaniali che siano in scadenza, consentendo la partecipazione anche agli operatori stranieri. In un Paese come il nostro, nel quale invece la prassi abituale era il rinnovo pressoché automatico, la normativa UE è stata vista fin dal primo momento come fumo negli occhi.
L’aggancio internazionale ha ragioni precise. Come ha spiegato il legale iberico David Egea Villalba, infatti, “in Spagna la Bolkestein non è mai arrivata perché il Parlamento ha legiferato subito con tre differenti leggi, compresa la Ley de Costas che ha ricevuto solo 106 voti contrari dall'opposizione e successiva segnalazione in UE, ma senza alcuna infrazione”.
Qui da noi, invece, c’è stato il recepimento nel 2010 e poi, tanto per cambiare, la questione è finita nel limbo delle situazioni irrisolte. Una proroga dopo l’altra e amen.
Il sindacato ‘La base balneare’, che è il promotore del succitato convegno, ha intenzione di dare battaglia sul piano legale. E ritiene di aver trovato l’arma decisiva in una revisione delle normative di settore che ricalchi il modello adottato in Spagna, dove “la Bolkestein non è considerata per gli stabilimenti balneari perché in quella nazione c'è la distinzione tra i beni, i servizi e le imprese balneari, da subito considerati beni, oltre che un asset strategico per una nazione e degno di protezione, cosa che non ha mai fatto l'Italia, unico Stato che interpreta la direttiva Bolkestein in questo modo”.
Ovviamente è una posizione di parte, in cui si mescolano delle buone ragioni e dei fortissimi motivi di puro interesse. Se è vero che il lassismo dei decenni precedenti ha indotto tanti titolari di concessioni balneari a investire moltissimo, nel presupposto che i rinnovi proseguissero più o meno all’infinito, ciò non deve mai far dimenticare che il litorale è e deve restare un bene demaniale. Che si può affidare ai gestori per un tempo anche lunghissimo, ma che non deve mai perdere la sua natura di bene pubblico. E non soltanto in senso formale.
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