Convertitevi e credete al Vangelo: il tempo è compiuto
Convertirsi significa volgersi, cuore e mente, verso di lui: Gesù. La conversione è una trasformazione interiore
Gesù inaugura la sua missione in Galilea (Mc. 1, 14-20) pronunciando le sue prime parole, qualificate come una “proclamazione” (v. 14): il verbo “kerysso” era usato per riferirsi a una comunicazione ufficiale portata da un araldo (il keryx), e diviene un termine tecnico per indicare l’annuncio della risurrezione di Gesù Cristo. Gesù proclama il “vangelo di Dio” (v. 14), la buona notizia, vale a dire una Parola che non si limita a riportare delle informazioni, ma che ha la forza di trasformare la persona che ascolta, infondendo speranza e fiducia.
Il tempo è compiuto
La “buona notizia” è anzitutto la comunicazione del dono di Dio. Il verbo “compiere”, in forma passiva, indica un’azione di Dio, l’iniziativa è sua. Quando Dio è soggetto di questo verbo, l’azione che si realizza ha come effetto la gioia e la pienezza. Il tempo a cui ci si riferisce è di nuovo il “kairos”, e quindi l’annuncio attesta l’avvento di un momento decisivo e favorevole che non dipende dall’uomo, ma ha origine in Dio.
Il regno di Dio è vicino
Il “Regno di Dio” indica l’esercizio del potere regale, la sovranità divina. L’annuncio soddisfa le attese espresse nell’Antico Testamento: dopo la sofferenza dell’esilio e l’instabilità della deportazione, si comunica la notizia che “il Signore regna” e dona stabilità al mondo grazie al suo governo (cfr. Salmi) Questa prefigurazione si compie in Gesù Cristo, il Figlio incarnato, regno di Dio “in persona” che “non toglie i regni umani”, ma “dà il regno dei cieli”.
Convertitevi e credete al Vangelo
La proclamazione del Vangelo non è solo un’informazione o una dottrina, ma è piuttosto un appello che intende modificare la vita di chi ascolta: “Convertitevi!” (v. 15). La conversione è una trasformazione interiore, un cambiamento che coinvolge il pensiero e l’intelligenza e che ha come fine la relazione con Dio. Tale cambiamento di attitudine si manifesta nella fede: la conversione non si presenta solo come una risposta intellettuale, ma si realizza in un consenso reale.
La chiamata dei primi discepoli
Gesù Cristo inaugura il suo ministero e l’annuncio del Regno sulle rive del lago di Galilea; egli si avvicina a dei semplici pescatori alle prese con la loro attività quotidiana, manifestando chiaramente che la chiamata è una iniziativa che ha origine in Dio. Gesù vede (v. 16) degli uomini ben precisi, Simone e Andrea suo fratello; egli ha uno sguardo che non si lascia sfuggire i particolari, ma si “fissa” sulle persone che incontra, interessandosi alle loro vicende.
La parola di Gesù è rapida e diretta, non enuncia dottrine, ma invita i due pescatori a mettersi in movimento: “Venite” (v. 17). Quando il Signore chiama, strappa la persona dalla “routine” in cui gli eventi scorrono sempre identici e traccia un cammino inatteso. D’altra parte, chiamandoli a essere discepoli li spinge a riconoscere di non essere origine del proprio sapere e di aver bisogno di imparare da altri; per questo devono mettersi in movimento, ma devono anche rimanere “dietro” il maestro (v. 17).
Gesù infine non li lascia all’oscuro rispetto alla loro futura missione ma rivela che li farà pescatori di uomini. Dio non chiede ai discepoli di essere completamente diversi da ciò che sono, ma orienta le loro competenze e i loro desideri nella giusta direzione, verso la salvezza di altri. Simone e Andrea rimarranno pescatori, ma lo faranno per portare le persone all’incontro con Gesù Cristo.
“E subito lasciarono le reti e lo seguirono” (v. 18). Lasciano le reti “subito”, abbandonano il proprio lavoro senza alcuno sforzo o fatica, reagiscono con entusiasmo e slancio perché hanno incontrato “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal. 45,3); si crea così un’eco con la prima lettura in cui anche i Niniviti si convertono immediatamente e perfettamente. Cosa può averli spinti a decidere così velocemente? L’eccesso di misericordia di Dio, la straordinaria benevolenza del Figlio e la prospettiva di una vita piena.
La chiamata di Giacomo e Giovanni (vv. 19-20) è molto simile a quella precedente, con una sola particolarità: il brano insiste soprattutto sul distacco con il padre Zebedeo. Quindi, mentre di Simone e di Andrea si precisa che lasciano il proprio mestiere, garanzia di sicurezza materiale e dello status sociale, Giacomo e Giovanni sono segnati dal distacco con la famiglia di origine, ambiente in cui ogni persona affonda le radici della propria identità. Mediante questa sottolineatura si scopre che diventare discepoli di Gesù Cristo significa, per certi versi, entrare a far parte di un’altra famiglia, ricevendo una nuova identità.
“Convertitevi”
Convertirsi significa volgersi, cuore e mente, verso di lui: Gesù. Senza rimpianti e senza lamentele. Disposti a perdere qualsiasi cosa, a recidere qualsiasi legame, pur di seguirlo. Perché c’è un aspetto doloroso, da non minimizzare: per andargli dietro è necessario sbarazzarsi dei bagagli. Solo se siamo liberi e leggeri possiamo metterci per i suoi sentieri. Il tutto equivale a una vera e propria scommessa, in cui ci si gioca il tutto per tutto. Ne vale la pena?
Certo, perché quello che si riceve è decisamente al di là di qualsiasi immaginazione: non è più questione di pesci, di barche, di reti, ma si tratta di salvare uomini e donne, di sottrarli al potere del male, per far loro gustare una vita nuova.
Anche a noi, Gesù, tu chiedi di partecipare alla stessa avventura e di offrire a coloro che incontriamo la possibilità di vivere un’esistenza nuova, rigenerata dal tuo amore.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Ficco, 2024; Laurita, 2024.