Consumo di suolo in Italia, Terracina al nono posto tra i comuni laziali

Lo riporta l’ISPRA: con oltre cinque punti al di sopra della media nazionale si conferma una tendenza che si potrae da quasi vent’anni

Teatro romano di Terracina

Teatro romano di Terracina

Il Rapporto 2024 sul Consumo di suolo in Italia, pubblicato dall’ISPRA, evidenzia una situazione allarmante per Terracina, che si posiziona al nono posto tra i comuni laziali con la più alta percentuale di suolo consumato. La città pontina registra una percentuale di consumo di suolo pari al 12,12% dell’intero territorio comunale, ben oltre la media nazionale del 7,16%. I dati confermano una tendenza ormai consolidata, con un’estensione di suolo cementificato equivalente a 2319 campi di calcio dal 2006 e altri 5 campi di calcio cementificati solo nell’ultimo anno.

Consumo di suolo, estensione pari a oltre 2000 campi di calcio

Come riporta LatinaToday, questa corsa al cemento sta suscitando forte preoccupazione tra le associazioni ambientaliste e i cittadini, portando in primo piano il dibattito sulla necessità di una legge nazionale che ponga un freno definitivo al consumo di suolo.

Secondo il rapporto, campi, boschi e aree naturali sono stati gradualmente trasformati in strade, piazzali, capannoni, case e infrastrutture. Le aree più colpite sono quelle lungo la costa e vicino ai corsi d’acqua, dove il consumo di suolo ha raggiunto picchi record, come dimostra il caso della lottizzazione della Ex Corafa, che ha suscitato l’indignazione degli attivisti e della cittadinanza.

Secondo Anna Giannetti, presidente del Circolo Legambiente Terracina “Pisco Montano” e consigliere nazionale dell’associazione, la situazione di Terracina è il risultato di una lunga serie di scelte discutibili. Giannetti denuncia l’azione di quello che definisce il “partito trasversale del cemento”, il quale – attraverso varianti urbanistiche e l’applicazione della Legge Regionale 7 sulla rigenerazione urbana – ha consentito di aumentare le cubature edilizie, monetizzando verde pubblico e parcheggi. Questi meccanismi avrebbero, di fatto, permesso la costruzione di nuovi complessi residenziali sul lungomare e nelle aree a ridosso dei corsi d’acqua come il Canale Pio VI e le piane alluvionali.

Suolo di Terracina, i casi più noti

La lottizzazione della Ex Corafa è uno dei casi più emblematici: la costruzione di nuovi volumi edilizi in questa zona, a ridosso dell’ingresso della città, ha suscitato proteste e opposizioni legali. Sequestrata e successivamente dissequestrata a seguito della “stamponatura” (una riduzione delle cubature in eccesso di circa 1000 metri cubi), la vicenda ha lasciato molte perplessità tra i cittadini e gli attivisti, che denunciano il mancato rispetto degli standard urbanistici e delle altezze previsti per legge.

Un altro tema cruciale è la progressiva trasformazione del lungomare di Terracina, dove si sta verificando una vera e propria svendita di ville e palazzi storici a favore della costruzione di complessi residenziali moderni. Un caso emblematico è quello della Villa Ex Adrover, la cui area verde è stata cementificata per realizzare nuovi edifici. Le proteste dei cittadini non si sono fatte attendere, con sit-in e manifestazioni organizzati per denunciare il rischio di cancellazione dell’ultimo bosco costiero.

Legambiente, tramite il Circolo “Pisco Montano”, ha avviato una battaglia legale contro la demolizione della Villa storica, chiedendo al Comune di riacquisire la proprietà per destinarla a un uso pubblico e più coerente con i bisogni della collettività.

Il caso Scafa di Ponte

Un’altra area finita sotto la lente di ingrandimento è la località Scafa di Ponte, dove è prevista la cementificazione di 58.937 mq, una superficie pari a 8,2 campi di calcio. La zona è un’importante area umida ricca di biodiversità, ma rischia di essere distrutta per fare spazio a nuove edificazioni.

Questo progetto va ad aggiungersi al già drammatico bilancio di milioni di metri quadri di verde urbano, parcheggi e servizi pubblici persi negli ultimi anni, e alimenta la critica secondo cui il territorio di Terracina sarebbe oggetto di una costante erosione degli standard urbanistici.

Per arginare questa escalation di consumo di suolo, Legambiente e i cittadini di Terracina chiedono al sindaco e all’assessore all’urbanistica di adottare un nuovo Piano Regolatore, orientato al “consumo di suolo zero”. L’obiettivo è ridefinire il rapporto tra città e ambiente, favorendo la rigenerazione urbana e il riuso del costruito.

Piano Regolatore, cosa dovrebbe prevedere

Secondo Legambiente, il Piano Regolatore dovrebbe prevedere una strategia di:

  • Stop alla cementificazione di nuove aree vergini;
  • Recupero degli edifici esistenti, con la ristrutturazione e la riqualificazione del patrimonio edilizio già presente;
  • Stop alle varianti urbanistiche che permettono la monetizzazione di standard urbanistici (parcheggi e verde pubblico);
  • Riduzione delle cubature edilizie: vista la riduzione della popolazione e la crisi del mercato delle seconde case, si propone una riduzione dei volumi in eccesso, orientando il futuro della città verso modelli più ecologici e sostenibili.

La vicenda di Terracina è solo uno dei tanti esempi della necessità di una legge nazionale per fermare il consumo di suolo. La normativa urbanistica italiana risale a 82 anni fa, un’epoca in cui la popolazione viveva prevalentemente in campagna e le città avevano un’estensione molto ridotta rispetto a oggi. Secondo Legambiente, è indispensabile un riordino della materia urbanistica per prevenire fenomeni di abuso edilizio, mitigare il rischio idrogeologico e preservare i servizi ecosistemici offerti da boschi e aree verdi.

Una legge nazionale sul consumo di suolo, secondo gli attivisti, permetterebbe di:

  • Bloccare la cementificazione incontrollata su tutto il territorio nazionale;
  • Evitare il fenomeno della monetizzazione degli standard urbanistici;
  • Riconvertire le aree dismesse e orientare la rigenerazione urbana verso una logica di sostenibilità ambientale.