Cosenza terra dei Bruzi, popolo di stirpe italica indomito, rude, bellicoso, fiero e ribelle, da qui il nome di Bretti, appunto ribelli, che gli fu attribuito dai Lucani e che eresse la città a sua capitale dopo averla conquistata guidato da una donna.
Successivamente romana, luogo di sepoltura di Alarico re dei Visigoti, poi bizantina, contesa da saraceni e longobardi, territorio svevo e normanno fu città prediletta da Federico II, residenza di Luigi III d’Angiò Cosenza ha avuto una sua storia di riguardo in ambito commerciale, politico e culturale ma questa è storia.
Oggi le cose vanno diversamente e, città come tante, subisce la negatività di un andazzo privo di quel senso civico e di civiltà che si addice non solo ad una città dagli storici importanti trascorsi ma anche ad un centro moderno, capoluogo di provincia che dovrebbe riflettere quella tutela che il Paese riserva a categorie protette e a chi ha bisogno di aiuto.
Tuttavia ciò non accade e lo sdegno causato dal ritardo con cui si é agito e che ha impedito ad Antonio Maria di frequentare il suo primo giorno di scuola, iniziata il 17 settembre, come per tutti i bambini, é sottolineato in migliaia di attestazioni di solidarietà ricevute dalla mamma Rosita Terranova sui social in seguito alla sua ennesima denuncia di uno degli innumerevoli disservizi causati dal comune bruzio a suo figlio; una storia che va avanti da anni e che ha visto persino Striscia la Notizia intervenire, pressoché invano, a favore della giovane mamma e che ha visto slittare di circa 15 giorni l’inizio della scuola per il piccolo cosentino.
Antonio Maria è un bambino gravemente disabile e handicappato dalla nascita la cui mamma dal 2015 combatte per permettere al bimbo di poter frequentare la scuola presso la quale, finalmente dopo tre anni di continue richieste e lotte, oggi primo ottobre Antonio Maria può accedere.
“Dal clamore che si è scatenato per quanto accaduto a Antonio Maria, si è avuto l’ulteriore conferma del fallimento della politica e della società civile e del fatto che é palese, ormai, che il pressapochismo politico e la mancanza di etica imperano nelle varie sedi istituzionali”; queste le parole di Rosita, che denotano rabbia e indignazione misti a delusione per quanto accade ad opera delle istituzioni.
Il "caso" di Antonio Maria, bambino al quale i soggetti istituzionali hanno fatto perdere anni di scuola per motivi legati ad inefficienze, ritardi e superficialità, sembra evidenziare quanto a Cosenza sia difficile garantire i diritti essenziali delle persone affette da disabilitá le quali sembrano essere mere pratiche burocratiche che possono tranquillamente giacere nel dimenticatoio della burocrazia anziché essere evase con urgenza e rapidità.
Rosita insiste nel ribadire quanto “la violazione di un diritto sancito dalla nostra Costituzione, diritto che si fatica a veder riconosciuto solo grazie a continui e ripetuti interventi di avvocati, violenta gli animi e i corpi oltre che l'etica di cui la politica dovrebbe essere portatrice”.
È, purtroppo, innegabile che nel caso di specie, che siamo certi non essere unico, il disabile diventa oggetto e bersaglio di un totale abbandono istituzionale e civile che porta, inevitabilmente, alla sua morte civica, emotiva in un primo tempo e fisica in un secondo.
“L’indifferenza politica e sociale della quale parliamo, imposta in maniera reiterata alle fasce più deboli della società, – continua la giovane madre – é il "gas" sociale con cui si vuole cancellare quella "macchia umana" tanto schifata da chi si ritiene sano e, perciò, unico detentore del diritto alla vita”.
Questa storia non ha bisogno di ulteriori commenti se non quelli espressi dalle stesse parole di una giovane mamma che stigmatizza perfettamente lo stato di fatto della sua vicenda così come quella di altre centinaia e migliaia di persone che non riescono a dar voce alle proprie difficoltà; “Se nel 2018, in una città che si professa civile, si deve lottare per il riconoscimento di un diritto sancito dalla Costituzione, vuol dire che la politica ha fallito; se un sindaco definisce un bambino gravemente disabile e handicappato, pubblicamente ed in più occasioni, "una croce da portare", vuol dire che la società ha fallito; se un dirigente comunale definisce tuo figlio "uno sforzo economico che il Sindaco di Cosenza ha compiuto", vuol dire che tutti abbiamo perso”.
Speriamo che il "gas" dell'indifferenza politica e sociale non diventi il fiore all'occhiello del made in Italy.
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