Opinioni

Consiglio Ue, sì al Mes: e qualcuno in Italia perderà la faccia

Sì al Mes e ai suoi “fratelli”, così come a un genericissimo Recovery Fund: queste, in buona sostanza, le conclusioni di un Consiglio Europeo che si preannunciava epocale. Invece, come sempre, la montagna comunitaria ha partorito un topolino: che però ha fatto esultare – ben oltre il dovuto – la maggioranza rosso-gialla.

Gli esiti del Consiglio Europeo

I capi di Stato e di Governo europei hanno anzitutto dato il via al pacchetto di misure approvate dall’Eurogruppo, che dovrebbero essere operative entro giugno: il programma SURE per finanziare la cassa integrazione, il fondo di garanzia Bei per sostenere le imprese e, naturalmente, il Fondo salva-Stati.

Malgrado le dichiarazioni bellicose delle settimane precedenti, il bi-Premier Giuseppe Conte non ha posto il veto sul Meccanismo Europeo di Stabilità: in versione light, cioè senza condizionalità – ma per ora questa clausola resta al livello di un gentlemen’s agreement. Come infatti «ha ricordato la signora Merkel, per cambiare i trattati ci vogliono dei mesi» ha avvertito il leader leghista Matteo Salvini.

In compenso, l’ex Avvocato del popolo ha vista riconosciuta l’urgenza di varare il fantomatico “fondo per la ripresa”: il cui nome (rigorosamente in inglese) è uno dei pochissimi aspetti su cui si è trovato l’accordo.

Si sa che dovrà essere legato al settennale bilancio Ue, e che la Commissione Europea dovrà presentare una proposta entro il prossimo 6 maggio. Per il resto, rimangono indefinite la dotazione del fondo e le tempistiche, che difficilmente saranno quelle auspicate dal Governo italiano: il quale vorrebbe un meccanismo da almeno 1.500 miliardi attivo prima dell’estate.

La distanza tra Nord e Sud Europa

Soprattutto, però, permangono le distanze sugli strumenti finanziari anti-crisi tra i Paesi del Sud Europa e il cosiddetto “blocco del Nord”: con quest’ultimo che insiste su un sistema di prestiti, laddove i primi premono per avere trasferimenti a fondo perduto.

«Ci sono sensibilità diverse ma sono ottimista» ha detto il presidente del Consiglio Ue, il belga Charles Michel: mentre la sua omologa della Commissione Europea, la tedesca Ursula von der Leyen, ha assicurato la ricerca di un equilibrio.

Di fatto, come sempre, per ora l’impasse si è risolta non risolvendosi, vale a dire attraverso l’ennesimo comunicato vago e fumoso: che accenna solamente a un fondo di «magnitudo sufficiente» e «mirato ai settori e alle parti dell’Europa più colpite, dedicato a questa crisi senza precedenti».

Il nulla, as usual. Un nulla che però, sempre as usual, ha inspiegabilmente entusiasmato buona parte dei nostri rappresentanti.

Le reazioni della politica

Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha definito il Recovery Fund «un primo importante risultato», un’idea condivisa dal segretario dem Nicola Zingaretti: «I governi Ue hanno compreso l’importanza della proposta del Governo Conte per un fondo europeo a sostegno di famiglie e imprese. Quello che chiedevamo. L’Europa si sta muovendo».

Non sono stati gli unici ad accontentarsi del principio. Tra gli altri, anche il (recidivo) Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha twittato giulivo: «Il Consiglio Europeo riconosce che il Recovery Fund è “necessario e urgente” e deve avere risorse significative. Un successo per l’Italia e i paesi che hanno spinto per questa soluzione».

Non poteva poi mancare l’enfasi nel commento di Giuseppi: «Grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa». Forse però era Giuseppe 2 che si riferiva alle rassicurazioni di inizio aprile di Giuseppe 1: «Io ho una sola parola: la mia posizione e quella del Governo sul Mes non è mai cambiata e mai cambierà».

Le critiche dell’opposizione

Di fatto, comunque, si è trattato di un autoincensamento in tono minore, come non ha mancato di rimarcare la leader di FdI Giorgia Meloni: secondo cui il fatto che Conte «abbia liquidato in pochi minuti gli esiti di un appuntamento fondamentale» è indice «dell’ennesimo buco nell’acqua a livello europeo. Forse in fondo se ne vergogna anche lui».

Sulla stessa linea critica il Carroccio, con il Capitano che ha attaccato con l’abituale sobrietà quelli che ha bollato come «ladri di Futuro, di Democrazia, di Libertà». Il nodo del contendere è sempre il sì al Mes: che per il segretario della Lega resta «una drammatica ipoteca sul futuro dell’Italia», che già «delinea una dipendenza perenne da Berlino e Bruxelles».

Sul tema, però, Forza Italia ha preso le distanze dagli alleati di centro-destra – pur chiarendo che non darà un appoggio esterno all’esecutivo: per gli Azzurri, infatti, bisogna almeno valutare la possibilità di ricorrere a un Fondo salva-Stati privi di vincoli per le spese sanitarie.

Lo psicodramma grillino

Curiosamente, sono le stesse parole usate da più di un esponente grillino, a partire dal capo politico Vito Crimi: secondo cui «non possiamo non valutare la situazione in cui non ci sono condizionalità, ci mancherebbe».

Poi ha anche precisato di non essere certo «che nessuno dopo due-tre anni venga a commissariare il Paese»: ma è sembrata più un’excusatio non petita a uso della fronda interna di irriducibili (tipo Dibba) che del Fondo salva-Stati non ne vogliono proprio sapere.

Perché, di fatto, il M5S è l’unica forza politica ad aver fatto della lotta al Meccanismo Europeo di Stabilità una bandiera: che però ha già iniziato ad ammainare, votando contro l’Odg di Fratelli d’Italia che impegnava il BisConte a «non utilizzare in alcun caso il Mes». Votazione in cui, però, si sono registrate le prime defezioni.

Se, insomma, il Partito Democratico segue pedissequamente il Presidente del Consiglio, il MoVimento è ancora sballottato tra ideologia e realtà: ed è evidente che una spaccatura nella maggioranza ha (almeno potenzialmente) effetti più dirompenti rispetto a una frattura tra le opposizioni.

Al dunque – cioè, in Parlamento – qualcuno dovrà perdere la faccia. Ed è più probabile che a essere scottato sarà chi ne ha fatto una questione di principio: e che ha dimostrato, con buona pace delle battaglie anti-casta, che per conservare il potere è disposto a ingoiare qualsiasi rospo.

Mirko Ciminiello

È nato a Rimini nel 1985 e vive a Roma, dove si è laureato in Chimica (triennale) e Chimica Organica e Biomolecolare (specialistica) a "La Sapienza", in Scienze della Comunicazione (triennale) e Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione (magistrale) a "Roma Tre". Giornalista, attore per hobby, collabora con l'associazione "Pro Vita e Famiglia" ed è autore di 9 libri, di cui due in inglese.

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