Cronaca

Da Guidonia alle Seychelles: la storia di rinascita di Alessandro

Su Leggo di oggi, una interessante storia di riscatto, nato in una cittadina alle porte della Capitale e con la fama di essere il “dormitorio di Roma”, Alessandro Sgariglia oggi è un esempio di chi ce la fa nonostante le origini difficili.

«I miei genitori si trasferirono a Guidonia nel 1987, dopo essersi sposati, quando comprare casa a Roma dove erano nati e cresciuti era diventato impossibile. Papà ancora mi racconta che quando a 19 anni si affacciava dal balcone gli veniva da piangere. Io ci sono cresciuto invece, la odio e la amo. Un caro amico di là, di quelli coi nonni scesi dai paesi della valle dell’Aniene per lavorare nelle cave e nel cementificio, una volta mi disse che “Il posto lo fa chi ci vive. Se tu non fai schifo, neanche il posto dove vivi lo fa”. Una frase a cui mi sono attaccato per anni, eppure quel posto mi crea sempre tanta frustrazione».

Il curriculum mandato per caso

Alessandro Sgariglia, oggi sommelier 35enne in uno dei resort più prestigiosi delle Seychelles, ricorda ancora con vividezza il “Guidoniastan“, come chiama il territorio dimenticato tra Roma e Tivoli. Nonostante viva lontano da casa da quasi tre anni, avendo accettato «Sì» il lavoro dei suoi sogni, il ricordo di Guidonia rimane forte.

Ora ha un impiego che lo appassiona e finalmente stabile, dopo aver lavorato a Roma come extra nei ristoranti senza trovare nessuno disposto a investire nella sua professionalità. È un pomeriggio di agosto del 2021 quando, navigando su LinkedIn, vede l’annuncio che gli ha cambiato la vita. «Leggo che si cerca un sommelier in un resort 5 stelle a Praslin, un’isola mai sentita prima. Neanche cerco dove sia, mando il cv per gioco e parto per le ferie. Poi va tutto veloce, supero i colloqui e ricevo il contratto da firmare. Sapete quella storia di quando stai per morire e ti passa tutta la vita davanti? Per me è stato l’opposto. Ho visto tutto quello che mi sarebbe successo se non avessi accettato. Scritto da un algoritmo infallibile. Ho accettato», racconta Alessandro a Leggo.

Lasciare la famiglia costa sempre caro

Quando arriva il momento della partenza, Alessandro non prova felicità, ma un profondo senso di colpa per aver lasciato la famiglia e gli amici. Cresciuto a Guidonia, in un ambiente difficile, Alessandro ha sempre avuto una vita intensa sulla strada o a coltivare passioni come la musica nelle loro case “palafitta”, costruzioni di mattoni rossi su colonne di cemento armato. «Dove la speculazione edilizia, la cittadina dormitorio, la criminalità organizzata, l’assenza di offerte culturali, come pure di servizi e di welfare, hanno accumulato tutta una casistica di estrazioni sociali borderline. Ma a nessuno sembra interessi. Tranne a qualche sparuto nucleo resistente», aggiunge Alessandro.

Gli amici di sempre

Tra le persone di Guidonia che Alessandro ricorda con affetto ci sono: Simone, cantante e attore che ha scritto testi sul territorio e collaborato con Erri De Luca, e i ragazzi dell’associazione Oltre il Ponte di Montecelio, come anche Andrea di Ecofficina o Danilo e Riccardo del Golden Pot Pub, il suo primo lavoro. Queste persone rappresentano la resistenza in un luogo dominato da piazze di spaccio, campi rom non autorizzati e discariche abusive.

Alessandro conosce bene le difficoltà di Guidonia, dove ha vissuto per anni e ha capito che l’offerta di lavoro alle Seychelles era la sua ultima possibilità. Così, decide di partire per evitare di finire come tante altre storie viste dietro ai banconi dei pub, il suo primo impiego a 19 anni prima di lavorare nella tabaccheria di famiglia. Un lavoro che ha svolto per dieci anni, con turni estenuanti di 12 ore al giorno.

«Quando la sera rientravo a casa a Guidonia, ero troppo stanco anche solo per alzare la forchetta», ricorda Alessandro. Tuttavia, resisteva per non lasciare tutto il peso sugli altri, trovando nella musica una valvola di sfogo. Poi si innamora e va a convivere. Una sera, davanti a una bottiglia di vino, quasi per gioco, fa roteare il bicchiere e improvvisa una degustazione organolettica. «Se per me il vino era il tetrapak a tavola la domenica, che neanche bevevo, la mia memoria olfattiva era abbastanza allenata per via del mio precedente lavoro con la birra artigianale», spiega.

La scoperta del talento da sommelier

Convinto dalla compagna, si iscrive a un corso professionale di sommelier, nonostante i costi elevati. «Lei si offre di aiutarmi con l’affitto, io mi vergogno come un cane, ma accetto», racconta Alessandro. Studia la notte e lavora di giorno, ottenendo il diploma da sommelier e cominciando a lavorare a Roma come precario nei ristoranti.

La stabilità professionale, come per molti altri italiani espatriati, la trova alle Seychelles: «Oggi faccio il lavoro che amo in un posto che è impossibile non amare, nella natura, a 3 passi da una delle spiagge più belle del mondo senza traffico e senza smog. Qui è pieno di colori, flora e fauna. Non mi sveglio più bestemmiando, ma con entusiasmo. La porta di casa mia è sempre aperta, sento il mare. Pare quasi una vera “palafitta”. E spero di portarci le persone che amo un giorno. Almeno finché decido di restare qui. Per tutto il tempo che vorranno restare – dice Alessandro sognando a occhi aperti – Del domani, chissà».

Redazione

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