L’inizio della missione pubblica di Gesù (Mt. 4, 12-23) segue l’uscita di scena del Battista (v. 12). L’evangelista Matteo intende esprimere una “staffetta” tra la missione del Battista e quella di Gesù; la stessa cosa la ritroviamo anche nel vangelo di Giovanni, dove si dice anche che due discepoli del Battista diventano discepoli di Gesù, invitati a volgere lo sguardo verso l’Agnello di Dio.
L’evangelista Matteo colloca l’inizio della predicazione pubblica di Gesù in terra pagana: “Galilea delle genti, sulla via del mare, oltre il Giordano” (v. 15). Eppure Matteo sottolinea fortemente in tutto il suo vangelo come Gesù si rivolga innanzitutto verso “le pecore di Israele”. Sebbene quindi Matteo ci mostri un Gesù che si rivolge agli ebrei, la missione verso i Gentili (pagani) viene comunque prefigurata in questa iniziale ambientazione e nelle parole di Gesù quando leggiamo “nel suo nome spereranno le nazioni” (12, 18-21).
Gesù non viene presentato spesso recarsi “oltre il Giordano”, ma per la comunità di Matteo la prospettiva missionaria è già una realtà, non stupisce quindi che già nel Vangelo si sottolinei tale apertura, sebbene come prospettiva futura.
Le prime parole della predicazione di Gesù, “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino” (v. 17), sono identiche a quelle del Battista. Gesù continua la predicazione di Giovanni Battista, e la approfondisce. Poco si dice ancora del Regno, tema che verrà approfondito abbondantemente nel prosieguo del Vangelo. All’inizio della vita pubblica di Gesù, all’evangelista Matteo preme soprattutto motivare, con l’annuncio del Regno, la necessità della conversione per la salvezza.
Gesù “vede” (vv. 18.21) Simone e Andrea e poi Giacomo e Giovanni. Questo “vedere” di Gesù quasi sempre è segno di conoscenza del cuore di colui che è visto e di amore nei suoi confronti. Il vedere di Gesù è sempre un vedere attivo, un vedere che si prende cura. Gesù vede Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni e li sceglie, li chiama a seguirlo senza specificare cosa comporterà questa sequela, mostra loro solo lo scopo della chiamata: “diventare pescatori di uomini” (v. 19).
L’assenza di qualsiasi domanda, di qualsiasi richiesta di chiarimento da parte dei chiamati, anzi di qualsiasi risposta verbale dei quattro, sottolinea l’immediatezza della risposta non verbale, cioè della sequela, immediatezza evidenziata dal “subito”, dall’aver lasciato le reti, la barca e il padre (vv. 20-22). Risulta evidente come all’immediatezza si unisca anche una “rinuncia” che, come necessità, verrà sottolineata in negativo nel brano del giovane ricco (19, 21) e in positivo nella domanda di Pietro subito dopo e nella risposta di Gesù (19, 27.28).
La sequela di Gesù non può che essere radicale: già da questo inizio del ministero pubblico si manifesta la necessità della rinuncia a ciò a cui si è legati e alle proprie sicurezze, ma più avanti si arriverà addirittura alla necessità di rinnegare sé stessi e caricarsi della croce. Si tratta quindi di una sequela esigente ma che allo stesso tempo è una fonte di grazia.
E’ proprio lì che tutto comincia e la scelta del luogo non è affatto casuale. La Galilea non è solo uno spazio geografico, una terra, una regione. Essa è una zona di frontiera, un luogo simbolico e teologico. Zona di frontiera: di lì sono passati eserciti in guerra e migrazioni di popoli. Sono avvenuti scontri epocali, conflitti profondi e cruenti tra culture diverse.
Luogo simbolico: essa designa il mare aperto della storia, con le tensioni che la percorrono. Una storia nel cui tessuto vivo si sono prodotte lacerazioni e ferite. Luogo teologico: considerata alla periferia della Terra promessa, i suoi abitanti vengono considerati marginali rispetto al popolo di Dio. La loro relazione con Dio appare più sotto l’aspetto della distanza che della prossimità.
Ecco allora perché Gesù parte proprio da lì. Nella regione destinata a essere emblema di tenebre e di morte, egli porta la luce e la vita che vengono da Dio. Annuncia il cambiamento e per questo chiede la conversione, non una semplice operazione di facciata. Domanda una fiducia totale nella sua Parola e va a cercare i suoi collaboratori non tra gli allievi dei “rabbi” (maestri) rinomati, né tra i rampolli delle famiglie nobili e neppure tra i predestinati della cerchia sacerdotale.
Li sceglie tra la povera gente, tra i pescatori del lago. Gli basta che siano disposti a lasciare tutto e a seguirlo. Non c’è tempo da perdere, infatti: non si tratta di prendere pesci, ma di salvare gli uomini e le donne di questo mondo. Il Signore porta un annuncio e non cerca il nostro plauso, i nostri battimani, non desidera riscuotere consenso, approvazione, successo.
Ci domanda ben altro: Gesù vuole imbarcarci nella sua avventura e per questo ci chiede di seguirlo a costo di lasciare quello che costituisce la nostra sicurezza, il nostro porto sicuro. Perché per andargli dietro dobbiamo essere leggeri, senza bagagli, come dei poveri che gli affidano la loro vita.
Il Capocordata
Bibliografia consultata: Busia, 2023; Laurita, 2023.
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