Da sempre sono contrario al voyeurismo del dolore, sono contro le iene che si alimentano avidamente della sofferenza delle persone. In questi giorni ad essere date in pasto a quegli occhi irrispettosi, sono le storie di Camilla, Gaia e Pietro, ingredienti di una tragedia fatta di giovani vite spezzate e di tre famiglie che per sempre saranno legate da un terribile dolore. In questi giorni tutti hanno compianto, tutti hanno voluto dire la loro fino a riscoprirsi improbabili Sherlock Holmes di una inimmaginabile tragedia. Non voglio colpevolizzare né giustificare nessuno né mi ergo a giudice. Sono convinto però che il modo migliore per ricordare chi non c’è più, non è soltanto piangere ma è soprattutto fare in modo che quel lutto diventi qualcosa che modifichi certi comportamenti e che prevenga altri lutti.
Le morti di Gaia e Camilla hanno colpito al cuore ogni romano e in particolare ogni romano di Roma Nord, nella cosiddetta Roma bene.
Pietro, il giovane che alla guida del suo suv ha disintegrato la notte tra il 21 ed il 22 Dicembre la sua vita e quella delle due ragazze appare come l’icona del giovane dannato, benestante, figlio di gente famosa. È in sintesi l’emblema del vizioso viziato. Gaia e Camilla, le due giovani ragazze che mano nella mano in preda alla fretta del ritorno a casa hanno tentato di attraversare Corso Francia sono quelle figlie modello che mai ci aspetteremmo fossero portate verso una trasgressione, verso comportamenti incauti, forse per provare l’ebbrezza di un rischio inutile.
Chiariamo subito che sì, è vero, che in ogni adolescente c’è oggi come è sempre accaduto, la voglia pazza di sperimentarsi e misurarsi. Chi non si è buttato da un albero, da uno scoglio, si è arrampicato su un cornicione o ha sfidato gli amici a camminare con le braccia aperte, un passo dietro l’altro, sopra un muro alto? Persino io mi divertivo, uscito dalla scuola “San Gabriele” ad attraversare di corsa la rotaia del tram poco prima che arrivasse e godevo della sensazione e del caldo abbraccio dell’avercela fatta.
Oggi, rispetto al passato, c’è qualcosa di nuovo e pericoloso. Ogni ragazzo è bombardato da infiniti impulsi, stereotipi, influencer che danno sempre più modelli condizionanti ed estremi, spesso non perseguibili. È in questo contesto che i ragazzi spesso cercano spasmodicamente di emergere dall’ anonimato, costi quel che costi. Ecco allora enfatizzare senza alcun pudore le loro vicende sessuali, abbigliarsi nel modo più credibile seguendo il trend del momento, mettere a repentaglio la vita in imprese inutili e assurde, riprendendo tutto con il cellulare per documentare, testimoniare, la “grandezza” dell’impresa.
In queste ore, a seguito della terribile tragedia, si è parlato dell’installazione di autovelox su Corso Francia e di installazione di barriere anti attraversamento. Ben venga l’ideazione e la realizzazione di qualsiasi deterrente che possa salvare anche solo una vita, ma credo fermamente che una vera prevenzione che disinneschi questi meccanismi, passi necessariamente dall’educazione civica. È necessario attuare controlli con la comminazione di pene più severe per chi trasmette messaggi pericolosi al fine di raggiungere una certa popolarità e valorizzare invece tutti i messaggi sani e positivi che nel web comunque ci sono. È solo questo il modo attraverso il quale certe morti inspiegabili e inquietanti non rimangano inutili come lacrime nella pioggia.
*di Antonio Guidi, già Ministro della Famiglia
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