Ci sono gli operai e le operaie. Anche quelle di Bologna, che sorreggono uno striscione con la scritta: “Basta, non possiamo più aspettare”. Ci sono gli studenti. C’è la Fiom. C’è Maurizio Landini. C’è il sostegno – a sopresa – del MoVimento 5 Stelle. E poi c’è l’assenza, ingombrante, del Pd.
“L’Imu non è da considerare una priorità, non capisco perché ci sia tanta insistenza. La priorità assoluta è il lavoro”. Così ha dichiarato Maurizio Landini, leader della Fiom.
Già, perché evidentemente il Pd è rimasto ancora nella fase del silenzio spirituale dopo l’esterna in convento. Oppure, più semplicemente, ha paura di perdere lui, Silvio Berlusconi. E allora, il Pd, pensa bene di tacere. Il Pd ha taciuto in occasione della manifestazione a Brescia, e tace anche oggi, quando migliaia di persone sfilano a Roma. “Ringrazio coloro che ci sono, e chi non c’è parla da solo”, ha aggiunto Landini.
Ad assicurare la loro presenza in piazza, solo alcuni esponenti dei democratici, come Orfini e Civati.
Una presenza ‘personale’, e non istituzionale, garantita dagli stessi che, da tempo, sono considerati i frondisti interni del Partito Democratico. Oppure, più semplicemente, quelli che, come politica vuole, assumono delle posizioni. Condivisibili o meno, questo lo decideranno gli elettori. Ma le assumono. E la politica, ancor più oggi, ha bisogno di idee, azioni, opere o missioni. Lo stesso Orfini ha spiegato che “non si può non stare insieme ai lavoratori in questo momento difficile. Inoltre la piattaforma della Fiom si compone di ‘capitoli’ da cui il programma del Pd non deve (o non dovrebbe, ndr) prescindere”.
Contro l’assenza del Pd, si schiera anche Nichi Vendola che ha fatto sapere che non prender parte ad una manifestazione del genere, vuol dire “perdere un’occasione”.
Novità assoluta, la presenza del MoVimento 5 Stelle. E, guardate un po’, anche di Stefano Rodotà e di Gino Strada. I conti tornano, e Grillo può ritenersi soddisfatto di essersi scavato una strada a fianco degli elettori di centrosinistra. Perché la politica, purtroppo o per fortuna, si fa anche in termini di consenso elettorale. E i consensi, come le scorse elezioni ci hanno dimostrato, sono pronti a migrare se l’insoddisfazione la fa da padrone.
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